Capitolo 5 Asia

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Asia

Stamattina mi sono svegliata prestissimo, ho passato tutta la notte a rigirarmi nel letto e non ho praticamente chiuso occhio. Non mi sono ancora abituata al caos di Milano, troppi rumori e troppa gente.
Oggi è il mio primo giorno di liceo e sono parecchio in ansia, ho sentito dire che la mia nuova scuola è molto prestigiosa quindi credo che dovrò impegnarmi seriamente.
Visto che è ancora presto  faccio colazione a casa. Prendo dalla credenza le mie gocciole al cioccolato, metto a scaldare il latte e intanto cerco nell' armadio qualcosa di carino da mettermi. Quando sono finalmente pronta esco.

Per fortuna ricordo la strada per andare in segreteria, devo ancora prendere l'orario delle lezioni e farmi dare qualche altra informazione.
Mi avvicino alla scrivania dove siede una donna che compila alcuni moduli, irritata da tutto il lavoro che probabilmente l'attende anche oggi.
<<Salve sono Asia Orlandini la nuova alunna, volevo avere l'orario delle lezioni.>>
<<Ben arrivata Asia. Io mi chiamo Livia, la tua classe è la 1 B secondo piano infondo al corridoio. Qui ce il tuo orario e buona giornata.>> dice sorridendomi.
Sto per voltarmi e andarmene quando mi richiama.
<<Dimenticavo!>> si scusa. <<Dovresti fare un salto dal preside prima di andare in classe.>>
<<Va bene. Da che parte devo andare?>>
<<Uscendo a sinistra.>>
<<Grazie.>>

Perfetto il preside è occupato e adesso?  Non ci voleva, non posso aspettare per tutta la mattina, tra poco inizieranno le lezioni e io odio arrivare tardi.
Busso lentamente.
<<Avanti.>> sento da dire da dentro.
Un uomo abbastanza distinto se ne sta seduto su una poltrona, deve essere per forza lui.  Sembra parecchio agitato, infastidito. Guardandolo  in viso si notano subito delle piccole vene che scattano fuori come se avesse appena urlato contro qualcuno.
<<Buongiorno.>> dico spaventata. <<Scusi il disturbo ma in segreteria mi è stato detto di venire qui.>> spiego.
<<Si. Lei deve essere la nuova alunna giusto?>>
<<Si mi chiamo Asia.>>
Appena pronunciate quelle parole un  ragazzo che prima non avevo notato si alza e si protrae verso di me. Sorpresa riconosco il volto di Zanna che va via sbattendo la porta e senza salutare il preside, non dico me.
<<Non finisce qui!>> urla in tono severo lui.
<<Lo perdoni signorina ha un caratteraccio.>>
Come mai lo giustifica? Forse era qui per il guaio che ha combinato l'altra volta con gli armadietti e lo vogliono punire, oppure ce di più? Ho la sensazione che il preside si riferisse ad altro.
<<Nessun problema.>> dico facendo finta di niente.

Alla fine il preside è stato gentilissimo con me mi ha spiegato che ci sono molti corsi extra interessanti a cui più in là potrò partecipare tipo teatro, danza o canto. La trovo  una bella idea sarà un modo per fare amicizia e imparare cose nuove.
Ancora non riesco a spiegarmi perché Zanna se ne è andato via in quel modo, sapeva che d'ora in poi mi avrebbe vista qui, per fortuna non stiamo nella stessa classe, lui è due anni più grande anche se sarei curiosa di sapere cosa fa durante le lezioni.

Mentre mi allontano a prendere un caffè all'improvviso lo vedo, è appoggiato al suo armadietto e sta fumando. Non credevo si potesse qui davanti a tutti.
<<Ciao.>>
Si gira a guardarmi e sorride spavaldo.
<<Vedo che sei sopravvissuta al lupo cattivo.>>
Chi sarebbe il preside? Non mi è sembrato per niente, anzi.
<<Ti spaventa?>> lo provoco.
<<Per niente. >> risponde serio.
<< Che cosa hai combinato per essere finito lì?>>
<<Niente.>> risponde secco.
<<Non si va a finire dal preside per niente.>>
<<Fatti miei okay?>>
<<Ok.>>
<<Qui ti permettono di fumare?>> chiedo.
<<No.>>
<<Allora perché tu lo fai?>>
<<Perché io me ne sbatto delle regole.>>
<<Ma così finirai un altra volta dal preside.>>
<<Non mi importa.>>
<<Ti ha solamente sgridato o..?>>
<<Ma la smetti di fare domande? Caspita sei proprio un impicciona tu!>>
<<Scusa.>> brontolo. <<Cercavo di aiutarti.>>
<<Non mi ha sgridato e comunque non sarebbe la prima volta. Ci urliamo contro da sempre ormai. >> racconta tranquillamente.
Non capisco.
<<Da sempre.>> ripeto. <<Che vuoi dire?>>
<<È mio padre.>>
Cosa? Suo padre? È assurdo..
La mia faccia deve averlo sconvolto perché mi guarda come se stesse aspettando un altra delle mie solite domande. Ma stavolta non so davvero che dire.
<<Non ne avevo idea.>>
<<Meglio, quindi bada a tenertelo per te.>>
<<L'avrei fatto comunque. Non sono una che va a raccontare i fatti degli altri in giro.>>

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