Capitolo 4

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Gli sembrava così bella, così seducente, così diversa dalla gente comune, che non capiva perché nessuno rimanesse frastornato come lui al rumore ritmico dei suoi tacchi sul selciato della via, né si sconvolgessero i cuori con l'aria dei sospiri dei suoi falpalà, né impazzissero tutti d'amore al vento della sua treccia, al volo delle sue mani, all'oro del suo ridere

Gabriel Garcia Marquez

La stanza che mi avrebbe ospitata si trovava al primo piano. Credevo che l'avrei divisa con Mary, ma non fu così. Diversamente da quello che ci avevano detto quando avevamo organizzato il viaggio, ognuno aveva la sua camera e questo mi diede ancora di più la misura della grandezza di quella dimora. Avere una stanza tutta per me sarebbe stato piacevole se non fosse stato per il fatto che quel posto mi metteva soggezione. Era come se fossi immersa in una pagina della storia, catapultata decenni prima del tempo che stavo vivendo. Il soffitto della camera era altissimo e dipinto con colori delle sfumature del blu. Mi trovavo pur sempre in un palazzo del 1500 e sentivo il peso di ogni vita passata fra quelle stanze. Il letto era alto e freddo, se mi fossi sdraiata mi sarei addormentata di sicuro e non volevo, dovevo resistere, altrimenti la differenza di orario avrebbe avuto il sopravvento e non mi sarei ripresa per almeno un paio di giorni. L'armadio era antico e l'odore di lavanda si sposava al freddo di un dipinto che non riuscivo a decifrare. Il dipinto immortalava una giovane donna vestita di blu, stesa su una panchina di pietra davanti a un tramonto dai colori troppo freddi. Non sembrava avere un senso particolare, ma la donna aveva una mano che penzolava dalla panchina e sulla roccia accanto a lei c'era un anello. Il disegno era scolorito e non si vedevano i dettagli di quell'anello. L'unica cosa chiara era la forma del sole e i raggi disegnati in modo troppo intenso, poco reale. Non sapevo perché, ma quel quadro non mi piaceva, anzi, avrei voluto toglierlo dalla parete e nasconderlo dietro l'armadio per tutta la durata del mio soggiorno. Decisi di resistere. Ero un'ospite, e presto non ci avrei più fatto caso, o almeno questo era quello che credevo.
La cosa positiva di quella camera era il balcone. Spalancai le persiane. Mi ero sbagliata. Non era un balcone. Era molto di più. Un terrazzo, un davanzale corteggiato da rampicanti e una vista che mi lasciò senza fiato. Quello fu il primo momento in cui tirai un sospiro di sollievo e per un attimo tornai a sentirmi eccitata da quella esperienza, proprio come era accaduto dal giorno in cui avevo saputo che sarei partita. Il cielo, le colline, le nuvole, gli alberi, il mondo che avevo sognato era lì, abbandonato ai miei occhi.

-  Mina? - Bussarono alla porta. Mary entrò richiudendola e parlando sottovoce - Non immagini chi ho visto? - mi raggiunse e si sedette sul letto.
- Chi?
- Il curatore dell'asta. Un tipo assolutamente incredibile.
- Mary! Siamo qui da un'ora appena e hai già perso al testa per qualcuno? - Mi faceva sorridere il suo entusiasmo e mi sarebbe piaciuto essere come lei. Innamorarmi per me era impossibile. Non avevo posto nel cuore o, forse, ero proprio incapace di amare.
- No, dico davvero. Ha l'aria così.... così strana, affascinante. Capelli biondi, lisci, appena pettinati con il gel.
- Gli hai fatto la radiografia?
- Oh, no, molto di più. Ecco qui... - tirò fuori un bigliettino da visita con i riferimenti del curatore dell'asta.
- Jasper. Non posso crederci, gli hai chiesto tu il biglietto?
- Per chi mi hai preso? - Si alzò fermandosi davanti allo specchio e sistemandosi i capelli. Poi si voltò facendomi l'occhiolino - Gli ho solo detto che siamo qui da poco e che avevamo bisogno di un riferimento per il nostro stage.
- Mary!
- Dai, non essere sempre razionale. Siamo in Italia, la terra dell'arte, della passione, dell'amore - Mi diede una gomitata - Scommetto che perfino una come te non resterà immune a tutto questo.
- Ti sbagli, non c'è niente che riguardi l'amore che possa interessarmi, non perdiamo tempo inutile. Vieni con me - La portai sulla terrazza.
- Wow, ma è meraviglioso!
- Da te non è così?
- È molto più piccola e divido la stanza con una ragazza portoghese che arriverà fra poco.
- Dividi la camera? Ma che senso ha? Perchè non ci hanno messo nella stessa camera? Perchè io sono da sola in questa stanza?
- Beh, io non mi lamenterei troppo... - Aprì le ante dell'armadio misurandone la grandezza - Credo che sia una stanza speciale, forse c'è stato un errore nella divisione delle camere. Possiamo provare a chiedere se spostano l'altra ragazza qui, così tu ti trasferisci nella mia.
- Perfetto, sì, questa è un'ottima idea, vieni, scendiamo... - Mi avvicinai alle persiane per chiuderle, ma notai qualcosa sul davanzale. Mi avvicinai. Era un petalo blu. Era chiaro che non facesse parte dei rampicanti, perchè non c'era un colore diverso dal verde su quel balcone. Eppure prima non c'era. Ne ero sicura.
- Che succede? - Mary si avvicinò a me.
- Niente. Non c'era prima - Le mostrai il petalo.
- È solo un petalo, Mina, non starai diventando paranoica? L'avrà portato il vento.
- Già, l'avrà portato il vento - Ma non ne ero convinta, anche se non sapevo darmi una spiegazione.

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