Capitolo 3 - L'irrecuperabile

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<<Reynolds, ci sono problemi?>> chiese la professoressa Stevenson scrutandola dall'alto dei suoi occhialini, vedendo che la ragazza era rimasta immobile.
Gli occhi di tutta la classe erano su di lei, tranne quelli di Christopher, che con la massima strafottenza era troppo impegnato a svagarsi con il cellulare per dare conto alla lezione o a ciò che stava succedendo.
<<Non...io...no professoressa, nessun problema. Pensavo solo che dietro non riuscirei a seguire molto bene, siccome l'ultimo argomento non mi è molto chiaro.>>
<<Mi dispiace cara, ma non posso obbligare qualcuno a sedersi dietro: hanno tutti più problemi di te in Matematica e mi dispiacerebbe sfrattarli dal loro banco per una ragazza intelligente e acuta come te. Se l'argomento non ti è chiaro, puoi fermarti a scuola dopo le lezioni per recuperare. Ora continuiamo, su!>>
<<Già, Reynolds, non farci perdere tempo.>>
La sua voce le giunse chiara e forte. Finalmente Christopher Reed aveva degnato la classe della sua attenzione, e la osservava con un sorrisetto malizioso.
<<La ringraziamo dell'improvviso interesse per la lezione, signor Reed, mi sento onorata.>> lo punzecchiò la professoressa Stevenson. <<Direi che la presenza della signorina Reynolds le fa bene, potreste rimanere sempre vicini di banco!>>
<<Non ci tengo a stare seduto accanto ad un'insopportabile perfettina.>> disse lui, quasi sputando quelle parole amare.
Sophia si sentiva ribollire il sangue nelle vene. Non tanto per quell'insulto poco originale e di dubbio gusto, ma per il fatto che l'avesse detto davanti a tutti, quando poi era lui il vero insopportabile di turno.
<<Non pensare che io sia contenta di questa scelta, ma siccome sono qui per imparare e non per spettegolare con te e passare del tempo insieme, abituati a convivere con me durante le ore di Matematica e taci, perché non ho affatto voglia di sentire la tua voce irritante.>>
Sentì applaudire alle sue spalle, e voltandosi vide che il rumore proveniva dalla professoressa, che aveva assistito alla scena come se fosse al cinema. L'intera classe scoppiò a ridere, e Sophia ricambiò lo sguardo malizioso di Christopher, sprizzando orgoglio da tutti i pori.
<<Amico, questa ti tiene testa>> disse ridendo Jonah Ward, un compagno di classe, più amico di Christopher che di Sophia, ma con il quale quest'ultima manteneva comunque buoni rapporti. Il ragazzo lo guardò astiosamente, e quando Sophia si sedette accanto a lui non poté far altro che scrutarla amareggiato.
<<Ora che abbiamo assistito in diretta ad una puntata di Beautiful, possiamo continuare la lezione?>> concluse la professoressa, e tutti tacquero.
Tutti tranne Christopher, che sussurrò alla sua compagna di banco:<<Complimenti Baddy, ti senti importante adesso? Hai "zittito" il grande Christopher Reed, deve essere la cosa più significativa che tu abbia mai fatto in tutta la tua povera vita.>>
<<In realtà? Sì, sono contenta di averti tappato la bocca, e no, fidati, ho fatto cose estremamente più interessanti di conversare con te.>>
Christopher le fece il verso ma lei non ci badò più di tanto; era abituata agli stronzi essendo forse lei la prima rientrante in questa categoria.
Cercava di concentrarsi in tutti i modi sulla lezione, ma il moro le rendeva la cosa difficile: nei momenti in cui non smanettava al telefono la fissava intensamente, come se lo facesse appositamente per metterla a disagio. E come se non bastasse, si divertiva a spostarle la sedia attirandola verso di sé, per poi fare finta di niente.
<<La vuoi finire di tirare la mia sedia verso di te? Dovremmo stare lontani, non vicini, io e te.>> scoppiò lei, non tollerando più i comportamenti del ragazzo.
Lui non le rispose, e anzi, a dirla tutta, non la degnò nemmeno di un'occhiata fugace.
Sophia sbuffò. <<Mi hai sentita, Reed? Non sono in vena di scherzi.>>
Ancora nessuna risposta.
In un gesto istintivo, prese il cellulare del ragazzo strappandoglielo di mano e lo chiuse nel proprio borsellino, in modo che non potesse toccarlo più.
<<Che cazzo vuoi, Reynolds? Ridammi il cellulare!>>
<<Tu smettila di spostarmi la sedia.>>
<<Io? Non ho fatto proprio niente, Baddy. Secondo me ti monti la testa, non sei degna di tanta considerazione da parte mia.>>
<<Beh, sembri proprio un bambino dell'asilo che fa i dispetti alle altre bambine. Riprenditi!>>
<<Dal momento che siamo bloccati qua, perché non rendere la convivenza più interessante, Baddy?>>
<<Perché non voglio avere nulla a che fare con te, idiota!>>
<<Aggressiva la ragazza. Hai il ciclo?>>
<<No, sei tu che mi fai venire i nervi!>>
<<Adesso dici così, ma tempo qualche settimana e anche tu finirai ai miei piedi, come tutte le altre ragazzine qui dentro.>>
<<Mi basta che tu sia convinto.>>
<<Invece di scrivere questi calcoli strani, Reynolds, prendi nota: farò in modo che tu non possa stare lontana da me, e non solo nell'ora di Matematica.>>
<<Solo se riuscirai ad incatenarmi, allora forse sì.>>
<<Non ho bisogno di incatenarti, ciò che dico io è una certezza: posso avere chi voglio, quando voglio, te compresa.>>
<<Mi basta che tu sia convinto - la vendetta. Ora taci, sto cercando di seguire la lezione.>>
<<Va bene secchioncella, in ogni caso mi sono stancato di parlare con te, sei più noiosa della professoressa Stevenson.>>
<<La ringrazio davvero di cuore, signor Reed, ma sono sicura che in tal caso apprezzerà molto di più la compagnia del preside Ketchler.>>
Christopher alzò lo sguardo verso la professoressa, incredulo: un'incredulità che nascondeva molto bene, come tutte le sue emozioni d'altronde, e che solo Sophia riuscì a percepire. Non ne sapeva il motivo, ma in quel momento leggere i pensieri di Christopher Reed le parve la cosa più naturale del mondo. Le fece quasi pena.
Il ragazzo sorrise sarcasticamente, spinse indietro la sedia e si alzò imponente. Sophia, in quel momento, per la prima volta nella sua vita, si sentì piccola davanti a lui. Poi il ragazzo attraversò il corridoio senza esitazione e si avvicinò alla porta, quando la professoressa lo fermò e disse:<<Le faccio strada.>>
Il sorrisetto sarcastico non scomparve neanche per un minuto dal volto del ragazzo, che in tutta risposta affermò, con voce secca:<<Non credo di aver bisogno di qualcuno che mi faccia strada. È con Christopher Reed che sta parlando. Sto più nell'ufficio del preside che a casa mia.>> e uscì dall'aula, sbattendo la porta.
Nessuno ebbe niente da ridire, nemmeno la professoressa, che non fiatò per qualche secondo, per poi esprimersi con una semplice frase che tormentò Sophia per il resto della sua giornata.
"Non tutti i casi sono recuperabili.", aveva detto. Era realmente così? Christopher Reed era un caso perso che bisognava lasciar perdere? Non che le interessasse granché il suo caso specifico: aveva vissuto benissimo senza di lui nella scuola e lo avrebbe rispedito indietro il prima possibile, ma non credeva fosse giusto che una professoressa dovesse etichettarlo in quel modo. In fondo si sapeva come fosse quel Christopher Reed, e nel profondo Sophia pensava che lui potesse, ma non volesse essere recuperato. E probabilmente neanche gli altri lo volevano, perché altrimenti non sarebbe più stato lo stramaledetto Christopher Reed, perfetto nella sua imperfezione, perfetto nella sua ribellione, perfetto nella sua irrecuperabilità.

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