Capitolo 4

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«Non ho modo di saperlo.»
La mia curiosità si è risvegliata. «Quanti anni aveva quando è stata adottata?»
«È un'informazione di pubblico dominio, Mir Cappellino.» Il suo tono è severo. "Merda." Già, certo, se avessi saputo di dover fare questa intervista, mi sarei preparata. Confusa, mi affretto a passare oltre.
«Ha dovuto sacrificare la vita familiare al lavoro.»
«Questa non è una domanda» taglia corto lei.
«Mi scusi.» Sono agitato. Lei mi fa sentire come una bambino colta in fallo. Ci riprovo. «Ha dovuto sacrificare la vita familiare al lavoro?»
«Io ho già una famiglia. Un fratello, una sorella e due genitori strafatti e la mia infinita collezione di Cappellini. Non mi interessa allargarla ulteriormente,.»
«Lei è Lesbica, Miss Razzisti?»
Lei fa un sospiro eccitato, e io chino il capo, mortificato. "Accidenti." Perché non ho usato una sorta di filtro prima di sparare questa domanda? Come faccio a dirgli che mi sono limitato a leggerla? Al diavolo Zirma e la sua curiosità!
«Oh Cappellino così mi fai veni...Mi piace cimentarmi in questo genere di cose ma per adesso amo solo i cappellini» Alza un sopracciglio, con un lampo gelido negli occhi. Non sembra contenta.
«Le chiedo scusa. È... ecco... è scritto qui.» È la prima volta che pronuncia il mio nome. Il cuore mi martella nel petto, e le guance mi bruciano. Mi infilo nervosamente alcuni fili dietro l'orecchio. Lei piega la testa di lato.
«Queste domande non sono sue?»disse triste.
Impallidisco.
«Ehm... no. È stata Zirma, Miss Esposito, a prepararle.»
«Siete colleghi allo scaffale del negozio?» "Oh, no." Zirma non ha niente a che fare con lo scaffale del negozio. Lei sta sul ciglio della strada di kotte.Ho di nuovo il volto in fiamme.
«No, lei è la mia coinquilina.»
Lei si gratta le chiappe, riflettendo senza fretta, mentre i suoi occhi merdini mi valutano.
«Si è offerto lei di farmi questa intervista?» chiede, con una calma glaciale.
Un attimo, chi è che fa le domande qui? Il suo sguardo mi inchioda, spietato: mi sento costretto a dire la verità.
«Sono stato reclutati all'ultimo. Zirma era troppo arrapata, aspettava uno dei suoi clienti.» La mia voce trema.
«Questo spiega molte cose.»
Qualcuno bussa alla porta, ed entra il Zelloso Numero Due.
«Miss Razzisti, mi scusi se la interrompo, ma il suo prossimo appuntamento è fra due minuti.»
«Non abbiamo ancora finito,Bisio. Per favore, annulla il prossimo appuntamento.»
Bisio esita, guardandola a bocca aperta. Sembra disorientato. Lei gira piano la testa verso di lui e lo fa vomitare. "E così non sono l'unico!"«Certo, Miss Razzisti» farfuglia, poi esce. Lei aggrotta la fronte, e riporta l'attenzione su di me.
«Dove eravamo, Mr Cappellino?»
"Ah, adesso siamo tornati al 'Mr Cappellino'."
«La prego, non voglio distoglierla dai suoi impegni.»
«Voglio sapere qualcosa di lei. Mi sembra doveroso.» I suoi occhi brillano di eccitazione . "Dove vuole arrivare?" Appoggia i gomiti sui braccioli della sedia diroccata che subito dopo si rompono e unisce le dita di fronte alla bocca. La sua bocca è... una grande distrazione. Deglutisco.
«Non c'è molto da sapere.»
«Che progetti ha dopo la laurea?»
Mi stringo nelle spalle, sconcertato dal suo interessamento. "Venire Nel Molise con Zirma, trovare qualcuno a cui io calzi perfettamente." Non sono ancora riuscito a pensare oltre le mensole.
«Non ho fatto progetti, Miss Razzisti. Per il momento, mi basta rimanere sugli scaffali.» Per cui in questo preciso momento dovrei studiare, invece di starmene seduto nella tua aula diroccata, scadente e puzzolente , sentendomi a disagio sotto il tuo sguardo assassino.
«Nella mia scuola abbiamo un ottimo programma stare seduti senza far niente» spiega con calma. Sono turbato, interdetto. Mi sta offrendo un lavoro?
«Me lo ricorderò» mormoro, confusa. «Anche se non sono certa di essere adattoa questo posto.» Oh, no. Sto di nuovo pensando ad alta voce.
«Perché dice così?» Piega la testa di lato, incuriosita, l'ombra di un sorriso sdentato sulle labbra.
«È ovvio, no?» "Sono bellissimo, alla moda , e non sono zelloso."
«Non per me.» Il suo sguardo è intenso, senza più traccia di umorismo, e io sento il tessuto contrarsi all'improvviso. Distolgo gli occhi dal suo esame minuzioso e li abbasso sulle mie dita intrecciate. "Che cosa sta succedendo?" Devo andarmene. Adesso. Mi chino per prendere il registratore.
«Vuole che le faccia fare un giro della scuola?» chiede.
«Sono certa che lei è molto impegnata , Miss Razzisti, e io devo fare un lungo viaggio.»
«Deve tornare nel Molise?» Sembra sorpresa, addirittura in ansia. Lancia un'occhiata fuori dalla finestra. Ha cominciato a piovere. «Be', è meglio che guidi con prudenza» mi intima, con tono severo e autorevole. E a lei cosa importa? «Ha ottenuto quello che le serviva?» aggiunge.
«Sì, zoccolona» rispondo, infilando il registratore nello zainetto. Mi guarda perplessa, stringendo gli occhi.
«Grazie per l'intervista, Miss Razzisti.»
«È stato un piacere» dice lei, malefica come al solito. Mentre mi alzo, mi tende la mano.
«Alla prossima, Mr Cappellino.» Non sono sicuro se suoni come una sfida, o una minaccia o peggio una promessa . Aggrotto la fronte. Quando mai ci incontreremo di nuovo?
Chi l'ha vuole più vedere.Gli stringo la mano, stupefatto di sentire ancora quella strana scossa. Devono essere i miei nervi.
«Miss Razzisti.» Gli faccio un cenno di saluto. Con grazia atletica lei va alla porta e la spalanca.
«Solo per assicurarmi che la oltrepassi indenne, Mr Cappellino.» Mi fa un piccolo sorriso. Naturalmente, allude al mio ingresso non proprio trionfale. Arrossisco.
«È molto premuroso da parte sua, Miss Razzisti!» esclamo, e il suo sorriso si allarga. "Mi fa piacere che tu mi trovi buffo" lo fulmino dentro di me, tornando nell'atrio. Sono sorpresa di vedere che mi segue. Bisio e Ciccio alzano entrambi gli occhi, ugualmente sorpresi.
«Ha un soprabito?» chiede Grey.
«Una giacca.»
Ciccio balza in piedi e me la butta per terra .Razzisti gliela la raccoglie prima che possa prenderla. La tiene sollevata davanti a me e io me la infilo, vergognandomi da morire. Lei mi posa un istante le mani sulle spalle, facendomi sussultare. Se nota la mia reazione, non lo dà a vedere. Chiama l'ascensore e restiamo entrambi in attesa: io sulle spine, lei fredda e a quinto pare puzzolente. Le porte dell'ascensore si aprono e io sfreccio dentro, ansiosa di scappare. "Ho davvero bisogno di andarmene da qui." Quando mi giro verso di lei, mi sta osservando, appoggiato alla parete con una mano. È davvero molto, molto vomitevole. La cosa mi inquieta.
«Cappellino» dice, a mo' di saluto.
«Genoveffa» replico. E, per fortuna, le porte si chiudono.

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