Ciao, ciao miei buoni propositi di vedere ancora Magnus Bane

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Vi fu il silenzio, spezzato solo quando Jace disse: «Però, pensavo fosse più grande.»

Clary guardò la Coppa che aveva in mano. Era grande come un qualsiasi bicchiere da vino, solo molto più pesante. Pulsava di potere, come il sangue nelle vene di un essere vivente. «Va benissimo così» disse indignata.

«Oh, sì, è grande abbastanza» disse lui con un tono paternalistico «ma in qualche modo mi aspettavo qualcosa... sai...» Fece un gesto con le mani a indicare più o meno le dimensioni di un gatto.

«È la Coppa Mortale, Jace, non la Tazza del Cesso Mortale» disse Isabelle. «Abbiamo finito qui? Possiamo andare?»

Dorothea aveva la testa piegata da un lato. I suoi occhi erano luccicanti e attenti. «Ma è rotta!» esclamò. «Come è successo?»

«Rotta?» Clary guardò la Coppa sconcertata. A lei sembrava a posto.

«Dammela» disse la strega. «Ti faccio vedere» e fece un passo verso Clary tendendo le lunghe mani dalle unghie rosse verso la Coppa.

Clary si ritrasse.

All'improvviso Jace si mise tra loro, la mano accanto alla spada che teneva alla cintura. «Senza offesa» disse tranquillamente «ma nessuno tocca la Coppa Mortale a parte noi.»

Dorothea lo guardò per un istante con una strana assenza di espressione. «Cerchiamo di non farci prendere dalla fretta» disse. «Valentine non sarebbe contento se dovesse accadere qualcosa alla Coppa.»

«Valentine?» esclamai allarmato. «Ma...»

Con un lieve snick la spada di Jace lasciò il proprio fodero. La sua punta si parcheggiò appena sotto il mento di Dorothea. Lo sguardo di Jace era tranquillo. «Non so cosa stia succedendo» disse. «Ma noi ce ne andiamo.»

Gli occhi della vecchia scintillarono. «Ma certo, mio piccolo Cacciatore» disse arretrando verso la parete coperta dalla tenda. «Vuoi usare il Portale?» La punta della spada tentennò mentre Jace la guardava confuso. Poi la sua mascella si irrigidì. «Non lo tocchi...»

Dorothea ridacchiò. «Benissimo» disse per niente preoccupata, e con la velocità di un lampo strappò via le tende appese al muro, che caddero con un morbido fruscio. Il Portale dietro di esse era aperto.

Io restai senza fiato. «E quello cos'è?» Nuvole rosse e turbinanti, attraversate da lampi neri, una forma scura e terrificante che avanzava a grande velocità verso di loro.

Jace urlò all'improvviso di buttarsi a terra, si gettò sul pavimento e trascinò Clary con sé. Stesa sulla moquette a pancia in giù.

Quella cosa scura stava colpendo Madame Dorothea, che urlò e alzò le braccia di scatto. Anziché abbatterla, la cosa nera la avvolse come un sudario mentre la sua oscurità la pervadeva e la imbeveva come inchiostro che si spande su un foglio di carta. La schiena di Dorothea si ingobbì mostruosamente e tutto il suo profilo si allungò mentre saliva sempre più in alto e la sua grande massa si stirava e si deformava. Un tintinnio acuto di oggetti che colpivano il pavimento. Sparse tra i gioielli c'erano quelle che sembravano piccole pietre bianche. Erano i denti.

Accanto a Clary, Jace sussurrò qualcosa.

Io, lì vicino, dissi con una voce strozzata: «Ma avevi detto che non c'era molta attività demoniaca... avevi detto che i livelli erano bassi!»

« Erano bassi» sibilò Jace

 «La tua idea di basso è molto diversa dalla mia, allora!» urlai, mentre la cosa che era stata Dorothea ululava e si contorceva. Sembrava si stesse espandendo, piena di gobbe e bitorzoli e grottescamente deformata. Clary distolse lo sguardo, mentre Jace si alzava e se la trascinava dietro.

città di ossa secondo Alexander Gideon LightwoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora