She loves you

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L’uomo col cappello da cowboy sul palco uscì finalmente fuori da dietro la colonna dove si era nascosto. Fra le braccia stringeva un piccolo ukulele di legno chiaro ed i dettagli in nero. Sfiorò leggermente le corde, e queste vibrarono in leggere note acute e meravigliose. Avevo sempre adorato il suono dell’ukulele. Non appena lo vidi e lo sentii suonare quello strumento, però, venni percorsa da un’infinità di brividi.

Erano poche le canzoni dei Beatles facilmente rifacibili con quello strumento così fuori dal comune. E per un attimo ebbi il terrore che stesse per fare una cover di quellacanzone.

Allie si preoccupò ben poco della mia faccia semi sconvolta, e anzi si alzò di nuovo dal suo posto per raggiungere Mic che era già in piedi ad attenderla per un altro ballo. Erano incredibili: non avevano la minima idea di che canzone stesse per partire, eppure loro erano già pronti per scatenarsi. Ma se le mie paure erano fondate, quello non era affatto il brano giusto per scatenarsi.

Finalmente il tipo sul palco iniziò a suonare. E le mie paure si trasformarono in realtà.

Mi portai le mani sul viso, leggermente scossa. Non avevo un vero motivo per essere terrorizzata da quella canzone, se non il fatto che ad ogni ascolto iniziassi a piangere come una bambina. Erano anni che provavo a capirne il perché, ma sempre con scarsi risultati. Forse era colpa di quelle note così dolci, di quelle parole così cariche d’amore e di sentimento che ogni volta mi arrivavano dritto al cuore, provocandomi non pochi scompensi.

Something in the way she moves

Attracts me like no other lover

Proprio come immaginavo, i miei occhi non impiegarono molto tempo a diventare acquosi.

Distolsi lo sguardo, lievemente appannato, dai due ballerini. Sinceramente non m’importava molto di loro due, in quel momento. Per un attimo la mia priorità fu quella di non sembrare una perfetta idiota che piange senza motivo per una canzone romantica.

“Hey, tutto ok?”

Ecco, appunto: missione fallita.

Mi asciugai velocemente gli occhi con le mani e mi voltai verso il ragazzo al mio fianco, annuendo velocemente e sorridendo il più sinceramente possibile. Avevo sicuramente appena fatto una delle peggiori figuracce sulla terra, e non me lo sarei mai perdonato.

“Sì, sì, certo. È che…” ma non riuscii a terminare le mie insulse giustificazioni, perché il ragazzo si alzò dalla sedia e mi si fermò di fronte, fissandomi negli occhi. Venni scossa da un brivido, ma la canzone non c’entrava stavolta.

Mi porse una mano, che rimasi a fissare per qualche secondo prima di tornare a guardarlo in viso, non capendo le sue intenzioni. Mi sorrise, cordiale.

“Non c’è bisogno di essere grandi esperti per poter ballare questa canzone, non credi?” si giustificò, scrollando le spalle.

Non potei fare a meno di sorridergli, incerta ma inspiegabilmente felice. Gli porsi la mia mano tremante e quello la strinse, aiutandomi ad alzarmi. E non lasciò affatto la presa, mentre mi conduceva a grandi passi verso il piccolo spazio libero sotto al palco. Ogni più piccolo spazio di pelle a contatto con la sua mano fredda mi lanciava piccole scosse elettriche che mi percorrevano lungo tutto il braccio, per giungere poi all’intero corpo. Era una sensazione strana, nuova. Ma meravigliosa.

Ci fermammo al centro della pista, poco distanti da dove Mic ed Allie stavano volteggiando sinuosamente. Io, dal canto mio, mi sentivo una statua di gesso, pietrificata in quel punto ed incapace di muovere qualsiasi passo.

“Non so cosa…” iniziai, ma con uno “sssh” interruppe di nuovo il mio discorso sconnesso e lamentoso.

“Non devi fare niente, solo lasciarti andare alla canzone e farti guidare da me, ok?” pronunciò in un soffio. Il suo sorriso era molto più convincente di mille parole, ed annuii senza troppi ripensamenti.

Please, please meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora