∆ Prologo ∆

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Era da sola. Anastasia aveva le mani gelide e le ginocchia che tremavano. Faceva freddo. Ma le piaceva il freddo quando era da sola. Un desiderio di riuscire a scrivere qualcosa che avesse un senso sul suo quaderno bianco, le bazzicava in mente da quando era arrivata sulla spiaggia quel pomeriggio. Sedeva sulla sabbia, illuminata dal flash del suo cellulare, che torreggiava poggiato su delle pietre nella direzione del foglio su cui scriveva o almeno, cercava di scrivere. Tutto era buio e silenzioso. Sentiva il rumore delle onde infrangere il silenzio regolarmente. Non si era nemmeno accorta fosse cosí tardi. Aveva le gambe incrociate, che le prudevano a causa della sabbia. Detestava quando le entrava nei pantaloncini, e quelli di jeans verde che indossava in quel momento erano i suoi preferiti.
Sospirò.
I suoi occhi azzurri erano fissi sul foglio bianco, che tentavano di scorgere nella sua mente le parole esatte per descrivere quel determinato momento che avrebbe voluto come introduzione della sua poesia. Tamburellava la matita sulla sua buffa testa rossa presa dal nervoso di mancanza di ispirazione. Totalmente in stato di trance, soffiò un ciuffo rossiccio della sua frangetta che le cadeva sull'occhio, lungo fino al naso lentigginoso. Non la tagliava da parecchio. Ma le piaceva cosí. Se la teneva in disparte ai lati, per vedere. Dietro le sue spalle, le sue ciocche arancio, con l'inerzia del vento, danzavano sullo sfondo della sua T-Shirt bianca.

-Anastasia!-
Gridò suo padre cacciando via la sua testa dalla porta di casa in lontananza, facendo sbucare un fascio di luce sulla sabbia buia.
-È tardi, rientra immediatamente! È ora di cena!-
Quella voce maschile e rude interruppe il suo stato di completo trance e la fece sussultare.
-Sí pa, arrivo.-
Usò un tono scocciato. Non le piaceva essere interrotta mentre meditava. Anche mentre scriveva o, cercava di scrivere le dava parecchio fastidio. Suo padre era sempre stato cosí. Era un bonaccione, un uomo di buon cuore, sempre gentile. Con quei baffetti rossi, e la sua  era anche molto buffo. Ma i suoi modi di fare erano sovente bruschi, azzardati ed indiscreti. Ma non se ne rendeva molto conto.
Anastasia rivolse un ultimo sguardo al mare, mentre raccoglieva le sue cose e le infilava nello zaino. Era nero, salvo il bianco luminoso della sua candida schiuma che schizzava sui suoi vestiti provocando quel leggero brivido interiore per poi dissolversi in una fresca sensazione di calma, proprio come il primo bacio, differenziato dalla sua indimenticabile importanza, per noi esseri umani, anche se certe volte non la capiva. Accartocciò il foglio di carta e lo gettò nel cestino accanto all'ingresso, sbadigliando. Entrata in casa, lanciò lo zaino sul divano e sbuffò
-Anastasia, come mai cosí tardi?- Chiese frettolosamente sua madre, mettendosi le mani sui fianchi, sporche di farina, come al solito. Anastasia aggrottò le sopracciglia, non capiva perché tanto scalpore se era uscita lontana appena quattro metri da casa sua. Ma sua madre era davvero poco permissiva nei suoi confronti. La sua figura bassa e minuta, con quel visino tondo incorniciato dalla chioma bionda a caschetto molto angelica, non la faceva sembrare tanto autoritaria. Anastasia odiava questo lato di sua madre.
Si fingeva fin troppo innocente e buona. Era buona solo con la maggiore, invece. Che entrò in cucina saltellando, facendo ballonzolare i suoi boccoli rossi lunghi fino alle spalle a destra e a sinistra. Anastasia la squadrò dall'alto al basso, e la seguí con lo sguardo.
Kate, la sorella, balzò dietro la madre stringendola in un abbraccio.
-Sto morendo di fame, quando si mangia?- Chiese, dondolando a destra e a sinistra con la mamma fra le braccia, che era la metà della sua altezza.

Anastasia le sorpassò con passo deciso, dando una spallata a Kate.

-Vado a farmi una doccia.- Disse fredda, salendo le scale verso il bagno.
Preferiva stare da sola che vedere sua sorella davanti a sé in tutto il suo splendore. Kate era sempre stata migliore di lei in qualunque cosa. Riusciva a scatenare quel lato di protagonismo e di superbia che in Anastasia regnava. Kate era solo due anni piú grande di lei, eppure, era così dannatamente perfetta agli occhi di tutti. I paragoni fra le due, da parte della madre non mancavano. Kate aveva quasi tutte le  stesse passioni della sorella, come la pallavolo, o la letteratura, e anche il canto.
Ma in tutte queste cose era sempre piú apprezzata di Anastasia. Per questo lei, la odiava.

In piedi nella doccia, si sciacquava via la sabbia dalle gambe, che sembrò infinita. Ma il sollievo di non sentirle piú prudere fu liberatorio. Si spostò i capelli sulla spalla destra, pettinandoseli con le dita, facendole scivolare sulle ciocche rosse e bagnate. Le piaceva farlo. Sopratutto nei momenti in cui pensava. Quei tipici pensieri che fai quando sei sotto l'acqua tiepida della doccia. I suoi erano sempre flashback. Provava molto rancore in ciò che le accadeva.

Come i ricordi dei suoi sedici anni, l'età in cui ebbe il suo primo amore, uno degli avversari che di solito alzava sotto rete dall'altra metà del campo insieme ad Anastasia. Casualmente anche i ruoli in squadra erano significativi per le due sorelle. Anastasia alzava sottorete, e Kate schiacciava. Era gelosa anche di questo, ma prima che si fidanzasse con l'altro alzatore.

Ma un ricordo in particolare, in cui stava camminando nel corridoio vuoto e buio dello spogliatoio della palestra. Aveva scordato le ginocchiere da pallavolo nell'armadietto. Quando tutte sono in campo, lo spogliatoio é sempre cosí silenzioso e deprimente. Ma quella volta, Anastasia ricordava bene che non lo era affatto. Sentiva rumori abbastanza lievi dal bagno. Se ne accorse poco dopo aver preso le ginocchiere dallo sportello. La loro palestra era nel bel mezzo del nulla, quindi era abbastanza palese fosse solo un gattino entrato di soppiatto nel bagno. Anastasia, tornò in campo, stringendosi il laccio che legava i suoi capelli in una coda di cavallo bassa.
Se lo ricordava molto bene, anche se un ricordo piccolo e banale.

Anastasia scese le scale, lavata e cambiata. Indossò un altro paio di pantaloncini, questa volta di jeans chiari, e una canotta gialla. I colori accesi le davano piú spirito, almeno un po' di banale sentimento prima di sedersi accanto a Kate, o meglio, il "gattino" che aveva sentito nello spogliatoio due anni fa, che miagolava ai piedi dell'alzatore avversario








-Angolo autrice con le crisi di scrittura-

Salve lettore! Questo é un remake sulle origini della mia OC creepypasta Anastasia. La storia che avevo scritto in estate, non mi é piaciuta per nulla riletta oggi, ho notato molte cose che mi sono suonate male nella testa e ci sono molti buchi di trama. Ed era scritta stra male (non che questa sia scritta meglio, ma starà a te giudicare)

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