Capitolo 1. Parte: 1/3.

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Sehun.

Esistono poche cose in grado di distruggere lo stato di grazia in cui uno si trova dopo il sesso.
Essere colpiti alla tempia da un paio di nocche che sembrano avvolte in una guaina d'acciaio, decisamente, è al primo posto della lista. La potenza del colpo mi fece fischiare le orecchie e quasi mi staccò la testa. Avrei reagito, ma un montante mi aveva già sparato il mento all'indietro e sbattuto il cranio contro il muro alle mie spalle. A quel punto vedevo le stelle e buttavo giù sangue. Tizi come quello non sono mai particolarmente interessati a un combattimento ad armi pari, ma, a ogni modo, prima o poi avrei recuperato le mie facoltà mentali e gli avrei fatto passare l'inferno. Sputai una boccata di sangue e presi la sigaretta che mi stava offrendo il tipo da cui ero appena stato colpito.
《È parecchio che non ci si vede, Hun》.
Mi toccai la mandibola con la mano, muovendola a destra e a sinistra per vedere se era rotta. Niente ti rovina il buonumore del dopo orgasmo come ritrovarti con un branco di idioti incapaci. Quello, e il pensiero di perdere qualche dente.
《Come hai fatto a trovarmi?》,
dissi, sputando la frase insieme a una boccata di fumo e appoggiandomi al muro esterno del condominio da cui ero appena uscito. Il sapore acre e metallico del sangue mi pizzicava sulla lingua. Sputai una seconda boccata, assicurandomi che un po' di sangue schizzasse sulla punta delle scarpe del mio assalitore.
《Cinque anni è una bella astinenza》.
Sollevò le sopracciglia e contrasse le mani - per esperienza personale, sapevo che quelle mani erano in grado di fare ben di peggio di una ripassatina come quella.
《Niente donne o uomini, niente alcol, niente coca, niente macchinoni, e tutti che se ne fottono di te. Ti conosco, ragazzino; sapevo che appena uscito saresti venuto a farti una scopata. Avevo avvisato Lisa di farmi uno squillo appena ti avesse visto alla sua porta》.
Aveva torto. La prima cosa che avevo fatto era stata impugnare il volante. Certo, avevo usato la macchina per portare il culo a casa di una che sapevo al cento percento che non avrebbe detto di no, però il punto era: un bel giro in auto aveva la precedenza sul sesso.
《Quindi ti sei voluto assicurare personalmente che il mio ritorno a casa fosse una vera merda?》
《Se conosco Lisa, e la conosco eccome, hai ben poco da lamentarti》.
La muta di teppisti che lo accompagnava si mise a ridacchiare e io alzai gli occhi al cielo. C'era un motivo per cui Lisa era una scopata assicurata, e non intendo assicurata solo per me, anche se ero fuori dal giro da cinque anni.
《Non sono qui per scelta mia. È Jb che vuole incontrarti》.
Jb. Quel nome faceva tremare la gente normale. Era un nome che di solito sentivi in frasi che contenevano anche le parole "omicidio", "caos" e in generale in situazioni in cui c'era qualche tipo di - per così dire - problema per le strade. Era spietato, crudele. Era un intoccabile, ed era una leggenda sia a The Point che fuori dai suoi confini. Il re delle ombre e dei vicoli. Nessuno poteva sfuggirgli. Nessuno poteva dargli le spalle. Nessuno osava sfidarlo...
Nessuno a parte me.
Anch'io volevo incontrarlo, ma solo alle mie condizioni.
Finii la sigaretta e la spensi sotto la suola dei miei pesanti stivali neri. Ero molto più grosso rispetto a cinque anni prima, quando mi avevano messo dentro. Quei tizi si erano almeno presi la briga di accorgersene?
Vivere tra sbronze, droghe e ragazze facili, anche se sei giovane e sempre in movimento, non è esattamente la ricetta di un'esistenza sana.
Se ti strappano dalle mani tutto quello che hai senza tante cerimonie non è  soltanto la tua mente che si altera, ma anche il fisico, che tu lo voglia o no.
《Non voglio vedere Jb》.
Non subito, almeno.
Le orecchie avevano appena smesso di fischiarmi e avevo solo un mal di testa lancinante. Ormai avevano perso l'elemento sorpresa, e se avessero voluto insistere troppo, la situazione sarebbe diventata pesante e sanguinolenta piuttosto in fretta. E per me andava bene. Certo, probabilmente i tizi se la sarebbero data a gambe. Quello che mi aveva menato mi fissò e io gli restituii lo sguardo. Non ero più un ragazzino spaventato che voleva far parte del branco, o che voleva fare colpo. Sacrificare cinque anni di vita per una stronzata è una cosa che ti lascia delle belle cicatrici. Jb avrebbe dovuto saperlo.
《Yifan è scomparso》.
Ecco, quella frase invece sortì l'effetto desiderato. Strizzai le palpebre e mi strinsi nervosamente nelle spalle. Staccai la schiena dal muro e mi passai la mano sul cranio rasato.
Tenere i capelli lunghi dietro le sbarre non è mai una buona idea, e nonostante la brutta cicatrice che mi attraversava un lato della testa, per ora, non avevo alcuna intenzione di farmi ricrescere i vecchi ricci nero corvino. La praticità era essenziale nel mio campo - o almeno in quello che era stato il mio campo - ma in quel momento non volevo pensare a quel problema. Anzi, non volevo pensarci mai più.
《Che significa "è scomparso"? Nel senso che si è preso una vacanza o che Jb l'ha fatto scomparire?》.
Non sarebbe stata la prima volta che Jb sbrogliava personalmente un "problema" piazzandogli una pallottola in mezzo agli occhi.
Il tizio rimase a cincischiare spostando il peso del corpo da un piede all'altro, senza rispondere, e a quel punto persi la pazienza.
Allungai un braccio e gli afferra il colletto della camicia. Non ero più il diciottenne magrolino e spaventato di un tempo: nel momento in cui lo sollevai letteralmente da terra e lo fissai da vicino, dritto nella palle degli occhi, vidi un lampo di paura sfrecciare nelle sue pupille. Sentii il rumore di un carrello di pistola che veniva tirato all'indietro, ma non staccai gli occhi dai suoi. Mi strinse i polsi.   
《Rispondimi, Jimin. Cosa significa "scomparso"?》.
Wu Yifan era uno a posto. Troppo buono e troppo intelligente per fare quel tipo di vita. Non sarebbe mai dovuto entrare nel giro di Jb, e di sicuro non sarebbe dovuto essere insieme a me quella notte in cui tutto era andato a puttane.
Farmi una cinquina in galera per tenere Yifan a distanza di sicurezza dagli artigli di quel pezzo di merda di Jb era stato un sacrificio che non mi era costato molto, ma se quell'idiota non aveva ascoltato i miei avvertimenti e non aveva tagliato la corda come avrebbe dovuto fare appena mi avevano messo i ferri ai polsi... be' avrei spianato l'intera città.
Jimin provò a rifilarmi un calcio nello stinco con la punta di quella scarpa da femminuccia che si ritrovava e io lo spinsi via. Lanciai uno sguardo sprezzante allo sgherro numero uno, che mi stava puntando contro la pistola, e gli mostrai il dito medio.
《Sehun..》, Jimin sospirò, lisciandosi la camicia che gli avevo appena stropicciato.
《Yifan è sparito dalla circolazione un secondo dopo che hanno beccato te. Nessuno ne ha più avuto notizie, non si trova da nessuna parte. Le ragazze non l'hanno più visto neanche di sfuggita. Jb ha tenuto gli occhi aperti, con tutto il casino che avete combinato, ma niente. Poi, la settimana scorsa, quando si è sparsa la voce che eri uscito, è ricomparso di colpo. Si è fatto sotto a forza di minacce, diceva a Jb che era una stronzata che solo tu avessi pagato per quello che era successo. Io ho pensato che fosse stato preso da un impulso suicida, ma poi... puf, appena ha smesso di punzecchiare l'alveare con il bastone, è sparito di nuovo. Ora, me lo vuoi dire tu perché un ragazzo intelligente come Yifan dovrebbe fare una cosa del genere?》.
Io non ne avevo idea, ma la cosa non mi piaceva per niente. Al mondo non avevo amici né nessuno di cui fidarmi: l'unico e il solo era Wu Yifan.
《Di' a Jb di starsene buono. Vedrò cosa posso fare e cercherò di capire in che situazione si è messo, ma se Jb ha qualcosa a che fare con la scomparsa di Yifan, se ne pentirà》.
《È piuttosto coraggioso da parte tua fare minacce meno di ventiquattr'ore dopo essere uscito di galera》.
Sbuffai e scansai Jimin, come se non fosse degno del mio tempo. Cosa che era vera, peraltro.
《Cinque anni è una bella fetta di vita bruciata, ma è anche un sacco di tempo per lavorare su vecchi rancori e crescere un po', che cazzo. Tu non mi conosci, Jimin. E nemmeno Jb. Non m'interessa quanti sgherri o quante pallottole mi possa tirare addosso; se ha qualcosa a che fare con la sparizione di Yifan, gliela farò pagare. Porta a Lisa i miei ringraziamenti per avermi sputtanato》.
《Tanto paghi, tanto ottieni》.
Non ero sicuro se stesse prendendo per il culo me o lei.
《Non so come va con te e quel brutto muso che ti ritrovi, ma io con lei non ho mai dovuto pagare un soldo》.
Fece una smorfia e approfittai del momento di distrazione per scattare in avanti e mollargli una testata dritta sul ponte del naso. Sentii un crac molto appagante, seguito da un urlo di dolore. I suoi compari accorsero per tenerlo in piedi e non farlo crollare con le ginocchia sull'asfalto sudicio del vicolo. Scossi la testa per recuperare la vista che si era momentaneamente annebbiata, perché com'era ovvio quella bravata non aveva avuto conseguenze positive sulla mia emicrania. Superai il mio avversario, adesso insanguinato e gemente, lanciandoli un'ultima frase da sopra la spalla mentre mi allontanavo:
《È meglio che non mi sottovaluti, Jimin. È sempre stata questa la tua fregatura》.
Mi chiamo Oh Sehun, ma quasi tutti mi chiamano Hun.
Sono un ladro.
Hai una ragazza o un ragazzo? Io te li frego. Hai una bella macchina nuova di zecca per cui hai buttato un pacco di soldi? Io te la frego. Hai roba tecnologica che pensi di avere messo al sicuro? Io vengo e te la frego, perché tanto di sicuro non ne avevi davvero bisogno. Di qualunque cosa si tratti, se non la tieni inchiodata da qualche parte o non te la sei attaccata addosso con catene belle resistenti, è molto probabile che diventi mia, se voglio. Era l'unica cosa in cui ero davvero bravo. Impossessarmi di cose che non mi appartenevano era la mia seconda natura; be', in verità c'era anche il fatto di riuscire sempre a cacciarmi nei casini più neri.
Avevo solo ventitré anni, me ne ero persi cinque a diciotto appena compiuti, ma quella non era stata la prima volta che mi avevano beccato o che ero finito nei guai con la legge, no, proprio no. Non ero un maestro di scelte sagge e vita sana, ma conoscevo i miei punti di forza, li sapevo sfruttare e sapevo badare a me stesso.
A qualsiasi costo. C'erano solo due persone nella mia vita di cui m'importasse qualcosa: mia madre e Yifan. Un tempo erano state tre, ma il terzo mi aveva deluso così tante volte che era impossibile contarle, e ormai avevo giurato di dargli una bella lezione alla prima opportunità. Mia madre era una persona che aveva sofferto a lungo, una donna testarda, ed era stata anche l'unica a prendere le mie parti quando ero finito dietro le sbarre. Aveva un pessimo gusto in fatto di uomini, il vizio di bere e non riusciva mai a tenersi un lavoro molto a lungo. Incarnava alla perfezione lo stereotipo della spiantata, e tutti i salvagenti che avevo provato a gettarle negli anni non avevano cambiato la situazione di una virgola.
Avevo cominciato a rubare ancora prima di capire bene cosa stavo facendo, perché ero davvero stufo di fare la fame. Ero cresciuto, ero diventato sempre più bravo, e quello era diventato il modo con cui pagavo le bollette e il tetto sopra le nostre teste. Mia madre non mi aveva mai giudicato, non mi aveva mai voltato le spalle, ed era l'unica persona al mondo che sarebbe stata sinceramente felice di sapermi fuori di galera.
Io e Yifan eravamo la coppia di amici più improbabile che si potesse immaginare. Lui era un tipo studioso, bravo con i computer, e proveniva da una famiglia che aveva un certo blasone e tutti gli agganci giusti. Era affascinante, ci sapeva fare con le parole, si vestiva sempre come se dovesse presentarsi a un colloquio di lavoro ed era anche paziente e pieno di buon senso. Se io ero una tempesta distruttiva, lui era la brezza estiva. Io non avevo neanche finito il liceo, sapevo a malapena leggere una frase intera, non avevo famiglia a parte mia madre, vivevamo in una topaia e il mio aspetto corrispondeva esattamente a chi ero nella realtà: un delinquente. Anche prima di finire in prigione, avevo messo su dei bei muscoli solidi, per scoraggiare chiunque volesse darmi problemi. Funzionava con tutti, tranne che con Yifan.
Una volta, da ragazzini, avevo provato a fregargli la macchina. Era una splendida Roush Mustang, con dentro un biondino ancora più splendido sul sedile del passeggero. Non avevo la minima idea di cosa ci facesse in una zona tanto schifosa della città, ma non ero il tipo che si lasciava sfuggire da sotto il naso un'occasione del genere. Gli avevo puntato il coltello in faccia, l'avevo fatto scendere e mi ero preparato a tirare la corda a bordo del suo gioiello. Solo che Yifan non aveva alcuna intenzione di far finta di niente. Non ho mai capito se quella volta stesse combattendo per la macchina o per il ragazzo ma, quale che fosse la ragione, ce l'eravamo date di santa ragione. Io gli avevo rotto il polso, lui mi aveva spezzato qualche costola e buttato giù due incisivi. Era stata una scena sanguinolenta ed epica, e una volta calmati i bollenti spiriti, eravamo diventati fratelli di sangue. Alla fine, mi ero accomodato sul sedile occupato dal biondino ed eravamo partiti insieme verso l'ospedale. Avevo trovato mio fratello, anche se era scappato fuori da un'altra madre. Non ero mai stato nella sua casa chic a The Hill né macchiato la reputazione di cui godeva nelle sue scuole private. Lui, d'altro canto, non era mai venuto in giro con me per i bassifondi né aveva mai avuto a che fare con le crisi isteriche da alcolizzata di mia madre.
Quando avevo cominciato a rubare macchine di lusso per mestiere, per conto di Jb, e mi serviva un aiuto per bypassare i sistemi computerizzati di auto che costavano cifre a sei se non addirittura a sette zeri, lui era l'unico di cui sapevo di potermi fidare. Ci divertivamo, andavamo a letto con tizie stafighe e assumevamo roba di cui i ragazzini della nostra età non avrebbero dovuto nemmeno conoscere l'esistenza. Ogni singolo giorno mi ero pentito di averlo coinvolto, di averlo trascinato al mio livello. Cinque anni era un periodo dannatamente lungo per inventarsi un discorso con cui chiedergli scusa. Ed era un'attesa altrettanto lunga per il discorso di scuse che invece volevo ricevere: quando quel giorno fosse arrivato, speravo davvero sarebbe stato abbastanza convincente da impedirmi di stritolare il collo del mio migliore amico. Entrambi avevamo fatto errori molto gravi, che richiedevano atti di redenzione.
Il problema era che non sapevo da dove cominciare. Quando ero uscito dalla circolazione, lui era stato preso da una delle migliori università della costa est del Paese. Non avevo mai saputo se fosse poi riuscito ad andarci davvero. Io mi ero fatto mettere dentro proprio per dargli una possibilità, per lasciarlo libero, ma nella vita non c'erano certezze. E io l'avevo scoperto nel modo peggiore.

Bad Love. {HunHan Ver.}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora