Capitolo 3: Rifugio segreto

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Una sconfinata tristezza mi avvolgeva. Non eravamo mai stati una famiglia perfetta, non una di quei telefilm americani in cui sembra che tutti si vogliano bene e che i difetti non importino. Non lo siamo mai stati e comunque mai lo saremmo diventati. Eppure sento il cuore a pezzi, non che non sapessi già che il rapporto tra i miei genitori si stava pian piano affievolendo, ma perlomeno guardavo quella situazione da lontano, senza viverla mai direttamente, tanto che mi sembrò risolvibile i primi tempi, poi man mano peggiorò sempre più. Papà si spostò dal letto matrimoniale al divano e mancò la metà dei pranzi, mamma cominciò un corso di balli caraibici e sostituì il pranzo di famiglia con il pranzo con le amiche, così a conti fatti a pranzo rimasi da sola, il che non mi dispiaceva neanche visto che potevo abbuffarmi di schifezze e mangiare in ogni parte della casa, guardare la tv quanto volevo e stare sveglia fino a tardi ogni notte. Eppure sentivo la loro mancanza, la voglia di una famiglia unita come nei film, o perlomeno di una famiglia che si volesse bene nonostante i difetti, è così che si fa quando si ama qualcuno, lo si accetta così com'è, e loro non erano più capaci di farlo.
Stefano mi intimava di stringermi a lui, era bello quando si preoccupava per me, sentivo quel senso di protezione e mi sentivo a casa. Dove stavamo andando? Nel mio posto, non c'era stato bisogno di dargli precise indicazioni, conosceva la strada, sapeva di cosa avevo bisogno ed era lì per darmelo.
Raggiungemmo la spiaggia desolata e mi lasciai cadere sulla sabbia riscaldata dal sole, le giornate erano sempre più lunghe ed era piacevole lasciarsi coccolare dai primi raggi di una luce che sarebbe durata per tre bellissimi mesi. Schivai lo sguardo indagatore di Stefano cercando di celare come mi sentivo davvero, così lui si mise a gambe incrociate difronte a me e mi sollevò il viso con le dita.
-Ti va di parlarne?-
- Le parole non servirebbero a cambiare le cose- sussurrai abbassando lo sguardo
- Allora restiamo in silenzio- disse.
Restai per qualche minuto a guardare il mare, era una delle poche cose che riusciva ad appagarmi, era capace di farmi calmare, andavo in quel posto tutte le volte che mi sentivo disperatamente triste e lasciavo che il mare curasse le mie ferite come una fosse un amico. Allungai la mia mano verso la sabbia alla ricerca dei miei occhiali da sole e lì, poggiata a pochi centimetri dalla mia, c'era la mano di Stefano. Mi stesi su un fianco posando il mio viso difronte al suo in modo da poterlo guardare negli occhi e da lasciare che lui scrutasse nell'abisso dei miei. Poi cominciai ad accarezzare la sua mano in modo dolce, era così vellutata, la pelle morbida e le nocche sporgenti. Continuai a passare in modo delicato le mie dita sulle sue e fu come se quel tocco avesse sprigionato in me un bisogno di sentirlo vicino. Poi ad un tratto lui fermò le mie dita e strinse la mia mano avvolgendomi con il braccio e tenendomi stretta a se. Affondai il viso nella piega tra il suo collo e la sua spalla e piansi.
-I miei divorziano- biascicai in preda alle lacrime
Lui passò un dito sul mio viso nel tentativo di bloccare un'altra lacrima ribelle che scivolava giù e mi sorrise.
Il bello delle persone che ci stanno accanto è che a volte fanno cose che non ci aspettiamo, cose che non pensavano fossero possibili, eppure eccoli qui questi occhi verdi che mi guardano ogni oltre barriera, ogni oltre confine. E allora penso che in fin dei conti siamo stati proprio noi a scegliere la persona che amiamo perché abbiamo visto in lei qualcosa che ci avrebbe reso felici, abbiamo visto in lei un sorriso gentile, uno sguardo, un gesto, che ci hanno fatto capire che si, era la persona che avremmo voluto amare, era la nostra persona, anche se non lo sapevamo ancora.
Ed io in quel momento ancora non lo sapevo.

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