Dai capitoli 96 e 97
Beatrice
•Ricominciamo insieme?
~Sì, insieme.•Matilde's pov•
Non potevo crederci; forse, semplicemente, non volevo crederci. Quella notifica su Ask.fm mi ha completamente cambiato la giornata. Dopo quasi due anni, avevo ricevuto nuovamente sue notizie. Dopo quasi due anni, quella persona che credevo di non rivedere più per colpa di un bastardo, mi aveva chiesto di incontrarci. Dopo quasi due anni, mi aveva scritto l'unica persona che mi chiamava "petite peste", anche se l'aggettivo "petite" non era proprio appropriato: mia sorella minore, Beatrice.
Beatrice ha l'età di Patrick: hanno frequentato, infatti, la stessa classe al liceo, anche se si conoscevano già di vista dalle medie. Ed è proprio così che ci siamo conosciuti io e l'attaccante: veniva sempre a casa mia per studiare con mia sorella.
Il fatto che Bea mi abbia cercata dopo quasi due anni di silenzio, mi fa stare bene da un lato, ma male dall'altro. Bene perché so che la mia sorellina sta bene; male perché poteva anche mantenere la promessa che mi aveva fatto e farsi sentire prima. Ma so che quello che le è successo quella sera l'ha cambiata. Aveva bisogno dei suoi spazi, ma certamente non avrei immaginato che sarebbe sparita per tutto questo tempo.
Mi veniva da piangere; ma le lacrime non uscivano. Ero un insieme di emozioni e sarei potuta scoppiare a piangere da un momento all'altro. Ero completamente assorta nei miei pensieri tanto da non sentire né il citofono né il telefono mentre suonavano insistentemente. La scritta Bomber mio⚽️❤️ con lo sfondo di una sua foto mentre sorrideva illuminava lo schermo del mio telefono. Lui sapeva quanto avevo sofferto dopo aver letto la lettera lasciata da mia sorella; e io sapevo quanto ha sofferto lui alla scomparsa della sua migliore amica.
Senza neanche chiedere chi fosse, aprii il portone e la porta di casa. Quando me lo ritrovai davanti, quasi non caddi per terra: occhiaie, occhi lucidi, volto stanco e capelli disordinati. Quasi non sembrava lui. Stava lì, fermo sulla soglia di casa ad aspettare una mia mossa. Non servivano parole in quel momento; lui sapeva bene che l'unica cosa di cui avevo bisogno era un suo abbraccio, come nei terribili mesi dopo la scomparsa di mia sorella.
E lo fece; si avvicinò piano, temendo forse di essere respinto. Ma fu proprio tra le sue braccia forti e rassicuranti che scoppiai a piangere, liberandomi di tutto quello che avevo trattenuto dentro nell'ultimo periodo. Tutto lo stress dell'ultima settimana, la litigata con Patrick che ha portato alla nostra rottura, gli insulti di persone che non mi conoscono, la scoperta di mia sorella; tutto racchiuso in un "semplice" pianto. E lui era lì, lì con me, come due anni fa. Era lì a dimostrare che, nonostante tutto, ci sarebbe sempre stato per me. Il silenzio, rotto dal suono del mio pianto, regnava in casa. Ma non mi interessava; non avevo bisogno di parole. E lui l'aveva capito. Mi teneva stretta a sé da quando era entrato in casa e non mi aveva lasciata andare neanche per un secondo.Dopo un'infinità di tempo, ci staccammo: io con tutto il trucco sbavato, lui con la maglia bianca bagnata dalle mie lacrime e sporcata dai residui del mio mascara. Mi alzò il viso con una mano mentre con l'altra mi asciugava le lacrime.
<<Sono qui, non me ne vado. Ho già fatto una cazzata settimana scorsa, non voglio rifarla. Non ora che mi hai permesso di starti vicino in un momento del genere>> mi disse con dolcezza, guardandomi negli occhi per trasmettermi tutta la sua sincerità.
Inizialmente non risposi; non sapevo come rispondergli. Ma poi fu il mio cuore a parlare:
<<Ti amo>> dissi semplicemente queste due parole.