Capitolo 4 - Ti ricordi di quel ragazzo che detestavo?

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La giornata scolastica finì più o meno velocemente. I corridoi erano pieni zeppi di alunni che si ammassavano nel tentativo di uscire per primi; si spintonavano come se fossero giocatori di football (cosa che per alcuni, in realtà, era vera) e si riversavano come un fiume imponente nel cortile, con l'unico desiderio di fuggire da quel luogo. Altri invece si dirigevano verso la mensa, altri ancora si fermavano nella vasta biblioteca della scuola per approfondire alcuni argomenti.
"Non mi farebbe male una ripetizione, in particolare per Biologia" pensò Sophia, ma la voglia di tornare a casa, quel giorno, era di gran lunga maggiore della buona volontà. Biologia era forse l'unica materia in cui aveva un po' più di difficoltà, proprio non le entrava in testa! Tutti quei nomi strani di cellule non facevano per lei, che aveva una forte tendenza a dimenticarli.
Si diresse a passo svelto verso il suo armadietto, facendosi largo tra la folla. Lo aprì di scatto e vi poggiò dentro i suoi libri, quando sentì un'imprecazione venire da dietro lo sportello.
"Porca merda, ho appena ucciso qualcuno. Cosa faccio, scappo?" si disse, ponderando su come avrebbe potuto spiegare al preside Ketchler e alla polizia la presenza di un cadavere davanti al suo armadietto.
Lo richiuse giusto per controllare chi fosse la sventurata persona, e si ritrovò davanti Michael Parker intento a tenersi il naso dolorante con entrambe le mani.
"Almeno non è morto, meno grane per me" sentenziò tra sé e sé, facendo un sorrisetto compiaciuto.
Michael la guardò scioccato, per poi dire, con voce colma di sarcasmo:<<No, sul serio, grazie dell'aiuto, Sophia!>>
Tuttavia il tono non era offensivo, e anzi, nonostante fosse lei ad essere nel torto, lui sfoderò uno dei suoi sorrisi migliori.
<<Mi dispiace davvero, Michael, non avevo idea che ci fossi tu lì dietro. Fammi vedere se è tutto apposto.>> e così dicendo, mise delicatamente una mano sotto il mento del ragazzo e cominciò ad esaminargli il volto in cerca del danno che aveva commesso.
Lui arrossì istantaneamente, non riuscendo a proferire parola.
"Eh, lo so di fare quest'effetto, ma smettila di boccheggiare come un pesce lesso" si disse lei, non riuscendo a trattenere un sorrisetto. Poi si ricompose, pensando che Christopher Reed l'aveva contagiata, poiché frasi tanto auto celebrative erano proprie solo di quell'idiota montato.
Si ritrasse, dicendo <<Oltre al naso gonfio, credo che il resto sia apposto.>> e lui sorrise mestamente.
<<Comunque in realtà, prima che decidessi di rompermi il cranio, ero venuto a chiederti se ti andrebbe di andare a prendere una cioccolata da Starbucks.>>
Michael Parker ci stava provando con lei? Peccato che fosse arrivato tardi, perché a lei non interessava più già da un po'. Ma in ogni caso, non c'era niente di male nel prendere una cioccolata insieme, e non l'avrebbe di certo negata a quel ragazzo dolcissimo!
<<Certo, mi farebbe molto piacere, ma oggi non posso. Devo assolutamente mettermi sotto con lo studio, o non recupererò mai Biologia.>>
Non stava mentendo del tutto. Probabilmente avrebbe realmente passato il pomeriggio sui libri, ma il suo scopo principale era farsi desiderare.
"Mai darla subito vinta ai maschi" era il suo motto, e aveva intenzione di mantenerlo.
<<Oh, sì, certo, capisco...e quindi, ehm, magari mi fai sapere tu?>>
Bingo.
<<Certo.>> concluse lei, forzando un sorriso comprensivo, e dopo gli ultimi saluti si separarono.
Finalmente Sophia poté tornare a casa, e spalancando la porta d'entrata gridò <<C'è nessuno?>>
Sua madre, Beverly Nicholson, era una hostess molto richiesta dalle compagnie aeree, e per questo era sempre in viaggio. Raramente Sophia ricordava lunghi momenti in compagnia di sua madre, ma non ne aveva neanche un brutto ricordo. Un rapporto normale, che sarebbe potuto diventare molto stretto se solo la donna le avesse dedicato un po' più d'attenzioni.
E suo padre? Ashton Reynolds. Quasi uno sconosciuto per lei. O meglio, sapeva chi fosse, ma lo vedeva ancora meno di quanto vedesse sua madre. Com'era nata la storia tra lui e sua madre? Lui era un pilota di aerei, e si conobbero durante un volo. La sera fecero l'errore di alzare troppo il gomito, eh beh...
"Che schifo, non voglio pensarci."
Non si sposarono mai, non lo ritenevano importante dato il loro lavoro. Acquistarono una casa e decisero di convivere lì, per quel poco che l'avrebbero usata, ma lo fecero soprattutto per la presenza di una figlia nelle loro vite.
Tuttavia, Sophia non viveva da sola. Sua madre Beverly si dedicò completamente a lei fino ai suoi due anni, ma poi dovette riprendere obbligatoriamente il lavoro a causa dei problemi economici che gravavano per quella scelta. E qui entrò in scena Adela Dixon, una donna di origini spagnole da parte di madre e americane da parte di padre, dal carattere forte e ragionevole, che Beverly assunse come tata. Prese subito in simpatia la bambina, la crebbe nel migliore dei modi e la sua saggezza le fu utile in molte occasioni. Sophia sapeva di potersi rivolgere ad Adela per ogni minima cosa ed era forse una delle poche persone di cui si fidasse ciecamente. Ed era molto probabilmente da lei che proveniva il carattere forte di Sophia, sì, ci si rispecchiava sotto molti aspetti.
<<Sophia tesoro, sono qui in cucina.>> La voce mansueta e determinata al tempo stesso dell'anziana signora le diede un senso di sicurezza improvviso, e si sentì veramente a casa. La salutò e mangiarono velocemente il delizioso pasto che aveva preparato, mentre discutevano di come fosse andata la giornata.
<<Ci sono novità, cara?>>
<<Mhh. Non tante.>> disse Sophia tra un boccone e l'altro.
<<Posso sentire che c'è qualcosa che non va. Cosa nascondi alla tua Adela?>>
<<Ma no, nulla di importante. Solo, ti ricordi di quel ragazzo che detestavo? Cioè, in realtà lo detesto ancora adesso, più che mai.>>
<<Mi pare di ricordarlo. Come si chiama, uhm... Christian?>>
<<Christopher. È stato riammesso a scuola.>>
Adela non rispose per qualche secondo, poi la guardò con espressione interrogatoria.
<<Ed è una cattiva cosa?>>
<<Sì, certo che lo è! Si stava così stramaledettamente bene senza di lui, e ora, ora è tornato l'inferno!>>
<<Lo so che ti sembrerà strano all'inizio. Non siete mai andati molto d'accordo...>>
<<Vorrai dire che non c'è stata mai nemmeno la minima tolleranza.>>
<<...fammi finire. Non siete mai andati molto d'accordo, ma ricorda, sono sempre le persone che meno ci aspettiamo a fare cose inimmaginabili.>>
Non ricordava di chi fosse quella citazione, ma Adela era un aforismario vivente. Non ebbe il coraggio di replicare, perché sapeva che Adela aveva sempre ragione, ma non riusciva a capire cosa avrebbe potuto fare Christopher di tanto inimmaginabile. D'altronde l'avevano definito "irrecuperabile", e ora lei non sapeva più a chi dare ascolto.
Lasciò Adela sparecchiare; di solito la aiutava ma quel giorno aveva altri pensieri per la testa, senza contare che si sarebbe subito dovuta mettere a studiare. Si sedette alla sua scrivania, aprì i libri e cercò di immergersi in una lunga e approfondita lettura.
Esatto, cercò, perché non appena prese la matita in mano sentì uno strano rumore. Qualcosa che picchiettava alla sua finestra. Si alzò per vedere cosa fosse, e si accorse che qualcuno stava lanciando dei sassolini: per la prima volta in vita sua, ebbe un sentore di paura nel vedere chi fosse, forse perché sapeva già la risposta, e non le piaceva affatto.

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