20. Il filo di Arianna

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Per l'intero mese che seguì, non incontrò mai nessuno dei suoi quattro "amici".
Ma in compenso una voce si era sparsa fra le mura dell'accademia.
Ovunque andasse, la gente interrompeva bruscamente la conversazione o bisbigliava sottovoce, lanciandogli occhiate di traverso.
Parlavano di lui, e Evander non poteva sapere cosa dicevano. Cercava di fingere che non gli importasse, ma era impossibile cancellare la sensazione di essere al centro di un complotto universale. Sentendo che la gente attorno non lo comprendeva e che, invece di sostenerlo in quell'impresa immane di opporsi a un destino orribile, lo affossava sempre di più fra maldicenze probabilmente infondate, incomprensioni e odi personali, Evander sentiva le proprie energie prosciugarsi ogni giorno di più. E ogni giorno rischiava sempre più di tradirsi, di fronte a quell'essere cupo e tetro che non era mai stanco e che non perdeva mai il controllo. Il Minotauro lo aveva trascinato nel suo labirinto, e lo aspettava al varco. L'endar era una macchina infernale, capace di cose che gli uomini ritenevano impossibili. Era, anzi, ancora più efficace di una macchina della verità, perché possedeva una mente umana abituata a interpretare le reazioni degli uomini e a psicanalizzare ogni loro atto e ogni loro parola.

I brandelli di conversazioni fra gente sconosciuta che era riuscito a captare erano sempre impregnati di fraintendimento e odio. Ma che cosa aveva fatto per procurarsi l'odio della gente?
Attorno a lui si era creato un enorme vuoto. I suoi compagni di accademia lo vedevano come un essere diverso, che avrebbe presto potuto entrare a far parte del corpo dei mantelli neri. I mantelli neri obbligavano la gente a tenersi a distanza e spesso questa distanza era anche esagerata dalla gente stessa. Sembrava che Evander fosse già entrato in quel cerchio di solitudine e terrore, come se la sua chiamata ad endar fosse già avvenuta e il suo mantello nero fosse già stato cucito. Evander sentiva quel mantello pesare, opprimente, sulle spalle e soffocarlo ogni giorno di più. Leggere negli occhi dei suoi coetanei rivolti a lui quello sguardo che si riservava solo agli affiliati del corpo degli endar, gli faceva sentire la fine sempre più certa e vicina.

Verso la metà del mese, Evander si rese conto che la stanchezza era troppa per continuare a sopportare quel continuo esame.
Membra e corpo erano a pezzi: il mal di testa non lo abbandonava un istante, le discipline che studiava richiedevano un continuo allenamento sia fisico che mentale. Continui esercizi di memoria diventavano ogni giorno più stressanti, in quanto doveva ricordarsi sempre e solo ciò che l'endar gli aveva detto e non ciò che sapeva grazie agli insegnamenti di Jonathan. L'umore sempre più basso gli faceva venire attimi di panico e tristezza che si risolvevano sempre con espressioni del tipo: «Ebbene, che si compia questo maledetto destino: mi toglierò la vita prima di vedere quelle mura!».

Una volta, rischiò seriamente di tradirsi.Comprendendo di aver fatto un passo falso, si era fermato immediatamente e il suo sguardo era scattato ad indagare l'espressione dell'endar. Ciò che vi aveva visto lo aveva fatto sfiorare il panico. Si era lasciato sfuggire nientemeno che un segreto sulla Fortezza di Confine, accompagnato da un tono di voce che testimoniava il suo giudizio negativo sul corpo degli endar: un segreto che solamente chi aveva vissuto in quella fortezza poteva conoscere. Un segreto che Jonathan gli aveva rivelato, fra tanti altri, uno dei numerosi giorni in cui gli aveva raccontato della sua vita nella Fortezza. Jonathan gliene aveva parlato molto spesso, sempre con odio, disprezzo e timore per metterlo in guardia. Ora più che mai Evander capiva il perché: Jonathan voleva che, una volta diventato imperatore, Evander abolisse per sempre l'Ordine degli Endar. Evander non aveva dubbi che lo avrebbe fatto. Sarebbe voluto salire sul trono solo per impedire che altri ragazzi - e bambini - subissero quel che stava subendo lui in quel momento e quel che aveva subito Jonathan per venticinque anni. Ma quando lesse la sorpresa negli occhi dell'endar e vi scorse un improvviso lampo di comprensione, capì che non sarebbe mai salito sul trono, capì che la sua vita era finita.

Triplania- il predestinatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora