•Missing moment 3•

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Dal capitolo 103

Come ai vecchi tempi

•Matilde's pov• 

<<No Patrick, io non scendo dalla macchina; non sono pronta. Ritorniamo a Milano, ti prego>> dire che avevo paura era poco. Stavo letteralmente morendo di ansia; se non ci fosse stato Patrick, mi sarei buttata sotto una macchina.

<<Mati, non voglio litigare con te; ma ti conosco e so che, se non ti convinco a parlare con lei, starai solo peggio e poi ti pentirai. Quindi, prendi un bel respiro, fammi un sorriso e scendi dalla macchina>> santo ragazzo che mi sopporta.

Dopo essere scesi dalla macchina, percorremmo le strade che ci avevano accompagnati nella nostra infanzia. Mano nella mano passammo nei vicoli che ci avevano visto crescere; arrivammo alla piazza del Duomo, situata vicino al lungolago, per poi arrivare alla nostra meta: il parco pubblico di Villa Olmo. Appena entrammo all'interno di esso attraverso uno dei porticati laterali, i ricordi della mia infanzia incominciarono a farsi vivi nella mia mente: i pomeriggi con Bea e i nostri nonni, i pomeriggi con Bea e Patrick passati a studiare sul prato, le uscite con i miei amici. Fu quando Patrick  mi passò i pollici sulle guance che mi accordi delle lacrime che solcavano il mio viso.

<<Ricordare tutto è strano. Hai presente quando entri in un luogo e vieni assalito dai ricordi? Ecco, per me è stato uguale. Lì, sotto al grande cedro, ci mettevamo io, te e mia sorella quando venivamo a studiare; quando venivo con i nonni, ci mettevamo sulle panchine a osservare il lago. Sono ricordi della mia infanzia che rimarranno indelebili. Oppure lì, in quel grosso spazio, io e mia sorell->> non riuscii a finire la frase a causa di una voce che mi interruppe.

<<Ci mettevamo a giocare a palla con papà>> quella voce che non avevo sentito per quasi due anni, quella voce che era stata il mio unico punto di forza in molti momenti della mia vita; quella voce era, nuovamente, vicino a me.

Mi girai; lentamente, ma mi girai e la vidi: un paio di jeans skinny a fasciarle le lunghe gambe e una camicetta a fiori. I capelli lunghi biondo cenere raccolti in una morbida treccia che le cadeva sulla spalla destra. Nessuna delle due aveva il coraggio di fare la prima mossa, io per paura di fare qualcosa di cui poi mi sarei pentita in futuro e lei per paura di essere respinta. Fu Patrick che ci salvò da quella situazione che stava diventando troppo imbarazzante, avvicinandosi a lei per abbracciarla. Anche se non lo dava a vedere, le era mancata la sua migliore amica. Non ne parla mai, ma solo perché è il suo carattere che non gli fa esternare le sue emozioni. Al liceo erano inseparabili; mi ricordo di tutte le esperienze che hanno vissuto insieme e che, indirettamente, ho vissuto pure io attraverso i racconti di mia sorella.

<<Mi sei mancata, Bea; ci sei mancata>> le disse, abbassando il tono della voce mentre pronunciava l'ultima frase.

<<A-anche t-tu; anche v-voi>> rispose lei visibilmente imbarazzata.

<<E se andassimo all'ombra del cedro? Direi che abbiamo molto di cui parlare>> propose l'attaccante.

In tutto questo, io non ero ancora riuscita ad aprire bocca. La stretta della mano di Patrick intorno alla mia si fece più forte, a dimostrare il fatto che ci sarebbe sempre stato. Dopo qualche minuto di silenzio abbastanza imbarazzante, Beatrice prese parola:

<<Bastò una sola serata per farmi cambiare totalmente. Ero sempre stata la più forte, una ragazza che affronta ogni difficoltà con il sorriso; ero sempre stata sicura di me. Ma bastò una serata, uno stupido compleanno a farmi cambiare, fino a portarmi a essere insicura. Iniziai a vergognarmi di me stessa. In quel momento, mi sembrava che la cosa più giusta da fare fosse quella di scappare lontana da tutti. Vedere Lorenzo insieme a quella ragazza dopo che mi ero completamente dedicata a lui, mi ha uccisa dentro. Mi sentivo tradita, presa in giro e mi incolpavo per essere caduta nella sua trappola.

Ask.fm|| Patrick CutroneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora