Muri che crollano

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L'estate era passata e si era portata via anche tutti i momenti che le nostre due ragazze passarono insieme, oltre al caldo che uccideva ogni briciolo di voglia di vivere. Erano state insieme per due settimane e, nonostante vari e piccoli intoppi come liti nel gruppo e non, erano state benissimo, il miglior periodo della vita di entrambe. Vi chiederete se abbiano concluso qualcosa alla fine ma mi dispiace deludervi: non si spinsero più in là dei baci che già si erano date. Non avevano voluto sapere niente l'una dell'altra, se non le cose essenziali per convivere per due settimane, questo però non comprendeva sapere il luogo in cui davvero abitavano. Passarono serate stupende a guardare le stelle, a ballare, a cantare e a divertirsi tutti insieme e le due si comportavano esattamente come avrebbe fatto una coppietta felice ma, come tutte le cose più belle, tutto questo non durò molto. I giorni volarono e senza che se ne accorgessero arrivò il momento di salutarsi: nessuna delle due sapeva se si sarebbero mai riviste, nessuna delle due sapeva se avrebbero continuato a sentirsi ogni tanto, non erano pronte a lasciarsi andare ma una cosa le rincuorava; si erano date appuntamento per l'estate dopo, nello stesso punto e lo stesso giorno del bocciodromo. Tra lacrime e malinconia si dovettero lasciare e si dettero l'ultimo bacio che avrebbe dovuto tenere compagnia ad entrambe durante l'inverno. Passarono i giorni e con questi le settimane fino ad arrivare ad ottobre, mese in cui era fissata un open day all'Accademia delle Belle Arti di Firenze. Wendy quella mattina si svegliò senza molta voglia di uscire dal letto (non che le altre mattine si svegliasse con entusiasmo eh) infatti ci vollero almeno venti minuti prima che riuscisse a trovare il coraggio di uscire da sotto le coperte. Non appena ci riuscì venne come inghiottita dalla routine quotidiana che ormai faceva parte di lei: bagno, scelta vestiti, vestiti, barretta al volo e poi usciva di casa. Era come se, dopo l'indimenticabile estate, non fosse più capace di provare davvero emozioni; aveva in tutti i modi cercato di dimenticarla e di andare avanti ma tutto quello che aveva ottenuto, oltre a ore  e ore di sonno perso e di lacrime versate invano, era stato riuscire a sopprimere una qualsiasi emozione e vivere come uno zombie. Stranamente quella mattina era uscita di casa abbastanza presto e non aveva bisogno di correre come una pazza come al suo solito, voleva essere puntuale per andare a visitare l'Accademia anche perché era quello che voleva fare dopo il liceo e considerato che era all'ultimo anno doveva darsi una mossa. Prese l'autobus dietro casa che la portava diretta alla stazione e mentre lo aspettava ascoltava nelle cuffie i Panic! at the Disco, un gruppo che amava molto e di cui adorava le canzoni, in special modo "New Perspective". Una volta percorso il tragitto casa-stazione si diresse all'interno dell'edificio per comprare i biglietti del treno; mancava ancora mezz'ora al ritrovo con la classe così, subito dopo aver fatto i biglietti, si mise seduta su degli scalini a leggere il suo fidato libro. In quel periodo stava leggendo il libro di un filosofo che stava studiando a scuola Kierkegaard "Il diario di un seduttore", la affascinava molto questo volume anche perché trattava temi abbastanza interessanti e metteva in luce la personalità e il modo di pensare di un don giovanni. Si era talmente immersa nella lettura che non si accorse dei compagni che stavano arrivando fino a quando una delle sue più care amiche, Noemi, la salutò sorridente "Ma buon giorno ragazza fra le nuvole" quella frase la fece tornare indietro all'estate quando conobbe Jane. Sentì un groppo crescerle in gola egli occhi bruciarle ma non poteva permettersi di di provare qualcosa. "Buon giorno anche a te ragazza dei monti" rispose Wendy sforzandosi di fare un sorriso che fosse convincente, dopo qualche minuto perso in chiacchiere le due si unirono al gruppo che intanto si era spostato al binario. Il treno arrivò dopo poco e le amiche, per non si sa quale miracolo, riuscirono a trovare dei posti a quattro liberi in cui si sedettero comodamente. Pochi secondi dopo vide arrivare Peter che, non essendoci altri posti liberi, non ebbe scelta se non sedersi davanti a loro. Lui non era stato molto felice di rivederla per ovvie ragioni e, nonostante fossero passati mesi, ancora le portava rancore e si comportava come un bambino di due anni; dall'altra parte a lei non interessava che cosa lui facesse o dicesse solo per il gusto di infastidirla, era abituata ai bulletti e non aveva difficoltà ad ignorarlo. Il viaggio passò velocemente tra risate per le battute pessime di Noemi e la musica nelle cuffiette. Una volta scesi dal treno le professoresse cominciarono a fare l'appello e, una volta accertata la presenza di tutti, si diressero tutti insieme verso quella che probabilmente sarebbe diventata la futura università della nostra piccola Wendy. Fortunatamente non camminarono molto prima di arrivare a destinazione: l'Accademia si trovava vicino al museo della stessa (dove c'è la statua del David) e fuori era pieno di turisti da ogni parte del mondo che aspettavano il loro turno per entrare a visitare la Galleria. Dopo le varie raccomandazioni da parte delle prof. finalmente riuscirono ad entrare: era bellissima, l'ingresso era ampio e sulla sinistra era situata una scala in pietra, molto simile a quella di Hogwarts, che rendeva tutto così magico ed elegante. Poco più avanti si apriva un cortile rettangolare in cui erano stati posizionati vari tavoli, ognuno per le diverse discipline, e tutti con un colore diverso e diversi ragazzi. Non c'erano professori lì ma soltanto ragazzi che facevano fare il giro della scuola e illustravano le varie materie per ogni disciplina e i vari professori. Wendy e Noemi si guardarono come se avessero appena visto Silente in persona e dopo qualche urletto soffocato si diressero verso il banco blu elettrico con sopra una scritta in grassetto che diceva "PITTURA". Arrivarono di fronte al banco e un ragazzo le accolse con molta gentilezza e disse loro in che cosa consisteva la visita dopodiché le due ringraziarono e si segnarono nel secondo gruppo la cui visita cominciava alle 10:30. Dopo aver fatto un giro di tutti i tavoli e essersi segnate nei posti che più interessavano loro, si sedettero su una delle panchine a chiacchierare e mangiare le barrette che aveva portate Wendy per entrambe. Il tempo parve volare e in quelli che a loro sembrarono pochi minuti arrivò il momento di alzarsi e dirigersi verso il banco di pittura per la visita. Arrivate lì davanti Wendy si sentì crollare tutto, tutto il muro di ghiaccio che si era costruita in questi mesi stava crollando e tornarono il groppo e le lacrime, stavolta con l'aggiunta di un buco nello stomaco paragonabile a quello di una pallottola o di un coltello. Era lei, lì davanti ai suoi occhi come fosse una visione, coi suoi bellissimi capelli intonati agli occhi, che rideva per una qualche battuta raccontata da uno dei ragazzi che erano vicino a lei. Wendy rimase immobile, incapace di fare qualsiasi cosa mentre la sua amica Noemi la chiamava invano per cercare di farla riprendere. Si sentiva travolta da un vortice di emozioni che nemmeno lei riusciva a capire, si sentiva sollevata ma triste allo stesso tempo e le parve di nuovo di essere pazza, non voleva credere che l'avesse avuta così vicina per tutto questo tempo e non lo sapeva. Fu risvegliata soltanto quando qualcuno le si avvicinò e le disse "Adesso cerchiamo di farti riprendere okay? Vieni, andiamo in bagno. Ah, quasi dimenticavo..." le parole che seguirono vennero recepite da Wendy soltanto come un rumore vago ma lei riconobbe la voce, sorrise e si diressero insieme verso il bagno.

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