Capitolo 1

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Era una semplice giornata d'inverno.

Le foglie secche cadevano dagl'alberi, trasportate del vento freddo che regnava in quei giorni piovosi.

Mi strinsi maggiormente nei miei vestiti larghi da semplice fattorino. Avevo addosso solamente una semplice t-shirt bianca con striature verticali rosse, un paio di pantaloni con lo stesso motivo e un cappello nero con scritto sopra "Fai da te" in rosso.

Le braccia scoperte iniziarono a rabbrividire a causa dal venticello gelido che tirava.

Le mie gambe cercavano di acquisire calore pedalando il più velocemente possibile. Sfrecciavo sull'asfalto in direzione del negozio dove lavoravo par-time.

Non ero in una situazione economica troppo buona; mio padre era scappato di casa lasciandoci un sacco di debiti da pagare e mia madre dopo la troppa fatica se ne era andata così io iniziai a lavorare precariamente per vari alberghi e bar, fino a che non riuscii a trovare quest'ultimo lavoro.

Dato che non potevo permettermi di andare a scuola mi dovevo sostenere pur in qualche modo in questa società. Non che amassi il mio lavoro, ma non mi dispiaceva neanche. Alla fine non era male dover andare in giro per la città a consegnare pacchi. In più non dovevo occuparmi dei lavori domestici.

Tornai a concentrarmi sulla strada e guardai in lontananza l'insegna grande su cui scritto sopra il nome del negozio. Girai a sinistra e frenai di botto, appoggiando i piedi con forza a terra.

Mi fermai proprio davanti all'ingresso, ricevendo così l'attenzione di tutti i passanti per strada.

Un signore sulla mezza età, dalla corporatura tarchiata e dal capo quasi completamente calvo, iniziò ad avvicinarsi nella mia direzione. Aveva sul mento una specie di pizzo ingrigito e un paio d'occhi molto sottili e allungati. Sorrisi alla sua vista.

Lui era il mio capo. In questo momento aveva in mano un pacco dalle enormi dimensioni. Si diresse velocemente verso di me e mi consegnò l'oggetto. Mi guardò da sotto il cappello con il suo solito sorriso stampato in faccia- ti consiglio di prendere un taxi, la destinazione è lontana ed è da tutta la giornata che ti trovi su quella bicicletta; sarai molto stanca-. Io sorrisi di rimando e lo ringraziai.

Mentre si avvicinava all'entrata del negozio si girò nuovamente nella mia direzione- questo è l'ultimo. dopo torna direttamente a casa. L'indirizzo è sul pacco. Buon lavoro-

Io lo salutai con la mano e portai la bici vicino ad un lampione legandogli attorno la catena.

Presi il cellulare dalla tasca dei pantaloni e guardai l'ora. Subito notai che erano le sette di sera. La fame iniziava a farsi sentire insieme alla stanchezza. Mi diedi un leggero schiaffetto e tornai in me "questo è l'ultimo. Dopo hai il resto della serata libera"

Mi guardai in torno e il mio sguardo si andò a posare su una macchina gialla con la targhetta in alto "taxi" fermo davanti ad una casa.

Mi avvicinai pimpante al veicolo e mi affacciai al finestrino. Intravidi dal vetro oscurato una persona dai capelli bianchi, il viso lungo e asciutto scrutarmi coni suoi occhi scuri. Il signore abbassò il finestrino e io iniziai a parlargli- per caso è libero?-. Il signore mi guardò per un attimo titubante e poi mi accennò un sorriso- mi è stato ordinato di venire qui-. Subito mi passò per la mente l'immagine del capo e, sorridente, entrai con tutto di pacco nella macchina. Mi rivolsi al conducente- sa già la via?-. Lui annuì e partì di quarta.

Durante il viaggio riuscì a far uscire qualche parola e qualche risata dalla bocca dell'uomo, che per il resto del viaggio rimase per tutto il tempo in silenzio.

Il conducente si girò verso di me- siamo arrivati-

Io mi affacciai al finestrino e posai lo sguardo sull'enorme edificio in mattoni dipinto di un bianco scarno e ricoperto da rampicanti. Guardai come incantata il giardino da dietro le sbarre del recinto. Al centro era posizionato una fontana in pietra da cui usciva dell'acqua.

Staccai il volto dal finestrino e scesi dalla macchina. Guardarlo da dietro uno specchio e nella realtà era tutt'altra cosa. il giardino sembrava ancora più grande.

Mi girai verso l'autista per dirgli di attendere qualche minuto, ma notai il conducente impugnare con forza il volante e premere a tutta velocità sul pedale.

Io guardai stupefatta quel gesto e dopo appena tre secondo buttai il pacco a terra e iniziai a rincorrerlo da dietro senza riuscita. Più correvo più vedevo l'auto scomparire lontano.

Al minimo delle forze mi fermai e iniziai a imprecare- vaffanculo!- La rabbia si impossessò della mia mente e iniziai a prendere a calci il terreno.

Sentì dei tuoni in lontananza, segno che a breve sarebbe arrivata anche la pioggia. Non potei trattenere un grugnito di rabbia e a passi pesanti mi riavvicinai al cancello della villa.

"che giornata del cazzo!".

Presi con forza il pacco senza fare la minima precauzione al contenuto all'interno.

Iniziai delle piccole gocce affondarmi nel cappello e farsi sempre più pesanti. Di corsa superai il giardino e andai a ripararmi sotto la porta dell'entrata.

sospirai sonoramente "dai, se ti va bene ti fai dare un passaggio dal proprietario"

Bussai con forza senza ricevere però nessuna risposta. Riprovai a bussare ma ancora niente. Quando arrivai a pensare che fosse tutto inutile la porta si aprì con un fastidioso cigolio.

Il timore iniziò a diffondersi nel mio corpo, campanelli di allarme iniziarono ad apparirmi davanti alla vista. Feci un grande respiro e, con il poco coraggio che mi rimaneva, entrai nella villa.

Mi sentivo un intrusa in gabbia. Mi guardai intorno e rimasi a bocca aperta.

Tutto intorno a me era gigante e antiquato, partendo dai divani dell'atrio alle pareti floreali e alle tende rosse ricoperte da un tessuto pesante.

Iniziai a urlare cercando di mantenere salda la voce- c'è qualcuno? sono il fattorino. sono venuta a portare....un...un pacco-

man mano che continuavo la mia voce si affievoliva sempre di più.

"ma in che razza di posto sono capitata"


DIABOLIK LOVERS: Il destino sbagliatoWhere stories live. Discover now