Racconto sull'aereo.

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Un bambino che con gli occhi pieni di luce, con la voce acuta, ingenuamente chiede se ora è giunto alla vera Italia.
La mamma che ride, piccole rughe accennate sul suo viso chiaro, risponde che dalla Sardegna a Bologna, siamo comunque rimasti in Italia. Per lui, bambino di fatto, è impensabile crederci.

Poco più avanti un signore che sbuffa, stringe la sua valigetta in modo ossessivo. Sembra avere fretta di uscire. Mi chiedo se soffra dentro questa scatola che ci contiene, una scatola pensata per farci desiderare di toccare le nuvole che ci circondano. Eppure io ci sto così bene, mi fa sentire invincibile essere qua in alto, anche se proprio questa distanza da casa natia, da terra madre, potrebbe essermi fatale.
E lo guardo ancora una volta, pensando che forse ha in testa solo le pratiche che deve consegnare e ancora fare, e dentro di me galleggia l'idea che forse è solo, e un uomo solo che lavora tanto potrebbe essere pericoloso per se stesso.

Al mio fianco ho un signore educato, ma fastidiosamente esagitato. Non sa proprio cosa fare, la cintura gli cinge la vita, sembra quasi che si senta in  prigione. Ha le cuffie, presumo che stia ascoltando un pezzo rock perché muove freneticamente le mani come se sotto di lui ci fosse una batteria e davanti un mare di persone.
Appena sente il rumore che avvisa i passeggeri che hanno la possibilità di alzarsi, lui, sfrutta la palla al balzo.
Mi supera, una me infastidita finge indifferenza e lascia che vada a passeggio in questo piccolo aereo.

Ed è in quel momento, nel mentre che i miei occhi seguono silenziosamente il mio vicino di posto, che la noto.
Semplice, lineare. Una bellezza imperfetta, che non ti abbaglia ma ti riscalda. Dolce e sinuosa, si va a posare tra le mie iridi.
Una ragazza giovane quanto me.
La sua pelle è pulita, niente la sporca e la imbruttisce.
Davanti a me, ragazza pura e solare, si scaglia la sua anima.
Ha le palpebre schiuse, le braccia conserte.
È bella senza essere esagerata.

Tutto il resto svanisce, sfuma.
Mi trovo a fissarla, la mia mente si vergogna. Rimedio al danno fingendo di essere distratta dal resto delle persone rumorose che condividono questo volo con me. E lei è lì, con tutta se stessa, che piano apre gli occhi e scorge i miei puntati sul suo corpo. Arrossisco tutta e mi colpevolizzo per essere una frana in queste cose.
Ci guardiamo per qualche secondo e lievemente ci diamo ad una danza di sorrisi e brevi risatine, si sfregano con dolcezza contro la gola e sul palato. Dentro di me tutto si annebbia, la durata del volo sembra esser passata in un minuto. Mi chiedo se sia lei che sconvolge il mio orologio interiore o se sia il tempo a voler accorciare il nostro incontro.
L'amaro mi sale velocemente in bocca, un altro giorno buttato ad innamorarmi di un volto di cui so solo ciò che vedo.

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