I.

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Fischio mentre entro nel bar, attirando l'attenzione di Marco, il proprietario di questo locale, nonché mio migliore amico.
Lui mi rivolge un cenno con la testa, mentre io mi accomodo sulla piccola sedia, davanti al bancone di marmo.

«Il solito», gli dico, quando finalmente è davanti a me. Inizia ad armeggiare per prepararmi un caffè, mentre io sfoglio distrattamente il giornale di qualche giorno fa.
«Ecco a te.»
La bevanda fumante emana un profumo buonissimo, infatti ci impiego pochissimo per berla.
Stamattina, stranamente, il bar è vuoto. Forse perché è ancora troppo presto.

«Dobbiamo organizzare una delle nostre serate, un giorno di questi.»
Mi dice Marco, pulendo il bancone, anche se non è sporco. O almeno, così mi sembra.
«Già. È da un po' che non ci vediamo», rispondo, piegando il giornale in due.
«Che ne dici di questo sabato?»
Picchietto le dita sul mento, mentre rifletto.
«Non credo di dover fare qualcosa, quindi sì, va bene.»
Marco annuisce e lanciando uno sguardo alla televisione, difronte a sé, inizia a lavare alcuni bicchieri.
«Hai sentito della sparatoria?»
«Sparatoria? Quale?»
Indica la televisione e mi volto, seguendo ciò che sta dicendo la giornalista.
Che gran disastro, penso.

Mi duole il cuore, mentre ascolto questa notizia. Dannazione, perché dal niente, da un qualcosa di così frivolo, nasce sempre qualcosa di più grande e di più sbagliato?
Sospiro pesantemente, voltandomi verso il mio migliore amico, quando la giornalista annuncia un'altra notizia, riguardante l'altra parte del mondo.

«Tu non hai sentito niente?», chiedo.
«No. Ieri non ero qui a Napoli. Sono andato dalla mia ragazza, a Roma.»
«Cosa?!», rispondo, incredulo. Probabilmente ho anche alzato la voce.
Marco arrossisce ed io scoppio a ridere, indicandolo.
«Non ridere!»
«Stai scherzando, vero? Come puoi...Insomma, essere fidanzato?»
«No, non sto scherzando. Lo sono da un mese, Alan. Quello single, adesso, sei tu.»
Pago il mio caffè e, prima di uscire dal bar, rispondo alla sua battuta.
«Io non sono mai single.»
In risposta, mi fa il medio.

Cammino verso il mio negozio, godendomi l'aria ancora fresca delle sette del mattino.
È una sensazione molto piacevole, quasi paradisiaca.
Infilo le chiavi nella serratura della porta e con uno scatto, la apro.
Il negozio è, per metà, buio e all'interno c'è un brutto odore.
Così, apro la finestra ed inizio a lavare tutti i pennelli utilizzati il giorno precedente.

L'arte è da sempre la mia passione.
Pennellata dopo pennellata, mi ritrovo in un mondo tutto mio.
In un mondo semplicemente fantastico.
Essere un'artista, però, non è semplice. La paga è davvero bassa, infatti, tutto ciò che posso permettermi sono: un monolocale, una vecchia Vespa ed un cellulare con il vetro spaccato in due.
Eppure, è così bello. Ho inseguito un mio sogno, nonostante il posto di lavoro assicurato da mio padre.
Lui l'ho ignorato.
Bisogna inseguire i propri sogni, non inseguire gli altri.

Una ragazza cinese, entra nel mio negozio, ammirando alcuni quadri. Io non dico nulla, semplicemente continuo a lavare i pennelli. La pittura blu non riesco a toglierla facilmente, dannazione!

«Ciao», riesce a dire la ragazza. Mi volto, consapevole di avere la maglietta bianca macchiata ed il viso sporchi d'acqua colorata.
Lei indica un quadro ed io, raccattando le regole basilari dell'inglese nella testa, formulo una frase per dirle il costo del quadro.
Lei, allora, si precipita alla cassa, mentre io infilo il quadro raffigurante una ragazza al mare in una busta bianca.
La saluto con un sorriso smagliante e metto nella cassa i soldi.

Il sole stamattina è davvero bollente e sono costretto ad accendere il piccolo ventilatore bianco, per non soffocare dal caldo.
Ecco, questo è un'altra cosa che posso permettermi, da artista. Un piccolo ventilatore di dieci euro, comprato ad uno dei tanti mercatini dell'usato.
Sorrido tra me e me, mentre mi metto all'opera.
La tela è davanti a me ed io sono così impaziente di dipingerci su ciò che ho in mente. Ma, prima che io possa farlo, nel negozio entra un ragazzino.

«Posso nascondermi qui? Non voglio perdere al gioco del nascondino!», dice.
Ed io, divertito, annuisco.

Adesso, la battaglia è tra me e la tela.

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