Capitolo 2

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CAPITOLO 2

Tutti gli esseri umani hanno tre vite: pubblica, privata e segreta.

Gabriel García Márquez

Roma era sospesa in una valle di sole e di calore. Avevo visto centinaia e centinaia di fotografie. L'avevo sognata, desiderata, immaginata, ma niente era paragonabile a quello che adesso avevo davanti agli occhi. Percorrevamo via della Magliana, il cielo azzurro si specchiava su un mosaico di fiori sul lato sinistro sul guard rail e sugli alberi più folti delle case che adombravano. Quando imboccammo il Lungotevere di Pietra Papa il solo nome mi fece sentire romana. Lungotevere. Quante volte avevo letto e sentito questa parola. Tante. Tantissime. Arrivare a piazza Venezia mi fece venire il desiderio di scendere da quel taxi e camminare da sola per le strade di Roma. Volevo sentire quei sampietrini sotto i miei piedi. Volevo sentire le voci della gente. Volevo tutto. Improvvisamente mi sembrava impossibile aspettare.

- Ci siamo quasi - il professor Marti indicò piazza di Spagna. Era quella la nostra prima fermata. Avevamo appuntamento con la professoressa Visconti, docente di Filologia Romana a Tor Vergata. Con lei avremmo proseguito fino al castello Tassoni. Grande amica del professor Marti, Maria Visconti era venuta in America diverse volte per alcuni seminari a cui avevo partecipato. Puntuale e fiera nel suo aspetto, si fece trovare alla fermata dei taxi in piedi davanti alla sua Citröen blu.
- Che piacere che siate qui - Abbracciò il professor Marti con il piacere di chi davvero non aspettava altro.
- Te lo dico io, quei due non me la raccontano giusta... - Mary si avvicinò a me abbassando il tono della voce, per poi fare finta di niente e sorridere abbracciando la professoressa - Che piacere rivederla, professoressa.
- Mary, cara, benvenuta a Roma. - Le sue mani strinsero la borsa di pelle che aveva posato sopra il trolley e riconobbi lo stesso dettaglio che mi aveva colpito la prima volta. Un anello che portava al mignolo. L'anello sembrava avere uno stemma simile a un compasso, ma non era quello che avevo visto in giro. Aveva qualcosa di diverso.
- Mina, benvenuta anche a te, va tutto bene? - Guardò il suo anello e poi si fermò sui miei occhi, seria. Non aveva gradito che avessi soffermato lo sguardo.
- Benissimo professoressa, sono solo un po' stanca per il viaggio - Distolsi lo sguardo, ma il pensiero rimase lì. Dovevo scoprire cosa rappresentava quell'anello, forse era un legame con la discendenza della sua famiglia. Il professor Marti ci aveva raccontato di una visita in un castello della Loira, da anziani parenti della Visconti.
- Bene, è meglio andare adesso. I Tassoni non amano ingressi fuori dagli orari consentiti. È meglio muoversi. 
- I Tassoni non sembrano molto ospitali da quanto dice, professoressa - Salimmo in macchina mentre Mary sembrava perplessa.
- Diciamo che non amano la confusione.
- Perché organizzano tutto questo allora?
- Per il prestigio - Intervenni quasi senza pensare.
- No, ti sbagli Mina. Il prestigio che hanno i Tassoni va molto oltre il loro titolo nobiliare. E puoi trovarlo in ogni cosa a Roma, perfino sulle pietre del Tevere.

Restai in silenzio. Non risposi. Non dissi nulla. C'era qualcosa nella professoressa Visconti che tradiva più di una semplice ammirazione verso una delle famiglia più antiche di Roma. Mi ripromisi che avrei indagato anche su quello. Le pietre del Tevere

Viaggiammo per almeno cinquanta minuti e mi sembrò un'attesa infinita. Ero stanca dopo il viaggio e il cambiamento dell'ora si faceva sentire. Ma tutto cambiò, in un attimo. Alberi, cielo, storia, scultura e architettura. Niente di quello che avevo vissuto mi aveva preparato a quello che stavo vedendo. In prospettiva una nuvola di folte chiome di alberi su cui sembrava posata come senza tempo, eccola, la residenza dei Tassoni. Eravamo arrivati. Stavo per varcare la soglia di un castello che avrebbe cambiato la mia vita, distrutto le mie certezze e creato una Mina che non credevo di conoscere.

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