scene five - curse & grace. 2/2

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G62 aveva "posteggiato" la navicella in un piccolo vicolo.
-E se qualcuno la trova?
-Ad un certo orario ritornerà da sola dove l'abbiamo presa. L'ho impostata per farlo. Adesso muoviti, cammina.- iniziammo a camminare nel buio, uno accanto all'altro, io con la sua pistola tra le mani, che iniziavano a sudare.
Non mi disse che intenzioni aveva, stava zitto e camminava semplicemente, palesemente concentrato.
Passo dopo passo, arrivammo presto dove la folla si accentrava.
Lì era difficile non perdere con gli occhi G62, c'era troppa confusione.
Fortunatamente i suoi capelli rossi si distinguevano tra tutte le altre teste simili una all'altra.
Ogni tanto si girava per assicurarsi che io fossi ancora dietro di lui.
Camminare, o peggio ancora correre per me era molto difficoltoso.
I lividi sparsi per il mio corpo facevamo male, proprio come le ferite sul mio viso.
Chissà che faccia martoriata avevo. E con quella stessa faccia in quel momento correvo in mezzo alle persone, schivandole e seguendo quella scia rossa che portava avanti un piano che solo lui conosceva.

Quando d'un tratto vidi la gente allontanarsi tutta in una volta di lato, capii che fu perché si iniziarono a sentire degli spari di fucile. Non era G62. Buttai un occhio verso di lui, che si era appena girato in mia direzione, e sorpreso spingeva le persone che urlavano per avvicinarsi.
Forse era quello di cui parlava G62. La sua brutta sensazione.
Riconobbi gli occhi di vetro di chi sparava: erano UA.
Con quale coraggio iniziavano a sparare in mezzo ai civili?
In mezzo alle persone che spingevano per scappare, a quelle che si coprivano tra gli spari e quelle che urlavano, sentii una mano afferrarmi il braccio forte, tirandomi.
G62 mi tirò senza fermarsi davanti nessuno, finchè non ci trovammo in un angolo appartato delle strade incasinate del centro.
Ancora urla e spari.
-Lo sapevo. Ti cercano. Hanno contattato la BrandCore.- disse, e io non risposi, avevo il fiatone e non riuscivo a parlare.
-Sanno che sei convolto?- lui sembrava avere la mente in un altro pianeta, nemmeno mi guardava e controllava l'orologio, affrettato.
-No, la navicella dovrebbe già essere partita per tornare indietro.- tirò i suoi capelli indietro, ciocche rosse tra le sue dita magre. -hai ancora la pistola?- mi limitai ad alzare la mano che teneva ancora la pistola, come se fossero state incollate insieme.
-Portami alla Special Force Administration.- ma dopo aver parlato pensai subito che potevo benissimo andarci solo, e non avevo bisogno di lui accanto a me. Nonostante quasi ogni parte del mio corpo fosse dolorante e io zoppicassi leggermente. -anzi no. Posso andare solo.
-Non puoi andarci solo in questo momento. Ci saranno soldati ovunque per le strade. Eri un ostaggio importante.- adesso il suo fucile si trovava di nuovo tra le sue braccia. -pensavo che mescolarci in mezzo alla folla sarebbe stato meglio. Ho fallito. Adesso vieni, bisogna fare in fretta.- il suo tono di voce era ancora celere e gelido, come se la mia presenza lo scocciasse, ormai, e volesse semplicemente liberarsi di me.
Così iniziammo di nuovo a camminare.
Cosa lo spingeva ad aiutarmi?
Volevo allontanarlo e farmi uccidere dai soldati che mi cercavano, piuttosto.
Non doveva aiutarmi, dentro di me ne ero consapevole, era sbagliato.
Il mio cuore batteva forte, stanco e bisognoso di una pausa dalla vita e da quello che stavo vivendo.
Presto fummo lontani dalla confusione: anche nelle strade che stavamo percorrendo le luci degli ologrammi perseguitavano le nostre silhouette illuminandole.
I palazzi erano alti e ci circondavano.
Tutto questo contribuiva a creare uno strano gioco di luci; colori e luci, ombre e buio tutti in uno stesso luogo, sembrava di stare dentro un caleidoscopio. 
-Non restare indietro.- disse piano G62, girandosi verso di me mentre il suo fucile tra le sue braccia sembrava inesistente, come se da sempre fosse stato abituato ad averlo, come un braccio o come una gamba.
-Sparerai ai tuoi compagni se dovessero trovarci?- era una domanda lecita: io, dal mio canto, non l'avrei mai fatto. Non avrei mai potuto sparare a Chris o a Jessie, per proteggere lui, uno sconosciuto.
Uno sconosciuto che per qualche strano motivo, sembrava strettamente collegato a me.
Come le calamite, che sono complete solo quando si uniscono, due parti che ne formano una.

encounters - frerardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora