Capitolo 1 - La scoperta

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«Pausa! Sono distrutto» gridai a mio fratello Bradley, levandomi di dosso la canotta sudata della mia squadra di basket, i Chicago Bulls, facendola cadere sul pavimento del campo.
«Ma come! Sei già stanco?» Mi schernì il mio fratellino lanciandomi quel pallone arancio che tanto amavo – non era poi tanto più piccolo di me, però i quaranta minuti che aveva vissuto prima di me mi conferivano il potere di sentirmi superiore e glielo ripetevo tutte le volte che ne avevo la possibilità.
«Sono stremato!» Esclamai fiaccamente. «Sono passate più di due ore dalla fine degli allenamenti e il nostro extra è durato anche troppo a lungo» affermai dirigendomi verso gli spogliatoi.

Mi domandavo quanta energia avesse Bradley per riuscire ad allenarsi così tante ore di fila senza apparire stremato.
Dopo aver preso dal mio borsone da basket il necessario per lavarmi, andai come al solito verso le docce. Pensai alla partita che avremmo giocato domenica sera, mancavano solo due giorni, contro i Lakers. Sarebbe stata bella tosta e volevo essere pronto a tutti i costi, non ci tenevo a fare una figuraccia con quelli. Io e i miei “Bulls” ci stavamo allenando duramente da settimane e se avessimo perso sarebbe stata una grande sconfitta morale per me e i miei compagni. L’allenatore mi ribadiva sempre che avevo un “talento naturale” nel basket. Rammentai della volta in cui mi disse: «Hai un talento naturale, ragazzo mio, e il talento non va mai lasciato marcire dentro chi lo possiede.» Inoltre, non volevo deludere lui e la mia squadra, loro contavano su di me, sul loro capitano.

Totalmente immerso nei miei pensieri, non mi accorsi della panca grazie alla quale inciampai dando una forte botta per terra.  Una fragorosa risata eruppe alle mie spalle facendomi girare di scatto. Bradley era piegato sulle ginocchia tenendosi le mani sulla pancia mentre rideva a crepapelle.
«Ma che ti ridi!» Urlai, la mia voce gonfia d’astio.
«Sei troppo divertente» mi derise tra le risate sempre più forti.
Strinsi gli occhi in due fessure e serrai la mascella. Mi tirai su appoggiandomi alla stramaledetta panca grazie alla quale, come uno stupido, ero inciampato poco prima, al che un grugnito uscì dalla mia bocca. Bradley era ancora lì che mi fissava con un sorrisino sghembo sul volto, le braccia conserte mentre era appoggiato al muro con i piedi accavallati.
Lo fulminai con lo sguardo e bofonchiando me ne andai impettito.

Dopo essermi tolto i vestiti e averli appoggiati sulla panca mi infilai sotto il getto d'acqua. Era gelida! Mi ero come al solito dimenticato di regolarla su una temperatura ideale, cosicché girai la manopola e aspettai qualche istante. Appiattii il mio corpo contro il muro della doccia in cerca di un riparo dal flusso freddo, ma un brivido mi salì lungo la schiena al contatto con le piastrelle, a loro volta gelide, mi raddrizzai all’istante come se avessi preso la scossa. Mi diedi dello stupido da solo per non averci pensato prima e rimasi lì, fermo immobile tra il muro e l’acqua cercando di non sfiorare nessuno dei due.
Quando sentii che il soffione stava sprigionando un caldo liquido invitante mi misi sotto ad esso.
L'acqua cocente mi percorreva la pelle, scendeva lenta nella sua corsa, era piacevole e rilassante.
Era da sempre la mia amante preferita perché riusciva a scaldare ogni centimetro del mio corpo con il suo lieve tocco. I miei muscoli, prima tesi per gli sforzi, si stavano pian piano distendendo.
Avevo sempre pensato che l'acqua era in grado di depurare ogni cosa, portava con sé il dolore dei corpi che accarezzava nel suo lento scorrere. Trovavo una doccia o un bagno caldo il miglior rimedio per scrollarsi di dosso tutti i pensieri negativi.

Sapevo che non me la sarei dovuta prendere con Bradley, ma odiavo essere deriso anche se io per primo mi divertivo a burlarmi degli altri - non sopportavo che qualcuno notasse quanto, a volte, fossi maldestro, anche se quel qualcuno era il mio fratellino al quale confidavo intimamente tutti i segreti più profondi del mio animo. Tra di noi ci dicevamo tutto, parlavamo di ogni cosa, non c'erano da tempo segreti e mi auguravo che non ce ne sarebbero più stati.
Uno sbuffo si fece strada tra le mie corde vocali e spontaneamente uscì dalle mie labbra, caldo come il vapore intorno a me, mentre le mie mani massaggiavano lo shampoo alla fragranza di muschio bianco - il mio preferito - sui miei capelli, gli occhi chiusi per evitare che me li bruciasse (il che sarebbe stato piuttosto snervante).
Sentivo che anche Bradley si stava lavando, percepivo lo scrosciare dell’acqua nella doccia affianco alla mia.
Mio fratello al contrario di me preferiva lavarsi sotto l’acqua tiepida, sosteneva e cito testualmente: «Dopo ore di allenamento e sudore farsi la doccia con l’acqua tiepida è molto più salutare che con l’acqua calda come invece fai tu, prima o poi ti prenderai un malanno.» Rammentai che mentre mi ripeteva quelle parole il suo tono di voce era “superiore” quasi volesse farmi sentire inferiore rispetto a lui, come se fosse più intelligente di me - cosa oltretutto vera e che non affermerò mai ad alta voce.
Risi a quel pensiero.

The Scorzeer series - L'inizio del viaggio #Wattys2018Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora