.
Camminiamo in avanti ed indietro, a destra e a sinistra. Il telefono non prende.
E come se non bastasse, le borse sono vuote. Come ci siamo finite in Messico?
Brit, Zoe e una disperata Eve rimangono sedute sul marciapiede mentre io cerco di far funzionare questo cellulare.
Finchè, ad un certo punto, non mi rendo conto che questo non è il mio cellulare.
E' identico, stesso colore e stesso modello, ma giurerei di credere che questo non sia il mio cellulare.
Mi rendo conto, di fatti che questo cellulare non lo sfondo che ho impostato io.
Vado nella galleria, nessuna foto.
Vado nella rubrica, un numero.
Un numero salvato come "Speranza".
Ma dannazione, questo telefono non prende.
A meno che...Mi avvicino di nuovo verso quello stesso signore di prima che, anche se infastidito, mi degna di attenzione.
Cerco di chiedergli se da queste parti ci sia un telefono pubblico.
Inizialmente, ripete le mie parole per verificare se ha capito in modo corretto e quando la conferma arriva, lui sbuffa a ridere.
Una risata forte e potente, con quella puzza di alcool che rischiava di farmi vomitare li ai suoi piedi.
Si gira e se ne va, ridendo.
Rimango interdetta. Avrò sbagliato a dire qualcosa?
Mi viene da piangere.
Poi mi rendo conto che, mentre quello strambo signore va via, davanti a noi c'è un bar. E all'ingresso di quel bar, c'è una ragazza.
Spalle poggiate sul muro, braccia incrociate, ci fissa.
Una corta gonna di jeans, maglietta bianca e una rosa come fermaglio dei capelli. Forse la cosa più elegante che ho visto nell'ultima mezz'ora.
Il suo sguardo è fisso sulla situazione. Ricambio lo sguardo nella speranza che succeda qualcosa. Qualsiasi cosa che possa salvarci.
Infatti..«Ehi! Americane!» Urla verso di noi.
«Che cosa vuoi?!» Risponde Zoe.
Brit la riprende, ma io alzo la mano come per voler capire cosa vuole. Anche io avrei risposto come Zoe. Meglio non fidarsi troppo.
Lei rimane un attimo in silenzio, con quello sguardo da sfida. Poi risponde:
«Guardatevi intorno!» Urla dall'altra parte della strada, con il suo accento messicano. «Appena vi rendete conto di dove siete, entrate dentro.» Dice, entrando dentro la sua taverna.
Mi guardo intorno. Case diroccate, ragazzini seduti sul muretto che ci guardano come se fossimo carne nuova da derubare di ogni suo bene, ragazzine che ci deridono e del confort che viviamo ogni giorno, nemmeno l'ombra. Se non che il confine americano è proprio lì in fondo.
Le ragazze mi hanno raggiunto.
«Che ne pensi?» Chiede Zoe.
«Dobbiamo capire.» Rispondo.
Entriamo. La taverna è quasi vuota, giusto tre uomini che giocano a carte ed uno al banco che beve.
Non appena entriamo, gli occhi calano su di noi.
Certo non siamo ridotte proprio benissimo e nelle nostre facce si nasconde la scena immaginaria dei nostri genitori che corrono a prenderci fino a qui.
Ci sediamo al bancone, sedute di fronte alla misteriosa ragazza. Tutte con la guardia ben in vista.
Lei ci guarda attraverso lo specchio della vetrina dei vini e poi, girando, rivela quattro bicchieri con una bevanda dentro e li posiziona davanti a noi.
Eve scappa via tenendosi la bocca, Brit la segue.
«Che cosa è?» Chiede feroce Zoe.
«Acqua.» Risponde la ragazza.
Che imbarazzo. Talmente fatte che la vista dell'acqua ci fa vomitare l'anima.
«Vi siete ubriacate a Città del Messico e siete finite qui?» Dice, pulendo il bancone.
«Vorrei fosse così.» Risponde Zoe.
Intanto tornano Brit ed Eve. La barista ci guarda incuriosita.
«Las Vegas. » Pronuncio.
Lei inarca un sopracciglio e da una rapida occhiata a tutte e quattro.
«Come abbiamo fatto?» Domanda Eve, stringendosi la testa fra le braccia e buttandosi sul bancone.
Momento di silenzio. Siamo così confuse. Poi mi viene in mente il mio telefono. Il mio non telefono. Racconto alle ragazze cosa ho scoperto.
«Prendi questo.» Dice la ragazza.
Mi offre il suo cellulare. Eve si butta su di me, Brit la tiene.
«CHE FATE?!?» Urla Eve. «Dobbiamo chiamare i nostri genitori ed avvisarli!!» Dice, creando caos, mentre anche Zoe la tiene.
«Ragiona Eve, possiamo provare a sistemare la cosa e far finta che non sia mai successo.» Mentre dico questo, nella mia testa sto già negando tutto. Anche io vorrei l'aiuto di mio padre ma sarebbero momenti devastanti un pò per tutti, meglio fingere che vada tutto bene. Sempre.
Digito il numero salvato sul nuovo telefono con il telefono della barista.
Prendo un respiro profondo e porto il telefono all'orecchio.
Il cuore batte fortissimo. Voglio capire cosa sta succedendo.
«Si?» Risponde la voce di un giovane uomo. «Chi parla?» Dall'accento orientale.
«Mi scusi..credo di aver sbagliat...» Per un attimo, ho pensato che magari avrò involontariamente scambiato il telefono con qualcuno durante la mia notte folle.
«Oh, Sam! Sei viva? » Chiede.
Prendo un lieve spavento. Come fa a conoscermi?
«C-Chi sei?» Domando.
Al suono del tono della mia voce, le ragazze si avvicinano.
«Come stanno le tue amiche?» Domanda divertito.
«CHI CAZZO SEI?» Chiedo infastidita.
«Leggi bene questo nome: Sono l'unico che può riportarvi a casa. Dai vostri paparini. Non farmi incazzare.» Dice, con tono dittatore.
Respiro profondamente e continuo la discussione.
«Cosa vuoi?» Domando.
Lui rimane in silenzio.
Quando sto quasi per ripetere la domanda, lui risponde:
«Far parte del branco.»
La chiamata si conclude. Il suo tono era quasi malinconico, come se stesse piangendo.Dopo aver raccontato tutto alle ragazze, la barista Antonia, decide di portarci a casa sua.
La sua casa non è molto grande, ma è molto affollata. Antonia ha 5 fratelli e 3 sorelle, è la più grande. E come se non bastasse ha una figlia, Sonia.
Ci presenta un pranzo tipico messicano. Tutti i suoi piccoli fratelli ci guardano come fossimo dee.
Stu è riuscito a contattare Brit, che pare abbia il telefono con più linea, così usciamo in giardino.
«BRITTANY OLIVIA PRICE!!» La voce di Stu si sente anche da lontano. Ma ormai è fatta..ci hanno scoperto. Rimaniamo in silenzio «AUGURI AL MIO PULCINO TUTTO SPECIALE!!»
Tiriamo un sospiro di sollevio anche se una piccola parte di noi, vorrebbe che ci scoprissero così avremmo la via libera per scappare da questo inferno ma finchè possiamo scapparne da sole, meglio rimanere in silenzio.
Brit alza il pollice verso di noi e si allontana per parlare con suo padre in privato.«Semplice: c'era della droga nella bottiglia di spumante che avete trovato fuori la porta.» Dice Antonia, mentre le sue mani sono occupate a fare una treccia a Sonia.
«E' quello che ho detto anche io.» Pronuncia Zoe.
Rimango in silenzio. Non ci posso credere che siamo in Messico e che, per quanto siamo vicini al confine, non possiamo oltre passarlo perchè il Signor. Speranza dalla Cina ci ha intrappolate qui senza documenti.
«Non lo capite. Voi non capite. E' qualcuno che arriva dal passato. Qualcuno che vuole arrivare ai nostri genitori.» Dice Eve, sempre più in ansia.
«Una cosa è sicura allora: li proteggeremo anche a costo della vita. Affronteremo la cosa da sole e torneremo a casa prima di stasera.» Dico.
«Quindi arrivate da Las Vegas.» Pronuncia il commissario di polizia di Sonoyta.
Annuiamo.
«E un uomo dall'accento asiatico vi ha drogate e portate oltre il confine per minacciare i vostri genitori.» Continua dicendo.
Annuiamo ancora ma in un attimo ci ritroviamo in mezzo alla strada. Non ci hanno creduto.
Camminiamo verso Antonia che ci aspetta dall'altra parte della strada. Siamo nella strada per ritornare a casa quando improvvisamente, posteggiata sul retro dell'hotel dove ci siamo ritrovate stamattina, vedo la macchina di papà.
Un miraggio.
O quasi, visto che la macchina è completamente distrutta. La fiancata destra è completamente andata. Manca il coperchio del cofano e il vetro destro del passeggero dietro è in frantumi.
Mentre le ragazze si avviano verso la macchina per cercare i documenti, io penso ad una scusa da inventarmi per questo disastro.
«Mancano le chiavi.» Enuncia Zoe.
Merda. Posso anche lasciare la macchina qua allora.
«Lascia stare, avete trovato qualcosa?» Chiedo.
Scuotono la testa. Non c'è nulla. Completamente.
Poi, sotto il sedile, Brit trova il mio cellulare. Quello originale. Così mi viene un idea che prima non mi sarebbe venuta in mente, vista la situazione: Guardare la galleria delle foto.
Siamo grandi appassionate di video e foto, ci sarà sicuramente qualcosa.Nel telefono di Eve non c'è nulla. Nel cellulare di Zoe c'è qualche video confuso che non dice nulla. Nel mio c'è una mia foto con un ragazzo biondo che non ho mai visto. Rimane il cellulare di Brit.
C'è un video: Siamo nella nostra stanza d'hotel e stiamo ridendo come delle pazze. Improvvisamente viene inquadrata Eve seduta accanto ad un ragazzo asiatico.
«Sarà lui! E' LUI, SICURAMENTE!!» Urla Zoe.
La zittiamo subito e tentiamo di ascoltare l'audio:
«...allora che fate? Venite alla festa? » Domanda il ragazzo asiatico.
«Certo che si!» Urla Zoe.
La guardiamo.
«Prima facciamoci un'altro giro di quella bevanda che ho portato dal mio paese.» Dice.Improvvisamente esce dall'hotel un signore e ci guarda.
Noi ricambiamo, mentre Brit continua ad ascoltare il video, allontanandosi.
L'uomo, dopo averci scrutato, lascia sul tettuccio dell'auto, quelle che sembrano essere le chiavi di esse.
«Non chiamerò la polizia se andate via subito.» Dice, con un americano marcato e forzato.
«Tu sai come siamo finite qui?» Domanda Eve.
L'uomo chiude la porta e svanisce dentro l'edificio.
Almeno abbiamo l'auto per muoverci. Entriamo dentro la macchina e ci muoviamo. Brit ha detto che nel video abbiamo solo nominato il nome di un locale che si chiama "The Kumba".
Adesso stiamo andando a casa di Antonia perchè vuole parlarci di un piano.
STAI LEGGENDO
Una Notte Da Leoni 4: Non è ancora finita.
FanficPhil, Stu, Alan e Doug, dopo il loro ultimo disastroso viaggio, hanno bloccato i loro bollenti spiriti concentrandosi sulle proprie famiglie e mantenendo ben saldo il loro matrimonio. Tutto sembra filare calmo, fino all'arrivo dei 21 anni di Brit, f...