The end

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Oh yeah, all right

Are you gonna be in my dreams tonight

 

Rimasi a quel tavolo a parlare con Jay per gran parte della serata, almeno finché non iniziò ad arrivare tanta gente. Il pubblico in visibilio era il chiaro segnale che Jay sarebbe dovuto esibirsi presto, motivo per cui mi lasciò da sola per poter raggiungere i suoi amici nel backstage.

Ogni minuto che passava era un ammontare incredibile di persone in più che entravano nel locale per prendere una birra e precipitarsi il più vicino possibile al palco. In tutta onestà non avevo mai sentito nominare la band di Jay e Mic ma, a quanto pareva, era parecchio famosa in città.

Notai Tony entrare nel locale, raggiante, e sedersi sullo sgabello di fronte al bancone del bar per poter avere una visuale completa del palcoscenico. Era buffo: avevo considerato quel ragazzo colui che mi aveva portato via l'amore, ero arrivata addirittura a detestarlo, quasi, ed ora vederlo lì, con quell'enorme sorriso innamorato a stampargli il viso, mi scombussolava in modo positivo. Non avevo mai visto nessuno sorridere in quel modo per qualcuno che ancora non era stato visto, non avevo mai visto più grande amore di quello che si leggeva negli occhi di Jay quando parlava di lui.

A mente fredda, finalmente estranea a quella insopportabile situazione, potevo sicuramente affermare che quella fosse una delle coppie migliori che io avessi mai visto in vita mia.

"Per me il vero amore è questo: poter essere innamorato anche di mille persone diverse, passare del tempo con loro, ma comunque pensare ad una sola persona come compagnia per il resto della vita" quelle parole rimbombavano ancora nella mia mente. Forse Jay aveva ragione, forse il vero amore era davvero questo perché io, negli occhi di entrambi, vedevo solo quello: amore, quello vero. Quello che avevo sempre sognato ma che mai avevo raggiunto per colpa delle mie stupide ossessioni.

 

Love you, love you

Love you, love you...

 

Quando vidi entrare Allie nel locale, le feci cenno di sedersi al tavolo con me. Da quel posto avevamo entrambi un'ottima visuale sugli artisti.

"Come è andata?" mi chiese senza nemmeno salutarmi, sedendosi pesantemente sulla sua sedia di legno scuro.

"Bene, davvero. Niente più questioni in sospeso... È questo l'importante, no?" le risposi sorridendo, lasciandola lievemente perplessa.

"L'importante è che tu sia felice, Em, nient'altro” mi sorrise infine, convinta dalla mia espressione che lasciava ben poco spazio all’immaginazione.

Quella giornata iniziata in quel modo paurosamente neutro e grigio si era trasformato in un giorno quasi felice. Probabilmente ero una delle uniche al mondo a sentirmi in quel modo dopo un risvolto simile della situazione. Non avevo trovato il mio principe azzurro, non avevo un lieto fine alla ‘E vissero per sempre felici e contenti’. Forse in quella situazione c’era anche dell’amaro rimasto in bocca. Eppure io ero davvero felice.

Non avevo più questioni in sospeso, non avevo cancellato dalla mia vita quel ragazzo che adoravo e al quale avevo iniziato a volere davvero un gran bene. Forse anche quello era amore, chissà, ma in modo diverso. Ero libera da me stessa e dalle mie stesse inibizioni, ero pronta a vivere la mia vita nel modo in cui mai l’avevo vissuta. Ovviamente non sarei diventata spigliata come Allie, ma avrei imparato a migliorarmi pur rimanendo fedele a me stessa.

Che poi, dopotutto, anche Allie era cambiata: la vedevo ora osservare impaziente il palco in attesa che il suo principe azzurro dalla folta barba uscisse dalla porta del backstage per iniziare la sua esibizione. Non si era mai legata in modo simile ad un ragazzo, e questo lato romantico e non più unicamente seduttore di lei ci aveva legate ancora di più.

Quando le luci si fecero più soffuse e i ragazzi salirono sul palco, si alzò un boato di applausi al quale ci unimmo anche io e la mia amica.

La band iniziò la sua esibizione con una cover di Hard Day’s Night che cantai a bassa voce. Erano un gruppo con tre chitarre, una batteria e una tastiera, una voce solista e tanti cori. Quando iniziarono le loro canzoni inedite non era difficile cogliere l’influenza che i Beatles avevano avuto sulla loro musica. Erano orecchiabili, ritmici, in grado di farmi battere i piedi a terra a ritmo e ciondolare la testa a destra e a sinistra. Erano bravi. Tanta gente fra il pubblico conosceva le parole e li accompagnava in un coro delicato e perfetto.

“Il tastierista non è male, vero?” mi chiese Allie, ridacchiando. Lo guardai per un attimo, per poi voltarmi verso la mia amica e “Hai ragione, niente male” le risposi sorridendo. Non m’importava più di darle ragione, di fare complimenti insieme a lei. Quel muro distrutto mi aveva liberato molto più di quanto credessi.

Il concerto durò un paio d’ore. I cinque sul palco alternavano le loro canzoni con quelle del quartetto di Liverpool, rendendo la loro intera esibizione una variegata mescolanza di musica e di suoni di tutte le età.

“Questa è la nostra ultima canzone” annunciò Jay, sorridendo appena. “E’ la nostra ultima creazione, sicuramente non la riconoscerete. Non è difficile mantenere il ritmo, in ogni caso, quindi, se volete, aiutateci battendo le mani a tempo, d’accordo?”. Tutti urlarono, chiaro segno d’assenso.

“Bene, noi vi diamo la buonanotte. Questa canzone si chiama Emma”

 

And in the end, the love you take

Is equal to the love you make

Please, please meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora