Capitolo VI: Conferme

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Capitolo VI: Conferme

Dora rimase perfettamente immobile per svariati secondi.

La fidanzata di Trevor?

No, si disse, lei conosceva Trevor: era impossibile che lui non gliene avesse parlato, che le avesse detto di amarla e l'avesse portata a letto senza dirle di essere fidanzato.

Questa tizia era sicuramente una millantatrice.

Aprì la porta con espressione temporalesca.

"Non le credo", disse seccamente, "Se ne vada subito."

"Non mi crede?", l'altra rise, beffarda, "Allora forse crederà a questo."

Frugò rapidamente nella borsetta – che esibiva la griffe di Gucci – e ne estrasse un iPhone pieno di Swarovski, vi armeggiò qualche istante ed infine le mostrò lo schermo.

Trevor, senza barba, che l'abbracciava strettamente.

Dora sentì un colpo al cuore, ma sapeva che c'era una spiegazione semplicissima.

"Per il suo lavoro, Trevor si spupazza molte donne", disse con un'alzata di spalle, "Una foto così non dimostra proprio un bel niente."

Sylvia Nightingale... l'aveva già vista, ne era sicura.

La stangona bionda strinse le labbra accuratamente truccate con un rossetto color pesca. Tornò ad armeggiare sul cellulare, poi glielo porse con un'altra immagine, che la mostrava mentre baciava appassionatamente Trevor, sempre sbarbato.

Dora sentì una stretta al cuore ancor più dolorosa della prima; ostinatamente, si aggrappò alla spiegazione precedente.

"Potrebbe essere un photoshoot qualsiasi", disse, senza sapere da dove le usciva la voce ferma che stava usando, mentre dentro si sentiva tremare come una foglia, "Lei è una fotomodella, proprio come Trevor, no?"

L'aveva infine inquadrata: era una modella di intimo, che aveva visto svariate volte sulle riviste di moda. A dire il vero, però, da qualche tempo non compariva più.

"Sei proprio ostinata!", sbottò Sylvia, chiaramente indispettita e passando ad un'arrogante apostrofe famigliare, "Allora guarda qua!"

Si tolse il guanto sinistro, poi quasi si strappò l'anello che portava al dito – una semplice vera, forse d'argento o forse d'acciaio, adorna di alcuni zirconi – e le mostrò la scritta all'interno: Sylvia e Trevor; seguiva una data dell'anno precedente.

"Il giorno in cui ci siamo messi insieme", dichiarò Sylvia in tono trionfante.

Quella era una prova apparentemente inconfutabile. A Dora cominciò a girare la testa.

"Va bene", disse, faticando a respirare, "Che cosa vuoi?"

"Mi sembra ovvio", sibilò l'altra, "Voglio che lo lasci in pace!"

"E se lui non volesse?", ritorse Dora, rianimandosi, "Se ti ha fatto cornuta con me, avrà avuto i suoi motivi", aggiunse velenosamente. Non era da lei comportarsi così, ma era stata l'altra a cominciare e lei si stava difendendo come meglio poteva.

"Certo: avevamo litigato e quando succede, ogni volta lui va in cerca di consolazione", disse Sylvia con un sorrisetto cattivo, "ma poi torna da me, sempre, perché non riesce a fare a meno di me."

Per alcuni istanti interminabili, Dora si sentì incapace di muoversi. Il cervello era andato in loop e continuava a girare su quelle parole: lui torna da me.

Lui torna da me.

Da quella stangona bionda, infinitamente più bella di lei.

E più giovane. Come lo era stata la nuova fiamma di Harry.

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