Sebbene il signor Edwards fosse contrario all'idea che sua figlia dormisse a casa altrui, in presenza di ben tre ragazzi, acconsentì. Conosceva i signori Raynor ed aveva una rispettabilissima opinione di loro. Certo, il sapere che non sarebbero stati presenti non lo tranquillizzava affatto, ma aveva avuto modo di intrattenersi con Karen ed aveva potuto appurare che, a differenza del giovane fratello, era una ragazza responsabile ed affidabile. Era felice che lei e sua figlia avessero stretto amicizia, più che altro era felice che la sua amata Agatha si stesse ambientando a Poway.
«Papà, sono le sei, Karen dovrebbe esser qui a momenti». Sorrise allegra Agatha, entrando in cucina. «Sai bene cosa devi fare». Disse solo il Pastore, fiducioso di lei. «Non bere alcolici, non fumare, non star fuori oltre alla mezzanotte e soprattutto non perdere la mia purezza» Rispose calma la ragazza, come se ripetere quelle ormai medesime regole, fosse per lei naturale «Andrà tutto...». Agatha non fece in tempo a tranquillizzare il padre che l'assordante rumore di clacson, proveniente dal suo giardino, la interruppe scatenando il panico in lei.
Allarmata si precipitò fuori dall'abitazione e quasi non cadde dallo stupore quando, parcheggiata sul suo vialetto, vide una Citroen XM, a calpestare che aiuole che la madre curava con così tanta premura. Alla guida di essa Thomas DeLonge, sfoggiava il suo più pungente sorriso.
«Ehi, guardona!». Gridò Thomas, sbracciandosi dalla macchina per farsi vedere, come se a neanche tre metri di distanza ce ne fosse bisogno. «Tom, ma che ci fai qui?! Fa' silenzio!». Lo rimproverò la ragazza, gesticolando, paonazza in volto dalla rabbia.
«Guarda, guarda». Disse il signor Edwards, poggiato allo stipite della porta «Thomas Matthew DeLonge... Da quant'è che non ci vediamo?». Domandò, tagliente, al ragazzo. «Credo dal sermone di domenica scorsa, signore». Mentì il ragazzo, grattandosi il capo per l'evidente imbarazzo. L'uomo scoppiò in una risata, e fortunatamente per i due giovani, parve abbonirsi. «Oh, ragazzo mio. Chi credo di prendere in giro, l'ultima volta che ti ho visto pregare il signore avrai avuto sì e no nove anni». Sorrise poi, comprensivo. «Spero, però, di vederti domani. Magari potresti accompagnarlo tu, Agh». Chiese poi alla ragazza che, di risposta, gli riservò un'occhiata così gelida da tener testa al Polo Nord .
«Senz'altro, Pastore Edwards!». Sorrise ebete Thomas, prima di accogliere la ragazza nella macchina dei signori Raynor, diretti verso la loro abitazione, quattro isolati più avanti.
«Si può sapere che diamine ti è saltato in mente?!». Sbraitò contro Thomas, Agatha, entrando varcando la soglia della porta. «Che cosa avrei fatto questa volta?». Domandò stridulo il ragazzo, in sua difesa. «Sei venuto a prendermi, ecco cosa!». Sbottò acida lei, dimenticandosi delle buone maniere e gettandosi a peso morto sul divano. «O ti venivo a prendere o aiutavo i ragazzi a sistemare gli strumenti e Karen a preparare la cena. Ho scelto l'opzione meno impegnativa... O così credevo». Borbottò poi, fra sé e sé, non sfuggendo però alle orecchie di Agatha che, in preda ad una crisi di nervi, emise un urlo stridulo, spaventando Karen, in cucina che, reoccupata, accorse dai due.
«Cosa sono tutte queste urla in casa mia?». La ragazza fece il suo trionfale ingresso in salotto con tanto di grembiulino, braccia conserte e mestolo in mano. «Per colpa sua mio padre vuole che domani io lo porti al suo sermone con me, tutto perché il signorino non si è neanche degnato di scendere dalla macchina e bussare alla porta. Ha preferito parcheggiarsi sul mio prato e suonare il clacson come un perfetto energumeno!». Urlò decisamente furiosa la bionda, ormai vicina ad una crisi isterica. «Ma io...». Provò a ribellarsi il ragazzo, ma fu prontamente interrotto da Karen che, sovrapponendosi fra i due li divise con una leggera spinta. «Niente "ma", DeLonge! Va' dagli altri che qui ci penso io».
Il ragazzo non ribatté alle parole dell'amica e si diresse in garage, a testa china, pronto a suonare la sua amatissima ed usurata chitarra, lasciandosi alle spalle il brutto episodio.
«Grazie per avermi aiutata». Disse Karen, infornando il pollo ed impostando la cottura a 180°. «Di niente. Mi piace cucinare e soprattutto mi rilassa». Rispose pacata lei, alludendo palesemente alla piccola discussione avuta con Thomas poche ore prima. «Ecco, a proposito...» Cominciò la mora sedendosi al modesto tavolo della cucina di casa sua, rivolgendosi ad Agatha «Devi scusare Tom. Non lo fa apposta è che proprio manca di tatto e di buone maniere, a volte, ma ti assicuro che è la persona più buona di questo mondo. Sempre tralasciando il suo egocentrismo». Concluse sarcastica Karen, strappando un sorriso anche alla bionda, che parve addolcirsi alle parole della ragazza. «Sì, solo che è troppo da mandar giù tutto quell'esser pieno di sé». Sorrise, scoppiando a ridere lei, contagiando irrimediabilmente la mora, che si lasciò andare ad una rumorosa risata.
Tutte quelle risate e la fame che cominciava a farsi largo negli stomaci dei neo-musicisti, li avevano attirati in cucina. Mark senza pronunciar parola si gettò di fronte al forno, per vedere a che punto fosse la loro cena, mentre il piccolo Scott addentava famelico uno dei sandwich che la sorella aveva preparato ai ragazzi. «Mark, è inutile che stai lì impalato, non è che fissandolo il pollo cuoce prima». Lo schernì il più piccolo dei fratelli Raynor, finendo in un sol boccone il suo spuntino. «Taci, Scotty! Non ci vedo più dalla fame...». Lo mise a tacere il ragazzo. Karen, udendo i lamenti dello stomaco del moro gli allungo un sandwich e quando le loro mani si sfiorarono la ragazza non poté far a meno di arrossire. «Grazie, Ran». Gli sorrise caloroso, mentre le guancie pian piano le sbollivano.
L'unico ad aver mantenuto il silenzio da quando aveva varcato la porta della cucina era Thomas; non avrebbe potuto sostenere ancora lo sguardo di Agatha e tantomeno aveva il coraggio di alzar gli occhi dal pavimento. Agatha si era accorta di ciò e, leggendo pentimento nell'innaturale silenzio del biondo si sentì alquanto in colpa. Silenziosa la ragazza si alzò dalla sedia ed andò incontro al pentito Thomas. «Tom, possiamo parlare un attimo?». Domandò in tutta calma, mostrando l'espressione più docile che potesse inscenare. «Ahia, prevedo guai!». Esclamò inopportuno il giovane Scott, rimediando così uno scappellotto in pieno collo dalla sorella, che prontamente lo rimproverò. «Sta' zitto, Donkey! Stupido di un fratello!». I ragazzi scoppiarono a ridere a quella scena, e Thomas ne approfittò, avvicinandosi silenziosamente all'orecchio di Agatha e sussurrandovi un flebile "andiamo di là". Sperando che gli amici non li avessero notati, i due ragazzi si allontanarono dalla cucina, andandosi a rifugiare in garage, dove gli strumenti giacevano a riposo.
Silenzioso, Thomas prese in mano la sua chitarra, la mise a tracolla e prese a pizzicare le corde, creando un gracchiante rumore che infastidì le orecchie della ragazza. Agatha, non seppe cosa dire, avrebbe voluto dirgli tante cose, prima fra tutte gli doveva delle scuse, eppure le parole non volevano uscire. «Senti, Tom, io...». Provò allora la bionda, ma il ragazzo la precedette, mettendola a tacere. «No, prima io». Disse con lo sguardo fisso sulle corde del suo strumento, che mano a mano che accordava prendeva ad aver un suono sempre più dolce «Hai ragione, sono stato uno stupido con te, dal primo giorno. Avrei voluto chiederti scusa prima per questo, ma pensavo ci avrei guadagnato solo una cinquina stampata in viso». Ammise poi, scusandosi con la ragazza, che rimase a bocca aperta per lo stupore, quando il ragazzo impuntò i suoi occhi scuri in quelli chiari di lei. «Scuse accettate, ad una condizione però...» Sorrise la ragazza alzando l'indice a puntare l'alto, mentre il ragazzo parve sbiancare «Tu devi accettare lei mie! Mi sono comportata male con te, e non avrei dovuto. Spero che possiamo ricominciare tutto da capo». Concluse tendendo la mano verso Thomas, il quale l'afferrò prontamente. Agatha sorrise felice, finalmente avevano trovato un compromesso, una tregua che gli permettesse di dar inizio alla loro amicizia, senza battibecchi continui. La ragazza si guardò intorno, incuriosita da tutta quella strumentazione, per poi andarsi a sedere alla postazione del fratello della sua amica. «Oh, Scotty non ne sarà felice». Disse Thomas, alludendo a quando il giovane Raynor fosse geloso e possessivo della sua batteria. Agatha non gli diede retta, prese in mano le bacchette e prese a picchiare qua e là i vari piatti e tamburi, senza un filo musicale. Vedendo quanto poco la ragazza fosse portata, Thomas la fermò, prendendole di mano le bacchette e salvaguardando quel poco di udito rimastogli. «Ehi, Ringo Starr, che ne dici di darci un taglio con quel fracasso e provare con questa?». Le domandò indicandole la chitarra che ancora portava a tracolla. «Perché invece non mi fai sentire di cosa sei capace tu, Jhon Lennon?». Domandò, prendendolo in giro a sua volta. Thomas acconsentì con un cenno del capo, per poi prender la sedia più vicina e sedervi. «Attenta, questo è Frank Navetta, guardona». Sorrise pieno di sé il ragazzo, mostrando quel suo solito ghigno al quale i nervi di Agatha non sapevano resistere.
Fortunatamente la ragazza si trattenne, si erano appena ripromessi una convivenza civile, e lei non poteva mandare tutto all'aria per un istinto primordiale,come quello assassino, ma la sua resistenza venne messa a dura prova quando il ragazzo cominciò a suonare.
L'assordante rumore, proveniente dall'amplificatore, procurò ad Agatha un dolore lancinante alle orecchie, che cominciarono a fischiarle. Esasperata staccò la spina dal generatore, provocando il disappunto del ragazzo. «Ehi! Perché l'hai spento?». Domandò confuso Thomas. «Perdonami, ma tutto quel fracasso mi stava facendo esplodere la testa». Spiegò la ragazza, porgendo la spina che ancora teneva il mano, al ragazzo. «Quel "fracasso" sono i Descendents e dovrai imparare ad amarli se vuoi continuare ad esser la mia ragazza, guardona». Disse il ragazzo, abbandonando tutta la povera strumentazione a terra. «Ancora con questa storia? Io non sono la tua ragazza e non sono una guardona». Rispose a tono la ragazza, mettendo il broncio e gonfiando infantilmente le guance. «Dipende dai punti di vista». Disse solo il ragazzo, circondando le spalle della ragazza con un braccio e scoppiando a ridere, coinvolgendola.
«Ehi, voi due, piccioncini!» Li richiamò Karen da fuori la serranda «Il pollo si sta raffreddando ed il film comincia fra soli venti minuti! Sappiate che non ho intenzione di perdermi l'inizio per colpa vostra!». I due giovani, alle minacce poco velate della loro amica, scoppiarono a ridere come matti, ricordando tanto due buoni amici di vecchia data.Spazio autrice
Ciao alieniii
Spero che il nuovo capitolo vi piaccia! L'ho scritto questa mattina e ho appena finito di correggere i vari errori di battitura. Penso che domani non pubblicherò perchè non mi vengono dei possibili continui per la prossima parte. Cercherò di sforzarmi per fare venire un po' di idee. Ci sentiamo al prossimo capitolo.Ah, quasi dimenticavo... Vi metto qui sotto la foto intera della copertina del capitolo
See you later motherfuckers💚
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another girl another planet
Hayran KurguÈ solo una delle poche Fan Fiction su Tom DeLonge. Spero vi piaccia ;)