1. La freccia gialla

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Jonathan gli aveva detto: «Va' dai tuoi amici».
Ma Evander non aveva amici: Jonathan non glielo aveva mai permesso.

Il ragazzo uscì dalla catapecchia che chiamava "casa" sbattendo la porta, deciso a procurarsi un amico entro sera.

Mentre attraversava i campi degli altri contadini, gli ronzava ancora nelle orecchie l'ennesimo rimprovero del padre adottivo: «Non ti ho cresciuto perché diventassi un teledipendente! Quella robaccia è spazzatura. Non credevo proprio che anche tu ci saresti cascato come quei tuoi amici ignoranti!».

Evander proseguì la propria marcia d'offesa finché non arrivò alla Notte Verde: ogni volta che litigava con Jonathan si dirigeva nella foresta.
E, da quando aveva superato i dieci anni d'età, accadeva ormai quasi ogni giorno.

I cartelli di "Pericolo!", "Attenzione!" e "Vietato!" disseminati un po' ovunque non l'avevano mai trattenuto dal farsi inghiottire dalle arcane viscere d'erba e terra che rivestivano tutto il nord del pianeta, interrotte soltanto dall'alta montagna innevata che vi cresceva nel mezzo, dimora dei Monaci delle Aquile.

Ma quella volta vi si diresse con uno scopo preciso: voleva trovare un amico.
E sapeva che, ai piedi della foresta, c'era sempre un gruppetto di ragazzi che si sfidavano ad affrontare le minacce e le insidie racchiuse tra le sue buie fronde.

«Guardate un po' chi si vede: il pellerossa!» esclamò Reymond, uno dei ragazzi più grandi: «Vuoi farti un giretto fra le fauci di un lupo veradriano?».

Evander non si offese per quelle parole, né per le risate collettive che ne seguirono: continuò a camminare, finché non fu a pochi passi dal gruppo. Poi, si appoggiò ad uno scalcinato muretto, fingendosi intento ad intagliare una spada di legno che si sfilò dalla tasca dei pantaloni.

Reymond era uno sbruffone: a tutti piaceva ridere, ma lui rideva più forte di tutti gli altri. Se c'era qualcuno da prendere in giro, lui era il primo a farlo. Ma lo faceva soltanto quando c'era un pubblico che potesse applaudirlo.
Era per questo motivo, che Evander aveva deciso che il suo nuovo amico doveva essere proprio lui. Infatti, aveva capito una cosa: una cosa che Reymond faceva di tutto per tenere nascosta, e cioè che il suo fare il gradasso era solo un atteggiamento di facciata, per nascondere un'intelligenza ed una sensibilità che gli altri contadini del villaggio non potevano comprendere.

Dal suo angolo appartato, Evander si divertì a guardarli fare gli spacconi uno dopo l'altro. Li ascoltò millantare imprese straordinarie compiute nella foresta, ma a cui casualmente non c'erano stati testimoni. E, infine, decise che era arrivato il momento di divertirsi un po' a loro spese, come loro si divertivano sempre a spese sue.

«Se è vero che siete entrati nella Notte Verde così tante volte, perché siete ancora qui fuori?» disse, senza alzare gli occhi dalla propria opera di intaglio.

Un rabbioso imbarazzo parve aver tagliato la lingua a tutti i presenti.
Gonfiandosi di vergogna, uno di loro gli urlò contro: «Che ci fai tu qui, stupido orfano?».
Un altro gli fece eco: «Il tuo padre adottivo si è stufato di te come i tuoi veri genitori?».

Reymond si unì al coro: «Sì, che ci fa qui il bastardo d'un nobile? Torna a giocare con i tuoi libri!».
Gli altri risero ed applaudirono, ripetendo a pappagallo: "bastardo" e "libri".

Reymond osservò l'effetto della sua battuta con finta soddisfazione.
Evander lo guardò con la coda dell'occhio e lo vide incupirsi quando un ragazzo dalle orecchie a sventola urlò: «Che ci fai con tutti quei libri, pellerossa? Li usi come carta igienica?».

Tornando ad intagliare la spada di legno, Evander alzò le spalle:
«Sono venuto per assistere alle vostre imprese. Ma devo ammettere che mi sto annoiando. Forse non siete così coraggiosi come dite di essere».

Triplania- il predestinatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora