Un nuovo inizio -capitolo 1

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"È dura la vita da professoressa!" continuo a ripeterlo, ma d'altronde sono stata io a sceglierla. Non ne sono per niente pentita perché amo il mio lavoro. Lo spagnolo è una lingua che mi ha da sempre affascinata, e adesso ho la fortuna di insegnarla alle scuola superiori. Prima a Madrid, il luogo in cui sono nata, e adesso che mi sono trasferita a Barcellona insegno qui.
Ho una storia un po' strana ma molto bella: Madrid è il mio luogo di nascita, ma fino a tre anni fa, sin da piccola, ho vissuto in Italia, ed è per questo che mi sento praticamente italiana.
Mi preparo per il mio primo giorno di lavoro a Barcellona, vestendomi in modo elegante. Prima di fare la mia prima ora ho il colloquio con il preside e vorrei dare una buona impressione. Si, elegante, ma non troppo, non mi piacciono le cose troppo appariscenti.
Arrivo a scuola e un uomo di circa trent'anni, mi viene incontro.
<salve, sono il preside di questa scuola, García, Nathan García. Lei dev'essere Sofia, la nuova insegnante, giusto?>
<si, sono io.>
<prego, si accomodi.> entriamo nell'ufficio.
Non nascondo che è un bellissimo ragazzo: capelli castani, occhi verdi, altissimo e un buonissimo profumo, uno di quelli delicati, non fastidiosi e che lasciano la scia, insomma... proprio bello!
Dopo aver parlato mi porge un foglio.
<bene, questo è l'orario, come vede ha la prima ora in 4b> mi fa notare indicando. <le auguro una buona giornata e se dovesse avere problemi, si rivolga pure a me.>
<grazie, altrettanto>
La scuola è immensa e la mia unica domanda è "dov'è la 4b?" Fortunatamente vedo una bidella a cui chiedere; che cosa imbarazzante, la classe è proprio di fronte a me, iniziamo bene il primo giorno.
<buongiorno ragazzi, sono Sofia, la vostra nuova professoressa di spagnolo. Penso che in questa lezione perderemo un po' di tempo, visto che devo imparare i vostri nomi.>

Alla fine dell'ora esco per dirigermi in un'altra classe, e vado a sbattere contro un ragazzo, cadendo.
<ahh, che male! Ma fai attenzione quando cammini!> comincia ad imprecare in spagnolo. A quanto pare gli ho quasi ucciso la mano con il libro.
<mi scusi, io... davvero, sono mortificata.> gli dico cercando di scusarmi.
Non mi risponde ma comincia a squadrarmi.
<mi scusi ancora, sono proprio distratta, non volevo...>
<la prossima volta magari guarda avanti!> mi dice arrabbiato. <tu dovresti essere quella nuova, giusto?> mi chiede.
<si, sono io, so che non è un buon modo di presentarsi.> rispondo imbarazzata. <piuttosto aiutami ad alzarmi, no? Poi datti una calmata! Prendi una camomilla.>
<e tu signorina dammi un cerotto, mi sono fatto male anch'io.> mi dice indicandomi il graffio sulla mano causato dal mio libro. <io sono Alvaro, il professore di musica.> mi dice aiutandomi ad alzarmi.
<io mi chiamo Sofia, sono la prof di spagnolo.> rispondo.
Purtroppo devo dire che è bellissimo, niente da fare, anche se comunque è stato molto sgorbutico.
<senti, avresti un cerotto?> mi domanda. Ma per chi mi ha presa? Per un'infermiera? Ok, in realtà li ho sempre con me.
<si...> dico tirandone fuori uno dalla borsa. <signor Alvaro.> rispondo scandendo il suo nome.
<che c'è?> mi domanda spaesato.
<oh, nulla...> rispondo. Non ho voglia di prolungarmi a parlare con lui, non ne ho voglia.
ALVARO
Andando verso l'aula di musica per la lezione successiva, una ragazza viene a sbattere contro di me e cade. Ho sparato tante di quelle parolacce, poi appena ho alzato lo sguardo... si, è incantevole: gli occhi immensi marroni e quei bellissimi capelli biondi e lunghi... è proprio bella e credo di averle dato una brutta impressione su di me.

SOFIA
Che figura... chi va a sbattere contro un altro professore cadendo? Io, ovviamente. Dalla faccia mi sembra una persona piuttosto perfettina e maleducata, quasi voleva uccidermi! Mi sembra così antipatico. Sarà anche un bel ragazzo, però non sembra un tipo che mi piacerebbe frequentare.
All'intervallo mi dirigo verso il bar con la speranza di non rivederlo, ma purtroppo vedo che si sta dirigendo anche lui verso il bar.
<chi si rivede.> mi dice Alvaro venendomi incontro.
<Ehi...> rispondo. <Ehm, come va la mano?> chiedo ridendo.
<meglio. Ho messo il cerotto.> mi risponde serio come non so cosa.
<scusa ancora, sono proprio distratta.>
<oh, non importa...> mi risponde, anche se in realtà mi sembra ancora molto arrabbiato.
Dopodiché ci mettiamo a parlare del più e del meno. In tutta la conversazione non ha ne riso e ne sorriso. Credo che ce l'abbia con me.

ALVARO
Ok, lo ammetto: mi sono arrabbiato tantissimo e sono consapevole di averla fatta sentire uno schifo, ma comunque, quando ha alzato lo sguardo sono rimasto folgorato e mi ha fatto dimenticare tutto. Parlare con lei è stato bellissimo, anche se penso che per lei non sia stato così. Comunque in pochi secondi è riuscita a conquistare il mio cuore.
<avrà Instagram? Spero di incontrarla più spesso nei corridoi...> mi metto a pensare... ad alta voce, mi fa notare il preside.
<chi? Alvaro sta pensando ad alta voce, se n'è accorto?>
<oh, beh, cioè... sa, quando si rimane folgorati, non ci si accorge neanche di quello che si fa...>
<capisco... ne so qualcosa...>

SOFIA
Torno a casa, mi metto a guardare Instagram e mi ritrovo una richiesta: "Alvaro Soler desidera seguirti." Evidentemente si è informato sul mio nome e cognome ed è andando a cercarmi, con la tecnologia di oggi è un gioco da ragazzi. Così accetto e mi metto a sfogliare le sue foto. Mi soffermo sulla didascalia dell'ultima foto, pubblicata esattamente un'ora fa: "se una persona ti è piaciuta dal primo momento che hai incrociato il suo sguardo, fidati, non smetterà mai di piacerti." Non saprei a cosa pensare, certo potrebbe essere dedicata a chiunque, però sono rimasta colpita come se sotto ci fosse scritto il mio nome. Non credo di essere io, anche perché oggi voleva praticamente uccidermi.

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