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La macchina inchiodò nella stazione di servizio più desolata che avessi mai visto. Feci benzina e mi recai in bagno. Era tardi, dovevo sbrigarmi se volevo essere puntuale per l'appuntamento di quella sera. Mi guardai allo specchio ed un disastro sarebbe stato di gran lunga meglio di me. Capelli arruffati, sguardo perso, d'altronde quello ce l'avevo da parecchio, rossetto sbavato. Cercai di rimettermi in sesto ma mi pareva un po' difficile dopo l'orribile giornata appena trascorsa. Un cliente burbero, maleducato e che non sapeva di certo come trattare una donna. Mi trovavo poco fuori Los Angeles, da sola, con la mia borsa amica e quasi disperata. "Cazzo! Che vita di merda". Fare la escort mi fruttava un bel po' ma non ero in grado di trovarmi un posto fisso. Vivevo alla giornata, Merdith, il mio capo, mi diceva dove andare ed io ci andavo senza fare storie. "L'importante è non fermarsi mai" altrimenti sarei stata spacciata. Io e i miei pensieri: una combinazione disastrosa.
Pensare alla vita che avevo vissuto fino a quel momento era un colpo al cuore, non era di certo una bella cosa fare la escort per una ragazza appena ventiduenne ma almeno non sarei morta di fame. Anche se non potevo lamentarmi, i clienti che mi sceglievano erano per la maggior parte ragazzi, o a volte ragazze, annoiati e ricchi, il mio conto in banca cresceva notevolmente di cliente in cliente. Dovevo sempre essere sul pezzo, sempre alla moda, gentile, carina e disponibile, mai trasandata e sciatta, il contrario di quello che ero in quel momento in quel bagno. Molte persone associano la parola "escort" alla parola "prostituta" ma in realtà a volte è abbastanza diverso. I miei servizi erano offrire compagnia, far fare buona impressione ai miei clienti, socializzare e non solo scopare a destra e a manca. C'era chi pagava cifre esorbitanti per avermi, a volte vivevo con un cliente addirittura per un mese e le tariffe erano altissime. Merdith mi adorava, diceva che ero una delle più richieste. Apparivo al fianco di molti uomini potenti che mi ingaggiavano per sfoggiare una bella ragazza che mandasse via le arrampicatrici sociali, mi era capitato persino di posare per un'agenzia che vendeva biancheria intima sexy. Sul mio profilo della "L.A. amazing escorts" c'era scritto: Elizabeth Grant, tutte le mie misure, dall'altezza ai centimetri dei fianchi, la mia provenienza, che ero una bellezza particolare ed elegante, disposta a nuove conoscenze e aperta a qualsiasi tipo di esperienza. C'erano molte foto sia in costume che in diversi tipi di abbigliamento. Erano le foto più professionali che avevo ed ero davvero una figa pazzesca.
Cercai di darmi una sistemata veloce, mi lavai il viso, mi truccai bene con eyeliner, mascara ed un bel rossetto bordeaux, mi cambiai mettendo un tubino nero con una giacca oversize dello stesso colore ed i miei immancabili décolleté neri. Intimo in pizzo nero ed autoreggenti. Total black per una serata da trascorrere con un nuovo cliente. Uscii da quel bagno orribile e lessi l'email che Meredith mi mandò qualche istante prima.  "James Montgomery" una foto lo ritraeva con capelli scuri mandati all'indietro con gel, barba non lunghissima curata, camicia bianca aperta sul dorso, occhi azzurri e sorriso perfetto e mozzafiato. Una bellezza mediterranea che aveva scelto me per fare non so cosa oltre che a scoparmi. Dovevo raggiungerlo in un noto albergo di Los Angeles.
Arrivai all' Hilton solo un minuto più tardi rispetto all'ora concordata. Lasciai la mia Range Rover al parcheggiatore e mi avviai verso il bar dell'albergo.
Lo vidi seduto al bancone che beveva, secondo la mia lunga esperienza, uno scotch liscio. Era una delizia per gli occhi. Era alto e molto muscoloso, molto più carino rispetto alla foto. Mi guardai in un enorme specchio e non ero niente male, un bel vedere sicuramente.
Mi schiarii la voce e mi avvicinai. "Salve, sono Elizabeth Grant." Gli porsi la mano ed invece di stringerla la baciò guardandomi di sottecchi.
-Che visione celestiale. Ciao a te splendore, sono James Montgomery. Per queste due settimane sarai totalmente mia.- Lo guardai e sorrisi.
-Cosa intendi per "totalmente".-
-Beh, intendo... tutta.-
-Bene. Ho letto dalla mail che hai bisogno di me anche per qualcos' altro, giusto?-
-Si, poi ti racconto. Vieni bambolina, bevi qualcosa con me. Sei uno schianto e sarai anche brava.-
-Ti hanno mai detto che sei un cafone?-
-No, è la prima volta.-
-Beh, se lo saranno tenute per loro. Parliamo di affari per favore, conosci la mia tariffa quindi regolati per i giorni in cui mi vuoi intorno. Niente sconti, non bacio e sempre il preservativo.-
-Wow, sei molto diretta.-
-Meglio parlare chiaro.-
-Hai fame? Mangiamo qualcosa?- ringraziai il cielo che me l'avesse chiesto perché ero affamata. 
-Si, con piacere.- mi porse il braccio e lo afferrai.
-Sei molto elegante, non rendi dalle foto. Complimenti.-
-Grazie, sei gentile. Anche tu non sei niente male.-
Ci sedemmo e ordinammo da mangiare.
-Vedi, ho bisogno di una ragazza finta perché non ne posso più della mia famiglia. Vogliono che mi sposi, che abbia dei figli e che metta la testa apposto.-
-E tu non vuoi farlo con una ragazza che vorresti davvero al tuo fianco?-
-Certo ma se non la trovo non posso farci niente.-
-E cosa dovrei fare esattamente?-
-È semplice. Mia madre e mio padre verranno qui tra due giorni ed io voglio zittirli per un po' e non sentirmi ripetere le stesse cose. Sono solo stanco, non hai idea di quanto le madri possano essere opprimenti.-
-Già, non ho idea.- dissi pensierosa.
-Ehi, tutto bene?-
-Si, scusami. Bene allora diamo inizio allo show. Parlami di te, istruiscimi su quello che devo dire almeno non faremo figuracce.-
-Mi è un po' difficile non fermarmi ogni due secondi a guardarti le labbra. Sono una meraviglia. Farai dei pompini fenomenali.-
-Dio mio. Ti prego questo frasario poveraccio e volgare non funziona con me.-
-E cosa funziona con te?-
-Non te lo dirò di certo.- dissi mangiando un boccone di bistecca.
-Ok, va bene, ti farò bagnare le mutandine in un altro modo. Iniziamo.- mi raccontò molte cose di lui: che aveva studiato ad Harvard, aveva viaggiato tanto, non avevo capito bene che lavoro facesse ma aveva tanti di quei soldi che poteva appenderli come carta da parati in tutta la sua enorme casa. Giocava molto a basket e aveva circa 30 anni.
-Beh, sei più grande di me, andrà bene a tua madre?-
-È così disperata che gli andrebbe bene pure una diciannovenne.-
-Addirittura?-
-Beh, essere l'erede maschio, il primo, è faticoso.-
-Va bene. Dove vivrò?-
-Se vuoi in casa mia, altrimenti prenderò una camera qui.-
-Va bene la camera qui.- non mi piaceva l'idea di "convivere" con uno sconosciuto.
-Fai l'escort e hai paura di vivere con me? Potresti incontrare molti malintenzionati lo sai?-
-Senti carino, faccio questo mestiere da due anni e non ho bisogno della paternale soprattutto da uno che tra un po' mi scoperò. So badare a me stessa ma non vivo con nessuno a cui tengo figuriamoci con uno sconosciuto.-
-Colpito e affondato e sono arrapatissimo se lo vuoi sapere.-
-Bene, ne sono più che felice.-
-Sei spettacolare. Non ho mai visto una bellezza così particolare.-
-Beh, grazie.- dissi con le guance un po' arrossate.
-Non sei abituata ai complimenti? Te ne faranno tanti.-
-Si ma non sono poi così sinceri. I tuoi invece mi piacciono.- si avvicinò e mi accarezzò la guancia, aveva le mani grandi e calde, anche molto curate.
-Fidati, sei una bellezza rara.-
Finimmo di mangiare chiacchierando sulla sua vita ed io evitai di parlare della mia schivando le domande a colpi di "non parliamo di me ma di te".
-Cosa vuoi fare adesso mia cara Elizabeth?- domandò con un tono così seducente che le mie gambe si ritrovarono a contenere un fiume.
-Mi paghi per accontentarti James. Quello che vuoi tu.-
-Saliamo nella tua camera?-
-Saliamo.-

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