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chapter one — galway

Galway, Irlanda; 30 agosto

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Galway, Irlanda; 30 agosto

Meredith pov

La luce che filtrava dalle tende verde acqua mi fece aprire gli occhi e... no ok, non sono una principessa e questo non é certo il modo in cui mi sveglio.
Ricominciamo.

«Sveglia!!!» urlò la voce di quello stordito del mio fratellastro: Jack.
Sobbalzai e cadetti rovinosamente dal letto.

Cazzo

«Ma sei scemo?!» strillai con la faccia a terra, mentre lui si piegava in due dal ridere «Ti odio.» sospirai rialzandomi «Ah, tanto so che mi vuoi bene.» mi disse, cercando di trattenere altre risate «Dai, muoviti a scendere. La mamma ha fatto i pancakes.» disse, prima di uscire dalla mia stanza.

Mi diressi verso il bagno per sciaquarmi la faccia e, una volta fatto, mi guardai allo specchio. I capelli biondo platino erano tutti arruffati; gli occhi azzurri ghiaccio erano stanchi, sembrava quasi che mi fossi drogata. Per non parlare dell'apparecchio che spuntava ogni volta che aprivo bocca e che non me la faceva chiudere completamente.
Insomma, un vero esemplare di bellezza.

Il resto del corpo non lo vedevo, in realtà non vedevo bene neanche tutto il viso.

Cavolo se sono bassa

Sospirai e mi diressi verso la sala da pranzo, non curante del mio orribile aspetto.

Una volta sotto il buon odore dei pancakes appena sfornati mi invase le narici.

Mi sedetti a tavola, vicino a Jack, mentre mia madre mi portava la colazione « Mer, andresti a prendere la posta?» mi chiese mia madre «Non ci può andare Jack?» dissi infastidita «Eh no Med, ci vado sempre io qundi ora muovi il culo.» ribattè il ragazzo guadagnandosi una mia occhiataccia.

«Non chiamarmi Med.» mi alzai controvoglia e andai alla porta.
Una volta aperta presi la posta e, rialzandomi, notai i bambini che abitavano davanti a me che mi guardavano strano.

Che avete da guardare mocciosi?
Pensai. Sono proprio buona la mattina.

Chiusi la porta e tornai a tavota, guardando le varie buste ricevute.

Una mi incuriosì più delle altre, che lasciai sul tavolo. Era una busta bianca, sopra, con una calligrafia piuttosto strana c'era scritto "per Meredith". Sorrisi, sapevo di chi era la lettera «Quale dei tuoi amici sfigati tel'ha mandata?» chiese il ragazzo di fianco a me, ingoianso l'ultimo sorso di latte «Non sono affari tuoi e i miei amici non sono sfigati.» risposi acida «Sorriso sulle labbra, occhi che si illuminano: è di James.» constatò allegramente alla fine «Sei sfinente.» borbottai «Si, é quello che hai detto a James.» mi sussurrò all'orecchio prima di andare in cucina per dare la tazza alla mamma. Aggrottai le sopracciglia, poi colsi il doppio senso.

𝐒𝐐𝐔𝐀𝐋𝐋𝐈𝐃𝐀 𝐂𝐈𝐓𝐓𝐀𝐃𝐈𝐍𝐀 𝐃𝐄𝐋 𝐌𝐀𝐈𝐍𝐄 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora