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La signora Alberti arriva a passo di bradipo tetraplegico, finalmente all'uscita. Il padre di Bea ci fa le sue solite raccomandazioni: "spegnete tutto e chiudete bene. Inutile dirvi di collegare l'allarme."
Beatrice lo accompagna alla porta nemmeno tanto gentilmente, poi si gira come un agente segreto sull'orlo di una crisi isterica. Mi inquieta quando fa così: ha lo sguardo assatanato come una malata di shopping in fila fuori dal centro commerciale, in attesa scatti l'ora X dei saldi.

- Pronta? - mi fa.
E io riesco solo a fare su e giù con la testa come ipnotizzata dai suoi occhi da pazza. Trascina una delle poltrone di fronte alla mia e siede accavallando le gambe.
- Tieniti forte, Giulia. Perché il tizio che ho incontrato, non è il solito.
Continuo ad assentire restando muta,  va beh che volevo distrarla da me, ma adesso sta esagerando: chi avrà mai incontrato di così eccezionale?

- Lui, lui, lui... è così... così... - ormai sta quasi balbettando.
- Bea? - e prendo a scuoterla con la speranza rinsavisca. Anche se in questi casi, due sberle sortirebbero il loro effetto molto meglio.
- È così come? Su avanti, parla invece di fare l'orsetto epilettico.
- Giulia, non puoi capire...
- Nel tuo caso nemmeno uno strizzacervelli capirebbe, fidati.
- Oh, Giulia, lui è così rude.
- Perfetto, chi sarà mai 'sto tizio, il cugino di città di Tarzan? Bea, ti decidi a parlare in modo meno ermetico? Guarda che sto quasi per chiudere la giornata lavorativa, qui, devo ancora prendere la metro per tornare a casa, - meglio che la minacci, sia mai decida di metterci tutta la sera per farsi uscire questo stupido nome dalla bocca.

- Ecco, brava, la metro.
- La metro, cosa? Ti sei invaghita del bigliettaio?
- Ma no, che dici?
- Di uno della manutenzione, allora?
- Niet.
- Del tecnico delle scale mobili?
- Nada.
- Dell'edicolante?
- Nisba.
- Ohi, Google translate, la finisci di rispondermi con idiomi diversi? Mi si è fuso l'ultimo neurone ancora funzionante.

- La metro, Giulia. È lì che l'ho incontrato.
- Fin qui c'ero arrivata. Prosegui.
- Vuoi che inizi dal principio?
- Inizia da dove vuoi, l'importante è che arrivi presto alla fine.
- Insomma, lo sai vero che la settimana scorsa mi si è guastata l'auto?
- Vagamente.
- E sono stata costretta a venire a lavoro coi mezzi pubblici?
- Bea, è matematico a meno che tu non possegga un elicottero privato.
- Sì, ecco, proprio quel giorno che il motore mi ha abbandonato, avevo avuto la brillante idea di indossare i tacchi alti.
- E?
- E niente, salendo con la scala mobile, non arrivo in cima e mi si incastra la punta dei decoltè sul nastro?Trattieniti, Giulia trattieniti. No, Giulia, non si fa. Cattiva Giulia, cattiva bimba.

- Oh Dio, sto morendo, - e lei mi guarda sconcertata con una vena di schifo negli occhi.
- Bea, t'avrei voluto vedere, - e quasi sputo un polmone sul grès porcellanato.
Ok, basta. Ha assunto la posizione "se continui t'ammazzo", ossia: braccia conserte, narici spalancate e labbra strette.
- Hai finito di fare la stronza?
- Stronza io? Mica è colpa mia se ti sei trasformata in Mr. Bean lì, davanti a mezza isola pedonale?

Continua a sprizzare odio da tutti i pori.
- Ok, ok, la smetto, - e intanto continuo a sogghignare.
- Iena, - mi fa lei.
- Non sono iena, sono umana. Avanti, scusa, continua.
Riaccavalla le gambe cercando di darsi un tono.
- Dicevo: la scarpa si incastra, il rullo che continua ad andare avanti, senza un appiglio sto quasi per schiantarmi, quando due braccia forti mi prendono al volo e mi spiaccico con la faccia su un petto che credimi, era tutto fuorché morbido. Il granito proprio, Giulia.

- Non vedo tutta 'sta defibrillazione a cosa è dovuta. Sarà stato un passeggero come tanti.
- È qui che ti sbagli.
- Insomma, Bea, non ci sarà stato di certo Brad Pitt, in giro a fare il turista?
- No! Dove lo metti quello, lo sai che a me i biondi non piacciono.
- Vorrei vedere...
- Come?
- Nulla, continua pure.
- Nel mentre mi riprendo il naso e gli occhi dalla shirt del tipo, mi accorgo di avergli sporcato tutta la maglia col mio rossetto rosso fuoco.
- Vedi? Faccio bene io a non metterlo.
- Tu sei un caso da laboratorio sperimentale.
- Sarà, intanto sei stata tu a fare una figura di merda, e l'hai pure autografata.
- Ma perché mi ostino a parlare con te? Ancora non capisco.
- Perché mi adori? - e sbatto le ciglia da vamp che non ho.

- Insomma, tento in tutti i modi di scusarmi con lui per il disastro che ho combinato, quando quello mi prende per il mento, mi guarda negli occhi e mi fa: "tranquilla signorina, la shirt è meno importante del suo bel viso. Sarebbe stato un peccato si fosse fatta male".
Sto per vomitare.
Sto per vomitare.
Qualcuno mi dia un sacchetto.
- Bleah, che approccio del cavolo. Da troglodita anni ottanta.
- Ma no, è stato così, così...
- Scontato? - le impicco la parola in gola.
- No! Così galante.
- Credimi, Bea, quest'approccio è squallido al pari di quando per strada fanno versi e fischi manco fossimo cani, per attirare l'attenzione.

- Non rovinarmi il momento!
- Oh, pardon, vai avanti con candid camera.
- Giulia, dovevi vedere che occhi aveva.
- I suoi?
- Finiscila!
- Scommetto ne aveva due e non si chiamava Ciclope, - ormai tartassarla è diventato il palinsesto della serata.
- No, ebete. È il colore quello che intendo.
- Allora li avrà cremisi e si fa chiamare Edward?
- Spiritosa, hai toppato oltre che rotto. Li aveva di un verde così particolare che mi sono incantata come una cretina, guardandolo a bocca spalancata a due centimetri dal viso.

- Ho trovato! - esordisco. - Ti sei come ipnotizzata? Dimmi la verità.
- Esattamente, ora hai capito?
- Certo, ora ho capito proprio tutto, - e riprendo a ridere. Mi guarda con aria sospettosa, non si fida, e fa bene.
- Forza, butta fuori la tua ennesima stronzata, sono pronta.
- Giucas Casella, è così che si chiama? - e schiatto a ridere ancora di più.
- Applausi, clap clap da tutto il centro di igiene mentale.
- E dai, non fare la permalosa, fammi scherzare un po', lo sai che arrivata a quest'ora della giornata non sono più io.
- Già, infatti ti preferisco di prima mattina assonnata e taciturna.
- Quello dura fino a che non metto qualcosa sotto i denti, poi carburo meglio di una Porche.

- Ecco, ho trovato.
- Cosa?
- Da domani nuova regola, qui al negozio: si mangia solo in pausa pranzo.
- No! No! No! Non puoi farmi questo.
- Posso eccome, stronzetta.
- Ok, giuro che ti faccio finire di raccontare senza commenti.
- Non mi fido.
- Giuro, croce sul cuore.
- Tanto è inutile che ora ti prostri, non serve. Ho finito.
- Non hai finito per niente, devi ancora dirmi il nome.
- Non ti sento insistere abbastanza.
- Nome, nome, nome, nome, - e prendo a battere le mani a ritmo di tifo da stadio.
- Ok, ok, smettila. Se proprio insisti tanto...
- Insisto e persisto.
- Si chiama Luca.
- Memorizzato: Luca con gli occhi verdi. Vedi come riesco a fare la persona seria?

- Ti metto alla prova per l'ultima volta, dopo questa che ti dico, se ricominci a ridere, giuro che non ti parlo più di nulla.
- Sono pronta, vai.
- Fa il chitarrista in strada per guadagnarsi da vivere.
- Sicura? Io non l'ho mai visto un chitarrista sotto alla metro, eppure la prendo ogni giorno.
- Sicura sì, mi ha detto che di solito la vigilanza lo caccia via, allora fa da spola tra la stazione e il marciapiede della banca.
- Dovrò farci caso meglio, sono proprio curiosa di vedere chi è il tipo che t'ha ridotta così.
- Così come?
- Come una quindicenne in crisi ormonale.
- Ma smettila.
- Sarà, ma non t'ho mai vista combinata in questo modo.
- È perché lui è un figo spaziale.
- Lascia valutare me
- Giulia?
- Dimmi pure.
- Nel caso lo incroci...
- Te lo saluto?
- No. Vedi di non fare la stupida perché sono davvero interessata a conoscerlo.
- Ma chi, io? Figurati se quello guarda me se può avere un pezzo di femmina come te.
- Grazie, sei un tesoro.
- Bea?
- Sì?
- Non sono un tesoro, sono un repellente per gli uomini, ricordalo. Ora chiudiamo 'sto posto chè ho una fame che non ti vedo.
- Vai tu, chiudo io con calma.
- Va bene, a domani. E ricorda, il cibo è mio amico. Non toccarmi il cibo e nessuno si farà male.
- Vai via, mangiatrice senza cellulite a tradimento.
- Non dimenticare che è vero che non ho cellulite, ma non ho nemmeno tette se è per questo, un po' di grasso in quella zona, male non mi farebbe.
- Non ti servono le tettone, hai un cervello, tu.
- Disse quella con la quinta di reggiseno...
- Sparisci.
Mimo l'effetto prestigiatore dopo due secondi.
- "Puff. Si dilegua goffamente".

Complicatissima MeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora