New Orleans, 1961
La città si stava svegliando, i clacson delle auto iniziavano a suonare e gli artisti di strada impugnavano le loro trombette e i tamburi e intonavano un piacevole risveglio in tutta la città.
Io mi preparo per andare a lavoro, mi sistemo davanti allo specchio, la maglia bianca che presenta qualche piega e la nascondo dentro al tessuto dei pantaloni color crema. Stringo il nodo alle mie scarpe lucide e prendo il cappotto, blu scuro.
Non esco di casa prima di dare un bacio sulla guancia a mia madre come buongiorno e dare una veloce occhiata alla foto di papà, appesa all'ingresso.
Arrivo alla fermata giusto in tempo, l'autobus stava per partire.
Salto a bordo e trovo appoggio sulle maniglie di sostegno vicino all'uscita. È una bella giornata di sole, ci troviamo in estate, dopotutto.
L'autobus fa le sue fermate e quando arriva alla piazza principale scendo e corro verso il mio posto di lavoro, il bar Kiot. Avevo iniziato a lavorarci verso i 15 anni, nell'età in cui era più disponibile dato che mamma si occupa da sola di me da quasi dieci anni.
Ora siamo solo io e lei da più o meno tredici anni. Papà è morto in guerra, la guerra fra le due Coree, che ebbe inizio quando io avevo ancora sei anni, nel 1950 e finì nel 1953.
Ci era arrivata una lettera che ci annunciava il suo congedo dal plutone, ma un mese dopo arrivò un'altra lettera. Mamma la lesse quando io non c'ero e la trovai accasciata all'entrata, con il pezzo di carta tra le mani, il corpo di mio padre arrivò due giorni dopo.
Al funerale si presentarono persone che non conoscevo, erano amici di papà supponevo, Namjoon e suo padre non si presentarono al funerale e a dirla tutta, sono passati anni da quando non vedo Kim Namjoon, non so nemmeno che aspetto abbia adesso, se sia alto o basso, se ha la pelle olivastra o bianca come un lenzuolo o se le sue fossette sono ancora ben visibili quando sorride.
Andavamo alla stessa scuola elementare ma dalle medie in poi ci siamo divisi. Io andavo alla scuola pubblica, lui in un istituto privato. Non facevamo nemmeno la strada assieme perché suo padre lo andava a prendere con la sua automobile. Io ero costantemente sugli autobus, diviso tra scuola, piccoli lavoretti utili per avere qualche soldo in più a casa e consolare mia madre in modi inutili.
Da quando mio padre è venuto a mancare si è rabbuiata, non sorride più come prima ma con il passare degli anni ha imparato a convivere con il dolore. Io non ne sono capace, papà mi manca da morire e questo vuoto che ho dentro non riesco a colmarlo.
Ci eravamo promessi che avremmo aperto un ristorante assieme, ma ora che lui non c'è più ho altre mille ragioni per impegnarmi con tutto me stesso e aprire il ristorante dei suoi sogni. Glielo devo.
Non appena entro da Kiot l'odore di miele e burro mi riempie le narici, sospiro, ci sono alcuni tavoli già occupati, i clienti già consumano il loro caffè.
Di fronte a me, grazie alla finestra ampia che permette di vedere la cucina, vedo i due cuochi del posto, Taehyung e Jungkook, mentre ridono e scherzano e cucinano un paio di waffles.
Corro in dispensa e appendo la mia giacca e indosso il mio grembiule, <<Alla buon'ora Seokjin!>> mi urla dietro Taehyung, alzo gli occhi al cielo. Dal bordo della finestra mi mette davanti due piatti di waffles con la panna sopra.
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𝐅𝐑𝐀𝐆𝐎𝐋𝐄 𝐄 𝐂𝐈𝐎𝐂𝐂𝐎𝐋𝐀𝐓𝐎 [K.nj, K.sj]
Fanfiction"Scoprirai chi sei quando troverai quello di cui hai bisogno". SLOW UPDATES Igirasolicolorpesca | 2018