Chapter Seven

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«Festa!». Esclamò Scott entusiasta, andandosi a sedere fra la sorella ed il bassista, interrompendo i continui sguardi fugaci fra i due. «Come?». Domandò Agatha, di fronte a lui. «Hai capito bene, festa! Questo sabato c’è una festa spettacolare organizzata da Jason Black a cui sono invitati tutti purché accompagnati da una fregna» Sorrise sornione, felice che il giorno dopo avrebbe potuto ubriacarsi fino a farsi schifo da solo «È il suo sistema per tenere gli sfigati lontani da casa sua». Spiegò poi. Karen ed Agatha si lanciarono un veloce sguardo d’intesa. Entrambe sarebbero volute andare a quel party, l’unico problema era che entrambe sapevano chi sarebbero stati i rispettivi accompagnatori e l’idea sembrava terrorizzare le due. «E chi sarebbe la tua donzella, animale?». Domandò interessato Thomas, che ancora non aveva accennato nulla riguardo la sua partecipazione o meno. «Che tempismo amico! Puntavo su Lauren Williams, ma visto che dove è lei c’è anche Cynthia York e viceversa speravo potessi farmi da spalla e rimorchiarti la bionda». Esclamò malizioso, strizzando l’occhio a mo’ di intesa verso l’amico, che parve prendere in considerazione il piano dell’amico. A quella frase gli occhi di Karen si spostarono ad Agatha, che tutto sembrava meno che turbata dalla probabilità che i meschini ricci biondi di Cynthia potessero catturare il cuore di Thomas. «Femmine più insulse non potevate trovare…». Sussurrò Karen, che come tutti fissava le due Cheerleader atteggiarsi a prime donne di fronte agli sguardi dei quaterback della scuola. «Beh, in alternativa spero che Agh accetti il mio invito di riserva». Ammiccò il più piccolo dei Raynor prima che le sue speranze venissero azzerate dalla mano sempre pronta di Karen che gli si scagliò contro la nuca. «Credo che Karen abbia reso il concetto più chiaro di quanto avrei potuto fare io». Sorrise Aghata, prima di scoppiare a ridere, al seguito di Mark e Thomas. «Donkey, la tua preda ti sta puntando proprio in questo preciso istante. È la tua occasione!». Esclamò sghignazzante Mark, che vedendo il giovane Casanova scattare in piedi non trattene più le risate. «Avanti Tom, andiamo a riscattare in nostro premio». Sorrise vittorioso dirigendosi verso le due atlete.
Agatha guardò, a mal in cuore, Thomas allontanarsi sempre più da lei per andare dritto nella trappola di quelle cacciatrici di uomini. Solo le parole dell’amica la riscossero dai suoi pensieri. «A questo punto credo mi toccherà sperare che a Scotty vada male ed andare a quella festa con il mio caro fratellino se voglio parteciparvi». Sospirò sconsolata Karen, certa che ad un solo giorno dall’evento non avrebbe mai trovato un cavaliere. Per fortuna di entrambi anche Mark si trovava nella loro stessa situazione, e visto che mai avrebbe potuto fare un torto simile a Thomas, come quello di invitare Agatha, si fece coraggio. «Se proprio non hai alternative, in lizza per Miss Hoppus non c’è ancora nessuna, e non credo che a questo punto le ragazze si accapiglierebbero per me, quindi accetteresti l’invito del bassista più sexy d’America?». Agatha vide l’imbarazzo stamparsi inconfondibilmente sul viso dell’amica, ed accortasi che quel tavolo stava diventando troppo stretto per tutti e tre prese il suo vassoio, con i resti del suo pranzo ancora caldi, e sparì dentro l’edificio scolastico.
Forse per gelosia, forse per curiosità o anche solo per la voglia di soffrire non riuscì a mantenere lo sguardo davanti a sé e una volta varcata la soglia d’entrata, i suoi occhi andarono a poggiarsi sulla figura allegra di Thomas che intratteneva le due bellezze per il quale in quel momento Agatha provò solo odio. In quel momento, per una frazione di secondo, sentì qualcosa per quel ragazzo privo di pudore e razionalità, ma no. Lo represse con tutta se stessa, perché lei non poteva nulla, se non amicizia nei confronti dell’irrazionale Thomas Matthew DeLonge.
Tutta la Poway High School era in fermento. Le gracchianti voci pettegole delle ragazze non facevano altro che parlare di vestiti ed accessori, mentre i pettorali maschili sbattevano l’uno contro l’altro per tutti i corridoi, in segno di vittoria per le belle ragazze accalappiate. Perfino uno o due membri del club di matematica erano riusciti ad aggiudicarsi la partecipazione a casa Black, quasi tutta la scuola era di buon umore. Tutti tranne Agatha, la quale sovrappensiero aveva sbagliato ripetutamente aula ed ora si ritrovava in ritardo per l’ora di inglese.
«Buongiorno, signora Lee. Scusi il ritardo!». Aveva sussurrato sulla soglia della porta, aspettando il permesso dell’insegnante per poter partecipare alla lezione. La signora Lee, conosciuta per esser una donna diretta e di poche parole accennò un consenso con la testa, invitando la ragazza a prender posto, Agatha non se lo fece ripeter e scrutò la classe alla ricerca di un banco libero.
Il cuore della ragazza cominciò a scagliarsi con una forza disumana contro la gabbia toracica quando i suoi occhi così spenti videro la figura dormiente di Thomas in ultima fila, ed un banco vuoto accanto al suo. Si sarebbe rifiutata di partecipare alla lezione se solo avesse dovuto condividerla minuto per minuto accanto a quel ragazzo. Gli occhi della ragazza, però, ripresero vita quando vide dalla parte opposta della classe una mano alzarsi e sventolare in sua direzione. Era Jason Black che la invitava a sedersi accanto a lui.
«Ciao». Sorrise lui, nascosto dalla lunga frangia che portava.  «Ciao». Sussurò Agatha, sorpresa. Il ragazzo le sorrise ancora, scostando il suo lungo ciuffo di lato e lasciando che i suoi glaciali occhi potessero immergersi in quelli di lei. «Tu sei quella nuova, vero?». Domandò curioso, ma non invadente. «Sì, piacere Agatha». Si presentò, ma per Jason non ve n’era bisogno, sapeva già a chi appartenevano quei capelli color del miele e quei lineamenti così dolci. Spesso si era perso nei suoi sorrisi durante le ore di lezione. Sorrisi che però erano sempre indirizzati al suo amico Thomas DeLonge. «So il tuo nome» Sorrise ancora «Chi non sa del ritorno di Ugly Agh?». Disse lasciandosi scappare un sorriso sghembò, uno di quelli che solo a Thomas venivano alla perfezione.
«Già». Sorrise amaramente lei, portando gli occhi sul suo quaderno al triste pensiero che ancora non si erano dimenticati del suo passato. «Oh, comunque il mio nome è Jason». Provò ancora lui, accortosi che quello che aveva detto aveva infastidito la ragazza. «Sì, so anche io come ti chiami. Beh, chi non lo sa?» Citò il moro «La tua festa è sulla bocca di metà istituto». Jason rise a bassa voce, sperando comunque che l’insegnante non lo avesse sentito, poi prese fiato. «Ed a proposito di quella festa, ci verrai?». Domandò speranzoso lui, regalando ad Agatha un altro di quei solari sorrisi. «Uhm… Non credo». Rispose, ma prima che potesse aggiungere altro il ragazzo prese subito parola.  «S’è per l’obbligo di un cavaliere io non ho ancora chiesto a nessuna». Ammiccò il ragazzo, sperando che quello di Agatha non sarebbe stato un no. «Oh, beh, ecco… Io…». La bionda non sapeva cosa dire. Non sapeva come reclinare l’offerta, non avrebbe voluto andare a quella festa e dover sopportare di vedere gli artigli laccati della York su di Thomas. Non l’avrebbe accettato. «Oh, non ti preoccupare. Ma se vuoi venire ti aspetto volentieri, anche senza cavaliere». Rispose cortese lui, sperando sempre che la ragazza accettasse. «Ti ringrazio».
Dall’altro lato della stanza Thomas osservava il tutto e dentro di lui una forte gelosia prendeva sempre più posto in quella parte di lui che gridava a gran voce il nome di Agatha.
«Cosa?!». Le grida incredule di Agatha rimbombarono fra le pareti della stanza dell’amica. «Sì, andrò alla festa di Jason Black con Mark!». Esclamò euforica Karen. «Dio, ma è fantastico!». Esultò ancora Agatha, felice che l’amica avrebbe passato una serata in compagnia del ragazzo che le faceva battere il cuore. «E tu invece?». Domandò d’un tratto la mora. «Io?». Ripeté spaesata la ragazza. «Esattamente, proprio tu. Direi che abbiamo parlato di me anche fin troppo, quindi adesso dimmi, chi ti accompagnerà domani sera?». Chiese con malizia Karen in attesa di una risposta. A quelle parole Agatha rimase spiazzata, non sapeva come dire all’amica dell’invito di Jason Black e del rifiuto di esso. «Credo che andrò da sola». Ammise poi portandosi una ciocca color del sole dietro l’orecchio, in un palese segno nervoso. «Sai che senza accompagnatore non potrai venire, vero?» Domandò «Ed io come farò senza la mia Agh? Non sarà un festa!». Esclamò dispiaciuta Karen, già pronta a raggiungere i ragazzi in salotto ed annullare il suo quasi appuntamento con Mark. «Veramente ho parlato con Jason Black, mi ha detto che se volessi partecipare non avrò l’obbligo dell’accompagnatore». Ammise ad occhi fissi sul letto dove sedevano. «E quando sarebbe successo? Quel ragazzo è così carino!». Esclamò sognante. «Oggi a lezione sedevamo vicini, si è offerto come accompagnatore, ma ho rifiutato». Karen rimase senza fiato, scioccata, e l’unica cosa che aveva in mente era: «Sei stata invitata da Jason Black?!».
"Sei stata invitata da Jason Black!?” Quelle parole, arrivate per caso alle orecchie di Thomas, ferirono il ragazzo come non mai.
Agatha non riusciva proprio a rilassarsi, si girava e rigirava nel letto e neppure il suo amato cercar conforto nelle stelle l’aveva aiutata, perché l’unica cosa che riusciva a vedere  dalla sua finestra era la stanza di Thomas, vuota. L’aveva scrutata a lungo, sperando che il ragazzo sarebbe potuto spuntare da un momento all’altro, ma niente. Thomas non si vedeva da quella mattina a scuola, e lei ne soffriva, stava male nel più profondo del suo cuore, eppure non riusciva a distoglier lo sguardo da quella finestra.
Nella speranza di poter conciliare il sonno zampettò silenziosamente giù per le scale, facendo attenzione allo scricchiolante parquè ed alla pesante porta di casa, troppo rumorosa per il silenzio della notte. Fuori di quella casa si sentì più leggera, i suoi piedi nudi sfioravano l’umido prato curato e quella lieve freschezza parve sollevarla. Si accasciò a terra, sperando che quell’alleviare il dolore potesse arrivare ai tormentati pensieri che invadevano la sua mente. Agatha c’era quasi riuscita, ancora una manciata di minuti e sarebbe tornata serena nel suo letto, ma, con suo solito tempismo, Thomas le si sedette accanto rovinando quella pace che pian piano si stava sperdendo fra i suoi tesissimi nervi. «Che ci fai qui a quest’ora?». Domandò il biondo. «Non riuscivo a dormire, così speravo nell’aiuto delle stelle». Rispose sconsolata lei, tirandosi su a sedere. Thomas rimase in silenzio, portando i suoi occhi, come quelli di lei, al profondo cielo. Agatha era come rapita da quelle stelle così lontane, proprio come Thomas, che mai aveva sentito così distante.
«Stanotte si dice dovrebbero esser visibili alcune stelle cadenti». Si rivolse più a se stessa che al ragazzo, ma Thomas era ormai impossibile da ignorare perché poggiava la testa sulle gambe di lei, goffamente spaparanzato. A quel gesto seguirono altri minuti di silenzio, riempiti dal desiderio di entrambi di poter scorgere una stella cadere, ma Thomas era risaputo esser di poca pazienza e quel mutismo cominciava ad essergli stretto, mentre le parole di quel pomeriggio rimbombavano nella sua testa, lasciando ad ogni passaggio un varco ricolmo di centinaia di domande.
Thomas provava fastidio al pensiero di vedere Agatha con un altro e rabbia verso se stesso per aver anche solo potuto concepire un’emozione simile. In quell’esterna apatia entrambi ardevano di gelosia verso l’altro, ma il loro orgoglio non avrebbe di certo lasciato uscire tali sentimenti.
«Andrai alla festa di Black?». Domandò lui, incapaci di mordersi la lingua oltre. «Sì». Sussurrò lei. «Bene…».
In quel momento i loro cuori si spensero, proprio come il cielo, in quella notte di stelle mancate.

Spazio autrice
Ciao alieniii
Come va? Mi dispiace per la lunga assenza ma non trovavo idee per continuare il capitolo. Che ne pensate della festa di Black? Cosa potrebbe succedere?
Bene, io devo andare. Ci sentiamo al prossimo capitolo.
See you later motherfuckers💚

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