(CREDITI A @hugmejameshoran )
Nonostante la mancanza di buon senso, tornai di nuovo. Avendo impegni di studio il venerdì e il sabato con James e Tiff, mi sarebbe piaciuto tornare a casa la domenica. Tiff si era lagnata dicendo che mia mamma si era ammalata per me. Ma non era davvero mia madre che stavo andando a trovare.
Il mio ginocchio non riusciva a smettere di saltellare, muovendosi per l’eccitazione. Era una strana combinazione di sentire le farfalle nello stomaco, altrettanto confuse come me. Le loro ali battevano contro le mie viscere, non appena vidi Harry aprire la porta ed uscire a grandi passi. Era una missione.
“Scemo!”
Era diverso quella sera, più attento, in guardia intorno a lui. Mi sedetti di nuovo dietro, guardandolo dagli spazi sfuggenti tra le persone di fronte a me. Non ci fu spettacolo finché non entrò nel ring, il presentatore stava annunciando Harry, quando quest’ultimo non gli diede tempo di farlo. Il cappuccio nero fu tirato giù, e l’eccitazione di Harry per la folla era stranamente alta. Di solito non guardava oltre il proprio avversario, ma quella sera non si era nemmeno soffermato su di esso. C’era un nodo caldo nello stomaco, quella sensazione che si prova prima di essere trovati a nascondino.
Harry dà un’ultima occhiata alle facce intorno a lui, prima che il presentatore lasciasse i due pugili sul ring. Si fermava di tanto in tanto, osservando la gente, si spingeva contro le corde al fine di scrutare meglio la stanza e riconoscere qualche faccia. Stava cercando qualcuno.
Purtroppo non riuscivo a vedere chiaramente il suo volto; se potevo, avrei sperato di capire i suoi pensieri. Mi sedetti avvolgendomi non appena la lotta iniziò, gli applausi avevano intervalli con gli insulti o affermazioni deluse. Non avrebbe dovuto ascoltarle. La situazione era simile a quella di un animale in quarantena, con le persone che si alzavano per far aumentare il ritmo di violenza, per sentire il ruggito del pugile, dell’animale. Harry questa volta non avrebbe morso.
L’inchiostro dei tatuaggi sul suo braccio era macchiato, lo stesso braccio che usò per difendersi e poi attaccare. Non doveva solo difendersi da pugni, gomitate e spallate, Harry doveva anche stare attento a difendersi dalle ginocchiate. Lanciò un gancio destro, come a sfidare l’attacco di poco prima e poi colpire con un calcio la coscia dell’avversario.
Ero ancora sbalordita dalla serie di colpi, l’abbandono di tutte le regole, senza schemi. Tutto quello che dovevano fare era mandare a terra l’avversario, in qualsiasi modo possibile, a quanto pareva. Harry sapeva tener testa a questa nuova forma di combattimento che non aveva nessuna dotazione protettiva, nonostante ce ne fosse bisogno. Ogni colpo eccitava il pubblico, assetato di vedere il campione fornire un ko spettacolare.
Harry mandò l’avversario a terra, avvolgendolo con la gamba destra per poi afferrargli la parte posteriore del ginocchio. Si accasciò in avanti, sbattendo il mento sul pavimento duro, prima di girarsi dimenandosi sulla schiena. Lo sentivo per lui, le azioni del suo corpo schiacciato in quella posizione. Gli avambracci a proteggere la faccia mentre Harry lo sormontava. I suoi capelli erano raccolti in una bandana, una sola distrazione e finì sul suo volto. Ma le distrazioni non sembravano aiutarlo. Sia Harry ed io, insieme agli altri, eravamo attratti dal putiferio del bar. C’erano già degli uomini che cercavano di portare ordine nella rissa che si era accesa. Un uomo con le manie di grandezza voleva rivendicare la vittoria a un uomo ubriaco. Scossi la testa con disapprovazione come farebbe uno scettico con se stesso.
Tornando al ring, Harry si era messo al lato dello sfidante prendendo posizione sopra ai suoi piedi. Era in ginocchio, ed io non riuscivo a capire cosa succedesse per quanto si muovessero i tavoli. Non c’era pietà, e vidi perfettamente come l’avversario si preparava al colpo di Harry sulla spalla, già dolorante. Il braccio destro di Harry si fermo all’ultimo momento. Mi rimetto nel mio posto con il cuore che batteva nelle orecchie, spingendo freneticamente le persone di fronte a me. Quattro secondi, cinque? Non ero sicura, ma erano pochi secondi. Harry era l’unico in piedi.