Non ce la faccio più!

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Mi sveglio di soprassalto dopo aver fatto un terribile incubo...ecco perché non mi piace molto dormire. Sono le 6:05, penso che mi preparerò.
Vado in bagno a farmi la doccia...come al solito mi osservo davanti al mio peggior nemico: lo specchio, osservo il mio corpo minuto, i segni viola dei calci e dei pugni, i graffi sulle braccia, sulle gambe e anche sulla pancia, la scritta "lurido verme" sul mio braccio, che ho provato a cancellare ma che non è andato via...insomma sempre la stessa...dopo il corpo passo ad esaminare il mio viso: anche il viso è magro e pallido, delle occhiaie nere contornano i miei occhi scuri, e i miei capelli neri cadono corti fino alle spalle. Una volta avevo i capelli castani, lunghi fino al sedere, ma dato che provavano sempre a tagliarmeli per "scherzo" ho deciso di tagliarmeli io e di tingerli di nero.
Mi lavo e mi vesto come al solito di nero.
Prendo lo zaino.
Metto la lametta nella cover del telefono.
Poso il taglierino nello zaino.
Esco di casa.

Ogni giorno penso che non ci vorrebbe niente a farla finita: basta un taglietto un po' più profondo alle vene dei polsi, e dopo un po' è tutto solo un brutto ricordo.

Poi penso ai miei familiari, penso che una tortura del genere non può certo durare per sempre, penso che prima o poi potrò anche io essere felice.

Intanto arrivo a scuola.

La routine è sempre la solita: occhiatacce, insulti, prese in giro, botte...insomma...tutto é come sempre.

Entro in classe e mi siedo al mio banchetto, solo all'angolo vicino alla finestra. Potevo distrarmi senza che gli insegnanti se ne accorgessero e per me andava bene così.

Ad un tratto entrò quella cornacchia della prof di scienze che ci annunciò dell'arrivo di un nuovo compagno di classe. Sapevo che si sarebbe seduto vicino a me, perché lì c'era l'unico banco vuoto.

Entrò un ragazzo abbastanza alto, dai capelli neri lasciati un po' lunghi e gli occhi azzurri, si chiamava Jack.

Come previsto si sedette vicino a me e mi chiese alcune cose per conscerci meglio. Io non facevo altro che rispondere in modo normale. Non sperai in nulla, sapevo che avrebbe fatto come tutti gli altri: mi avrebbe abbandonata, e mi avrebbe fatto male.

-Allora...Julie giusto?- disse lui interrompendo quell'attimo di silenzio che si era formato tra noi -Mi puoi presentare qualcuno in questa classe? Che so...qualche tuo amico?!- a quell'affermazione mi bloccai e lo guardai dritto nei suoi occhi azzurro cielo. Poi risposi in modo completamente disinteressato -Non posso io. Chiedilo a qualcun'altro!-

                            ************

A ricreazione potevamo uscire in cortile, e tutti uscirono, io compresa.
Nel cortile della scuola c'era il lato dei ragazzi popolari e quello dei ragazzi meno popolari. Io andai nel secondo che era sempre vuoto, ma era meglio, almeno potevo rilassarmi, dato che non era controllato neanche dai professori.

Presi il mio telefono ed estrassi fuori la lametta, mi tolsi le bende dalle braccia, scoprendo tutte le cicatrici che avevo, e tagliai prima uno, poi due, poi cinque, fino a quando non rimasi con le braccia completamente insenguinate e con le lacrime agli occhi.

Feci in tempo a rifasciarmi le ferite quando arrivò Jeck. Misi velocemente la lametta nella cover del telefono e mi asciugai le lacrime. Non volevo certo mostrarmi debole.

-Che ci fai qui? Non dovevi essere a fare conoscenza?!- chiesi io -Mi stanno abbastanza antipatici!- dichiarò lui sedendosi accanto a me -Tu piuttosto, che ci fai qui da sola? Non vai dai tuoi amici?- continuò lui - Te l'ho già detto prima, non posso!- dissi io continuando a tenere la testa bassa, ma lui mi alzò il mento con due dita e notò i miei occhi rossi, segno che avevo pianto da poco. -Ehi perché piangi?- io mi scostai -Non stavo piangendo!- mentii -Si invece! E poi perché non puoi stare con gli altri?- io rimasi in silenzio -Allora?- continuò lui con tono impaziente. Allora presi un bel respiro, lo guardai con aria seria dritto negli occhi e dissi...

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