∆ Cap 2 ∆ Incontro felice o quasi. ∆

36 7 0
                                    

Oggi piove.
Piove come se gli angeli stessero urlando dal dolore, versando milioni di lacrime sulla causa del loro malessere. Quale se non l'uomo e i suoi peccati. L'uomo e la blasfemia. L'uomo e il reato. Per cosa piangeranno oggi? Per il piccolo spazio di inverno che se ne vola via.. Per un bisogno di sfogo. Una persona normale penserebbe al ciclo dell'acqua, all'evaporazione delle gocce del mare, alle nubi di vapore che si consumano innalzate nel cielo. Ma se tutto ciò fosse per una causa divina? Nessuno scettico ci pensa mai.

Resto seduta sul davanzale della finestra piú alta della stanza, con la testa poggiata sulla mano, che osservo fuori dalla finestra. Guardo le gocce scorrere sul vetro. Il cielo é completamente grigio, e non si vede altro che la sabbia fangosa e il mare scuro, agitarsi. Le sue onde si scagliano violente sugli scogli, e fanno un suono come di impatto, su qualcosa di fragile che in realtà non lo é. Uno scoglio é resistente, e allora perché l'onda sembra fargli del male? Come il rumore di un bicchiere che si rompe, la fragilità del suo vetro va in frantumi stufa di sopportare il dolore.

É cosí che mi sento io a volte. Come uno scoglio colpito dalle onde. Molte volte ferirmi sembra difficile, ma basta a volte un piccolo gesto per rompere il vetro della mia anima. Ultimamente quella che ci é riuscita di piú e stata Kate. Anche quando non fa nulla. Continua ad andarsene tranquilla per la casa, indossare i miei vestiti, parlare con me dopo avermi portato via Dave. Il primo ragazzo che abbia mai avuto, l'unico che mi ha resa davvero felice nella mi vita, che mi faceva sentire la vera protagonista della mia vita, assieme al mio affetto piú grande, mia nonna. Che quella sera sarebbe venuta a trovarci. Erano due mesi che non la vedevo. Due mesi in ospedale a causa di un problema ai reni. La vecchiaia la sta consumando, come consuma il mio cerchio di speranze in persone migliori. L'uomo é destinato a soffrire, come quegli scogli.

Sospiro, decidendo che pensieri cosí brutti in una sera cosí speciale non dovevano tamburellarmi nella testa. Torno nel mondo concreto, spostando lo sguardo verso l'orologio a forma di acchiappasogni sul muro, che era un'altra causa delle mie distrazioni. Osservare un oggetto concreto del tempo che passa, mi lasciava sempre immaginare un angosciante limbo umano che consuma ogni vita con crudeltà.. Mi strofinai l'occhio. Erano le sei e trenta. Balzai giú dal davanzale rotondo dell'alta finestra, atterrando in piedi. Spesso fa male saltare da lí, ma ci ero cosí abituata che nemmeno mi importava cosí tanto.

Mi avvivinai alla specchiera nera di fianco al letto, dandomi un'occhiata.
Inclinai di poco la testa, essendo un po' piú alta rispetto allo specchio. Eppure ero alta solo un metro e sessantaquattro. Mi portai i capelli di lato, iniziandoli a pettinare con le dita, come ero solita fare nei momenti di ansia o emozione. Diedi una passata anche con la spazzola, e li lasciai sciolti, dietro le spalle.

Infilai le mie converse, e la mia felpa rosso bordeaux, che mia sorella diceva non abbinasse ai pantaloncini di jeans che indossavo quel giorno. I suoi giudizi spesso mi davano fastidio, era molto cinica, anche piú di me. Anche se effettivamente era migliore di me anche nel vestire. Avvicinai nuovamente il viso allo specchio, facendo una linguaccia, per poi arricciare il naso. Piccoli momenti di stupidità da solitudine.

Scesi le scale, dopo aver sentito il rumore della porta d'ingresso che si chiudeva. Mia nonna era lí, col suo solito cappotto verde, snella e minuta. I suoi capelli corti e ricci che le incorniciavano il viso, il suo sorriso rosso sempre stampato in volto, e i suoi occhi azzurri.

Non appena la vidi, la malinconia di quella mattina sembrò evaporare, il mio cuore aumentò i battiti, come acceso dalla gioia. L'effetto che mi faceva la sua presenza in quella gabbia di matti, era sorprendentemente immediato.. Corsi verso di lei, abbracciandola forte, scatenando una piccola risatina da parte sua.

-La mia Anastasia!- Disse, carezzandomi i capelli e ricambiando l'abbraccio. Mi mancava il suo profumo di lavanda e il calore del suo corpo apparentemente debole.
Tenevo a lei piú della mia vita. Era l'unica che non mi aveva ancora fatto del male. Sin da quando ero piccola, mi aveva sempre fatta sentire una piccola principessa, giocavano sempre insieme alle scrittrici o alle pittrici. Le sue poesie erano trecento volte migliori dei miei infantili versetti simpatici in rima. É stata lei a far crescere la passione della poesia in me. Mi raccontava storie assurde, sul destino, sulle origini dell'uomo. Era una donna molto religiosa, e sin da piccola mi ha educata alla credenza in Dio. Ogni giorno le chiedevo

"Nonna, raccontami la storia di Gesú!"

E lei ridacchiava, sedendosi sulla poltrona, ed io sulle sue gambe. Quella storia durava ore, ma a me piaceva ascoltarla.

Era l'unica che capiva i miei pensieri, perché anche lei li aveva. Diceva sempre che vedendomi crescere, era come rivedere un film sulla sua vita. Diceva che assomigliavo molto a lei da ragazza. É una cosa di cui vado sempre fiera.

Rinchiusa in quell'abbraccio ripensai a tutto ciò come se l'orologio in camera mia si fosse fermato. Tsk.. Quale utopia.

Quando ci staccammo, potei rivedere il suo viso piú da vicino. Mi era mancata davvero tanto, nonostante le tante visite in ospedale, era comunque sempre lontana da me.

-Mamma, com'é andata in ospedale? Ti hanno trattata bene?-

Chiese mia madre, uscendo dalla cucina con una tazza di caffé in mano.

-Ma si, in fondo mi piaceva stare comoda nel letto. E vedessi che bei ragazzi!-

Ridacchiai. -Sei troppo giovane per avere settant'anni!- dissi, mentre lei si accomodò al tavolo. Mia madre le poggiò la tazzina davanti. Mi sedetti al posto accanto.

Un sorriso era stampato sul mio volto, seguendo con lo sguardo le sue mani che frugavano nella sua borsa nera.

-Ho una cosa per te.. Devo solo.. Trovarla.-

Uno scatolino bianco cadde da quel buco spaziale della sua borsa.

-Oh! Eccolo lí!-

Mi abbassai raccogliendolo. Col dito cercai di strappare la carta bianca che lo rivestiva, ma fui fermata.

-Oh no cara, lo aprirai sabato quello!-

-Sabato?- Chiesi perplessa alzando lo sguardo verso di lei.

-É il tuo compleanno, no?-

-Nonna, avresti potuto anche darmelo sabato allora.- Dissi ridacchiando nella mia perplessità.

-Eh tesoro..- Girò il cucchiaio nella tazzina, mentre io iniziavo un po' a preoccuparmi.

-Purtroppo sabato non potrò esserci, tesoro.-

Restai delusa, mentre il mio sorriso si spegneva piano piano. Come non poteva esserci? Non capivo, eppure avevo capito benissimo.

La mamma guardò in basso, allargando le labbra e alzando le sopracciglia. Il suo chignone castamo scompigliato fece cadere alcuni ciuffi sul suo viso tondo, coprendo di poco i suoi occhi verdi. Mi rivolse poi lo sguardo dispiaciuta, capendo di dover chiedere lei alla nonna.

-Come mai non ci sarai? É il suo diciottesimo compleanno, ci rimarrebbe male.-

-Purtroppo dopo l'intervento hanno dovuto farmi un'ulteriore test. Hanno rivelato un altro problema di calcoli, dovranno rieffettuare gli esami quel giorno.

-E non potete spostare l'appuntamento?- Chiese mia madre. Sembrava stesse leggendo nel mio pensiero le domande che avrei fatto io.

-Purtroppo sembra impossibile.-

Abbassai lo sguardo, delusa. Credevo che in un evento speciale lei ci sarebbe stata a tutti i costi.

-E se spostassimo noi la festa?- Domandai ,con una scintilla di speranza negli occhi.

-Purtroppo é già tutto organizzato, Anastasia..- Rispose mia madre, spezzandomi di nuovo. Feci spallucce, guardando in basso.

-Anya, mi dispiace tanto di non poterci essere, spero di non averti rovinato la giornata.-

-Nonna, é tutto okay. Devi fare gli esami, alla fine.. Sono piú importanti.-

No che non erano importanti. Non volevo che lei mancasse, per nessun motivo al mondo. Annegai nel mio egoismo piú puro, iniziando a pensare che quei medici fossero delle teste di..

-Anastasia, vuoi anche tu il caffé?- Chiese mia madre, interrompendomi dai miei pensieri.

Scossi la testa, per poi sorridere. Non c'era nulla da sorridere, però.

Red Moon ~  Born To DieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora