Quella mattina il sole era alto nel cielo limpido, e batteva impertinente alla finestra, pizzicando lievemente gli occhi serrati di Agatha, che ancora dormiva beata.
La sera precedente non aveva chiuso occhio. Il film che Karen aveva tanto desiderato vedere si era rivelato un cruento horror, poco digeribile alla sua sensibilità, e quando finalmente la ragazza era riuscita a tranquillizzarsi, gli schiamazzi della band, che giocava a poker, le avevan impedito di riposare, ragion per cui ancora non si era svegliata.
Agatha era sempre stata una ragazza mattiniera, una di quelle persone che la domenica mattina adoravano ammirare l’alba anziché dormire fino a tardo mattino, ragion per cui quasi non le venne un colpo quando, infastidita dai raggi solari, aveva socchiuso gli occhi notando il tardo orario. La sveglia sul comodino di Karen segnava le 10:40, mancavano solo venti minuti alla messa del padre e non osava immaginare cosa sarebbe potuto accadere se lei e Thomas fossero arrivati in ritardo.
Prese dalla sedia accanto alla scrivania le sue cose e corse giù per le scale, raggiungendo Thomas in salotto.
Il ragazzo dormiva tranquillo, stravaccato sul divano e coperto solo da un leggero lenzuolo, aggrovigliato a varie parti del suo corpo. La testa era poggiata ad un bracciolo, sorretta da un suo braccio, mentre l’altro penzolava verso il pavimento. Quando Agatha lo vide non poté far a meno di arrossire, notando il leggero rigonfiamento all’altezza del suo bacino, sporger dal lenzuolo, imbarazzata decise così di svegliarlo. «Thomas». Provò a chiamarlo, ma il ragazzo non la sentì, anzi, parve quasi russare. «Thomas, sveglia». Gli sussurrò dolcemente all’orecchio, ma il massimo che ottenne fu uno stanco grugnito . Esasperata, Agatha, capì che con la dolcezza, da Thomas, non si otteneva nulla, né da addormentato, né da sveglio, così opto per le maniere forti.
Prese le gambe del ragazzo spalancate sullo schienale del divano e, tirandole da esse, lo trascinò a terra provocando un sordo tonfo.
«Ma che cazz..!?». Imprecò Thomas, ancora spaesato, massaggiandosi la testa dolorante e mettendosi a sedere. «Dolcezza, ma che ore sono?». Domandò ad Agatha che, paonazza in viso, faticava a mantenere il contatto visivo con lui.
Thomas era nudo, completamente. Sotto il lenzuolo bianco, rimasto sul divano, non portava nulla e questo provocò un immenso imbarazzo nella bionda.
«Sono le undici meno venti… Maniaco!». Esclamò poi, lanciandogli un cuscino per coprirsi.
Thomas, ancora poco lucido, faticò a capire il perché di tutta quella scontrosità da parte della ragazza, ma quando intercettò il suo sguardo gli fu facile comprendere. «Allora ti diverti a fare la guardona!». Esclamò divertito, coprendosi con il cuscino lanciatogli poco prima dalla ragazza.
Agatha arrossì di colpo, colta in flagrante. «Non è che sei tu che ci tieni così tanto a farti vedere nudo da me?». Domandò tagliente la ragazza, ritrovando la sua acidità. «Quando ammetterai che ti piace ciò che vedi?». Chiese sarcastico lui, raccattando i suoi vestiti da terra. Agatha non volle sentir una parola di più, così salì in bagno per prepararsi.
Agatha e Thomas correvano, correvano come non mai anche consci di esser ormai in ritardo. «Corri, Thomas! Corri!». Lo incitò la ragazza, cinque passi avanti lui. «Aspettami, Agh!». Gridò lui dietro di lei, senza fiato per la corsa. «Avanti, ci siamo quasi!». L’incoraggiò la ragazza, vedendo in lontananza la piccola chiesa di cui il padre faceva da Pastore.
I due ragazzi correvano come matti, per quella distesa verde, scorciatoia che Agatha aveva trovato quand’era bambina e tardava al sermone del padre.
«Aspetta, non ce la faccio più!». Esclamò Thomas correndo più veloce cercando di raggiungere Agatha, che rideva spensierata, correndo lungo quella distesa d’erba. Il ragazzo l’ebbe quasi raggiunta, quando inciampò su di una radice di un albero lì vicino e cadde a terra.
Quando Agatha non sentì più i passi pesanti del ragazzo dietro di lei si fermò di colpo e, quando una volta girata lo vide a terra, scoppio in una fragorosa risata. Ancora ridendo gli porse una mano, ma quando Thomas la tirò giù con sé, fu lui a scoppiar a ridere. «Lo trovi così divertente?». Domandò scocciata lei. «Perché, tu no?». Rispose il ragazzo, ridendo sotto i baffi, rialzandosi e tirandola su per un braccio. Agatha, aiutata dai movimenti bruschi del ragazzo finì contro il suo petto, e Thomas ne approfittò per stringere la sua presa sulle spalle di lei. «Ah, si vede proprio che sei la mia ragazza!». Sospirò divertito lui, incamminandosi verso la cappella che si era fatta pian piano più vicina. «Idiota!». Esclamò lei, lasciandogli un buffetto sul collo.
«Vedo che siete arrivati in ritardo». Li rimproverò il signor Edwards. La messa era finita da un pezzo ed i ragazzi avevano fatto in tempo ad assistervi solo a metà. Il Pastore aveva trattenuto i ragazzi non tanto per rimproverarli, ma per presentare Thomas alla sua consorte. «Perdonaci, papà. E’ che questa notte non abbiamo chiuso occhio!». Si giustificò Agatha, in parte sincera. Lei non era riuscita a dormire, ma Thomas era rimasto alzato tutta la notte a bere e giocare a carte.
«Tranquilla, piccola mia. L’importante e che non vi siate intrattenuti con alcol» disse riluttante, annusando Thomas «E… Erba». Concluse, inspirando un’altra boccata del profumo del ragazzo.
Agatha non ne rimase del tutto sorpresa, non conosceva bene Thomas ed i suoi amici, ma aveva intuito che personaggi fossero. Thomas, invece, era rimasto scioccato dalla perspicacia del signor Edwards. Lo credeva un uomo di chiesa, chiuso e bigotto, non un uomo di mondo così informato.
Sotto pressione, il ragazzo si lasciò scappare un risolino teso. «Oh, rilassati, figliuolo. Sono stato ragazzo anche io e sono consapevole del fatto che non saranno le prediche a portarti sulla retta via». Gli sorrise comprensivo. «Grazie, Pastore».
Agatha era rimasta scioccata dal comportamento del padre. Sebbene fosse rimasta lontana da lui per molto tempo, avevano avuto modo di tenersi in contatto e lo conosceva bene, tanto da credere che, sotto sotto, Thomas gli andava a genio.
«George». Lo salutò una donna, dall’aspetto giovane, gli occhi chiari ed i capelli scuri; la madre di Agatha. «Ciao, mamma!». La salutò la ragazza, abbracciandola. «Oh, Maggie! Guarda un po’ chi è in compagnia di Agatha». Esclamò l’uomo, riferendosi a Thomas, alquanto imbarazzato.
«Oh, Thomas, ciao! È tanto che non ci si vede, come stai?». Gli sorrise la donna, abbracciandosi al marito. «Già, per esser vicini di casa è parecchio tempo, ma sto bene, grazie». Rispose un po’ imbarazzato, nascondendosi quasi dietro ad Agatha.
La ragazza aveva percepito la tensione, da parte di Thomas, così decise che sarebbe stato meglio andarsene. «Mamma, papà. Scusate, ma dobbiamo proprio andare. Scott e Karen ci aspettano per pranzo, ci vediamo questo pomeriggio?». Domandò umile e rispettosa. «Va bene». Disse il padre acconsentendo. «Ma facciamo anche questa sera, okay?». Lo interruppe la moglie, più permissiva nei confronti della ragazza. «Grazie, mamma». La ringraziò Agatha, e, salutando i ragazzi uscirono dalla parrocchia, correndo di nuovo per quella verde scorciatoia.
«Sono carini insieme, non trovi?». Domandò Margaret al marito che, in risposta, borbottò qualcosa di incomprensibile, che la moglie prese come un tormentato sì.
Karen si era svegliata presto, quella mattina, quando la sveglia sul suo comodino segnava le undici appena passate. Era strano, per lei, abituata a dormire fino al primo pomeriggio, ma non ci fece caso e, incapace di dormire ancora, scese in cucina per mangiare qualcosa.
Sgranocchiava tranquilla i suoi cereali, quando udì un suono duro e plettrato provenire dal garage. Incurante del fatto che indossasse solo l’intimo ed una larga maglietta slabbrata uscì di casa con ancora in mano la sua tazza di latte e, passando sull’erba appena bagnata coi piedi nudi aprì la serranda semi aperta del box, trovando dentro Mark con in pugno il suo basso.
«Ehi». Sorrise lui, vedendola. «Ehi». Ricambiò la mora, sorridendo appena quando le guancie le si tinsero di un leggero rosa. «Cosa ci fai qui, tutto solo?». Domandò la ragazza sedendosi sulla prima sedia libera che trovò. «Provo a suonare qualcosa, ma mi viene difficile». Sospirò mal incuorato lui. «Perché?». Chiese spaesata lei, prendendo una cucchiaiata di cereali dal suo latte. «Mi manca l’ispirazione». Rispose desolato.
La ragazza parve pensarci su, ma poi esclamò: «Suona per me». Mark rimase un po’ spaesato, non sapeva dove, con quelle parole la ragazza volesse parare, ma acconsentì, annuendo soltanto.
«Bene, prova a pensare a me, e a che tipo di suono più assomiglio». Esclamò, addentando un altro po’ di cereali. Il ragazzo provò a seguir il suo consiglio e cominciò a muover le dita su e giù fra le corde del suo basso. Ogni tanto, s’inceppava e bloccava proprio quando credeva di esserci quasi riuscito. «Mettimi in musica». Sussurrò incoraggiante Karen, sfoggiando uno dei suoi più bei sorrisi. Fu proprio quel sorriso che Mark suonò, facendo cantare il suo strumento come solo lui sapeva fare. Aveva trovato la melodia giusta, da incastrare col pezzo giusto e non vedeva l’ora di farlo sentire a Tom.
«Grazie, Karen». La ringraziò il ragazzo, poggiando il suo strumento a terra e correndo ad abbracciarla. «Di niente, Sid vicious». Sorrise lei, stringendosi di più al corpo di lui ed inspirandone l’odore. «Grazie mille, Karen. Sei una vera amica».
Già, amica...Spazio Autrice
Ciao alieniii
Come va? Vi stà piacendo la storia? Che ne pensate di Tom e Aghata? Potrebbe funzionare tra loro?
Probabilmente succederà qualcosa nel prossimo capitolo...
Ma, ora, parlando di cose serie, Karen e Mark potrebbero mettersi insieme? Bhoo tutto è possibile🌚
Ci sentiamo domani con il prossimo capitolo!
See you later motherfuckers💚
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another girl another planet
FanfictionÈ solo una delle poche Fan Fiction su Tom DeLonge. Spero vi piaccia ;)