C A P I T O L O 1
Vai, oltre il sentiero.
Non seguire il percorso, ma lascia una traccia.
«Non muoverti...»
«Chi sei?».
«Aspetta, non ti muovere». L'uomo sdraiato su di me, rifletteva il pallore della luna e della notte. Non si muoveva, non abbandonava debolezze umane, liberando gesti del suo corpo o parole tese intrappolate in gola. Respirava appena, o forse era il fiato del vento, l'ultimo contatto con una verità confusa. Il freddo riportava alla realtà la seminudità del mio corpo, brandelli di stoffe e tracce di sangue di chi fuggiva attraverso rami e fendenti. Adesso ero al sicuro, forse. Ero protetta dallo scudo del suo corpo e dallo sguardo con cui indossava il distacco di un uomo attento a proteggere la debole donna che il destino gli aveva concesso. Spinse una mano sotto il mio ginocchio e si fece ancora più spazio, incatenando ai miei occhi un ulteriore invito al silenzio, affinché il nostro inseguitore non scoprisse la nostra presenza.
«Chi sei? Perché fai questo?». Sussurrai appena, prima che lui fermasse le mie parole con una mano sulla bocca e un invito ancora più chiaro a tacere.
«Perché sei mia, Mina... e il mio possesso oggi segnerà la tua salvezza». Lo disse affondando il viso sulla mia spalla e ricoprendo completamente il mio corpo disteso sul velluto. Improvvisamente non sentii più il suo corpo e la stanza intorno a me sembrò dissolversi. Non c'era più la luce dei vecchi candelabri, né l'onda del fuoco che dal camino che aveva infiammato la stanza dando sollievo alla mia pelle nuda. Non sentivo più il velluto soffice sotto la mia pelle. Restava solo quel quadro, il quadro di una primula blu, recisa e distesa su un velluto bianco, e quel compasso di metallo che diventava sempre più chiaro... sempre di più... sempre di più...
«Signorina... Signorina, stiamo per arrivare. Dovrebbe allacciare la cintura di sicurezza. Stanno iniziando le manovre di atterraggio». Mi svegliai richiamata dalla hostess e mi resi conto che si trattava solo di un sogno. Non avevo mai fatto un sogno così intenso e mi meravigliai per la delusione che stavo provando rendendomi conto che non fosse vero. Era delusione o sollievo? Il calore che sentivo addosso mi fece capire quanto i sogni riuscissero a tracciare piccole vie di fuoco, come capitoli scritti a mano da uno autore che avrebbe celato per sempre la sua identità. Mi ricomposi in poco tempo e cercai di guardare fuori dal finestrino.
«Tutto bene, Mina?». Il professor Marti era il responsabile dei rapporti esteri dell'università e, sebbene non fosse la prima volta che andava in Italia, l'idea di partecipare al mese più importante per l'editoria dei collezionisti, non gli aveva fatto chiudere occhio per tutto il viaggio. Mia madre era felice che ci fosse anche lui. Il professor Marti aveva l'aria di quel nonno affidabile che ti tiene al sicuro da tutto. I suoi piccoli occhiali ovali e la sua folta barba grigia gli davano più dei sessantacinque anni che aveva. Continuava a ripetere che quello sarebbe stato il suo ultimo viaggio accademico e che, dopo quella esperienza, sarebbe andato in giro per il mondo per cercare di completare la sua collezione. Era pronto a tutto pur di trovare l'edizione del 1776 de Shakespeare Traduit de l'anglais dedie au roi. Si trattava di venti volumi legati in mezza pelle con piatti cartonati rivestiti in carta marmorizzata, con titoli in oro al dorso e tagli spruzzati. Era un'edizione originale in traduzione francese dell'opera di Shakespeare realizzata da Pierre Letourneur insieme al conte de Catuelan et Fontaine-Malherbe. Il professor Marti aveva sottolineato più di una volta che si trattava della prima traduzione davvero completa degli scritti del drammaturgo inglese apparsa in Francia.
«»Hey, ci siamo!» Mary tornò dal bagno sistemandosi velocemente nel posto accanto al mio. Senza di lei non sarei mai partita. Era stato così esaltante, solo pochi mesi prima, scoprire della selezione, che avevamo deciso di lavorare giorno e notte per essere scelte. Ora eravamo lì, sul cielo di Roma a pochi chilometri dal Castello Tassoni, che ci avrebbe ospitate per ventisette giorni. Uno stage editoriale e storico che nella letteratura trovava la sua espressione sublime. Il castello Tassoni, infatti, custodiva una delle più antiche pietre litografiche del mondo. L'idea di vedere il mondo editoriale così da vicino era assolutamente esaltante. Il programma era intenso. Quindici ragazzi, scelti dalle migliori università del mondo, avrebbero passato ventisette giorni al castello prendendo parte a corsi di editoria, tipografia e litografia nel corso della settimana, per poi partecipare, nei tre week end, alle tre sessioni di asta cui avrebbero preso parte editori, librai e privati, possessori di edizioni rare. Quindici ragazzi, solo quindici ragazzi, e fra loro c'ero anche io.
Le luci dell'aereo si abbassarono e trattenni il fiato. L'ansia dell'atterraggio ebbe come unico sollievo un'immagine del sogno che non riuscivo a togliermi dalla testa... una primula blu, recisa e distesa lungo tutto quel velluto bianco. Sembrava come fosse neve. Possibile che fosse neve? No, come sarebbe stato possibile trovare una primula in pieno invero recisa su un tappeto di neve?
«Le ho detto di sedersi, immediatamente!» Sollevai la testa distesa all'indietro per seguire la voce dell'hostess chiaramente infastidita. Chi poteva essersi alzato in un momento così importante, in piena discesa dell'aereo? Vidi un uomo con un cappotto pesante in piedi davanti alla hostess che si era tolta la cintura visibilmente infastidita. Poi la loro conversazione cessò di colpo. I loro occhi mi trovarono e l'hostess sembrò calmarsi. Lui sembrò quasi chinare il capo in uno sguardo così intenso e cattivo che mi si gelò il sangue. Attorno a me tutti sembrarono non fare caso alla situazione. Possibile che stessero parlando di me? Un vuoto d'aria scosse l'aereo e io staccai lo sguardo da quella scena per inspirare profondamente e afferrare i braccioli del sedile come se fossero capaci di proteggermi da tutto. Un attimo dopo sollevai di nuovo lo sguardo. L'uomo si era riseduto e l'hostess mi sorrise come per tranquillizzarmi.
«Ma chi è?» Mary aveva seguito la scena.
«Non ne ho idea». Non ci pensai oltre, l'aereo sembrava intenzionato a non affrontare in modo dolce quell'atterraggio. Chiusi gli occhi. Ero a un passo da Roma. Forza Mina, ci siamo quasi.
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La primula blu
ChickLitMina ha 23 anni il giorno in cui vince uno stage in Italia, presso il castello Conforti Tassoni, che ospiterà per tre week end di aprile la più famosa asta di libri in edizioni rare degli ultimi anni. Affascinata da un'esperienza che la avvicinerà a...