SIX

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L'uomo spostò rapidamente lo sguardo lungo la stanza, prima a destra, poi a sinistra. La sua tensione si sciolse in un istante, quando si accorse che in realtà lì dentro non c'era proprio nessuno; solo il solito disordine, e la finestra spalancata.
-Liu... Perché mi state facendo questo?- farfugliò.
-C..Cosa?- rispose il ragazzo, scuotendo la testa -Non c'è più?-.
L'uomo sollevò le spalle in un violento sospiro. -Non è carino, per niente... Cos'è, una ripicca? Mi stai punendo perché non sono mai a casa con voi? Guarda che io lavoro, non vado a divertirmi-.
Liu salì le scale fino in cima, osservando il padre che da dentro alla stanza lo guardava a sua volta, con un'espressione confusa e delusa. Non riusciva più a capirci niente, in quell'attimo ebbe addirittura il dubbio di essere impazzito ed aver immaginato tutto quanto.
-Papà, cosa stai dicendo... Lui...-.
-La stanza è vuota, Liu- lo interruppe l'altro -Io ho lasciato l'ufficio in fretta e furia con il cuore in gola, per questo?! Se volevi ferirmi ci sei riuscito, grazie, e ringrazia anche la mamma-.
-Smettila di fare così!- gridò infine il ragazzo -Ti giuro che è vero, era qui! Sarà... Uscito dalla finestra!-. La sua voce tremava. -Cazzo, fammi vedere!-. Ma nel momento stesso in cui il ragazzo avanzò un passo verso la porta, questa si chiuse con estrema violenza proprio davanti ai suoi occhi, emettendo un suono acuto subito seguito da uno metallico molto più tenute, che Liu riconobbe subito: la serratura. Era stata chiusa a chiave dall'interno.
-Papà!- esclamò.
Un grido soffocato fu udibile attraverso la porta, poi qualche altro colpo.
-Papà che succede? Jeff, ti prego lascialo stare!-.
Dall'intero di quella stanza chiusa, l'uomo si era ritrovato a terra con la figura del figlio minore china su di lui, ancora prima di riuscire a capire che cosa stesse accadendo.
Il suo volto era sfigurato, più di quanto ricordasse; ed i suoi occhi chiari emanavano una luce diversa, una di quelle luci che erano spente o addirittura mancanti in tutti gli altri sguardi che aveva incrociato in vita sua. Reggeva nella mano destra un coltello che non gli stava puntando addosso, ma che era comunque un più che ottimo deterrente.
-Bentornato papà, ti hanno cambiato il turno o hai chiesto un permesso per uscire prima?-.
L'uomo rimase stupito, non solo per il fatto che non si aspettasse una domanda di quel genere, ma anche perché Jeff non poteva sapere quali fossero i suoi orari abituali, essendo sparito per più di un anno.
-Il vecchio trucco di nascondersi dietro alla porta aperta... Così banale che pensavo non avrebbe  funzionato- aggiunse, con una fastidiosa risatina.
-Liu mi ha chiamato e..... Jeff- si interruppe. Sentiva il suo cuore esplodere nel petto: era tutto vero. Suo figlio era vivo, e sembrava stare bene. Non avrebbe potuto chiedere al cielo una grazia più grande. -Dove sei stato per tutto questo tempo? Mi sei... Mancato da morire-.
Jeff lo ascoltò in silenzio, senza muovere un muscolo. Poi accennò un sorriso con un breve movimento delle labbra. -Sono stato in giro, mi sono preso la mia rivincita, ho fatto cose che tanto desideravo fare... E ora sono tornato qui, perché cerco un po' di pace. Pensi di potermi dare un po' di pace, papà?-. Il suo tono di voce era minaccioso, aggressivo, folle. Sembrava trattenersi dal ficcargli la lama nel collo, e probabilmente era proprio così.
-Jeff... Noi ti vogliamo tutti bene. Abbiamo sofferto tantissimo quando...-.
-Rispondi alla domanda!- lo interruppe il moro, spalancando gli occhi -Puoi darmi un po' di pace?-.
L'uomo annuì vagamente. -Io... Sì, Jeff... Posso. Ma non capisco a cosa ti riferisci. Ti prego calmati, voglio alzarmi in piedi e abbracciarti. Fammi...-.
-No no no- rispose l'altro, agitando il coltello a mezz'aria -Io se fossi in te non mi muoverei. La pace che cerco è solo silenzio, è facile, l'ho spiegato anche agli altri. Silenzio. Comprendi? Tu non mi parli, non mi guardi, fai come se non ci fossi, e soprattutto non dici a nessuno che sono qui. È molto facile... Hai domande?-.
Ed il padre, ancora disteso a terra con i gomiti puntati sul pavimento, non riuscì più a trattenersi dal piangere. -Perché tutto questo, Jeff? Cosa ti è successo? Perché fai così?-.
Nel frattempo dall'esterno Liu, con la guancia appoggiata alla porta, riusciva ad ascoltare la conversazione, stringendo i pugni sudati e pregando che non accadesse nulla di brutto. Non aveva alcun dubbio: Jeff era cambiato, non aveva scrupoli, e non si sarebbe fatto problemi a ferire il suo stesso padre.
-Puoi discutere le tue teorie con il resto della famiglia felice- ironizzò malamente il moro -Io ho ancora bisogno di riposo. Esci dalla stanza, prima che cambi idea-.
Indietreggiò di un paio di passi, permettendo finalmente all'uomo si alzarsi in piedi, pur non staccandogli per un solo attimo gli occhi di dosso. Dall'altro lato fu possibile udire distintamente il chiavaccio fare un altro scatto: Jeff doveva aver sbloccato la serratura.
-Vattene-.
Il padre si portò le mani alla fronte, con la faccia in fiamme e la mente ormai in tilt. -Io non capisco Jeff... Perché ci stai facendo questo? Perché non mi dici cos...-.
La porta si aprì di colpo, e Liu fece il suo ingresso. -Papà, andiamo di sotto ti prego-. Il suo fu un goffo tentativo di salvare la situazione perché era convinto che se il padre avesse insistito ancora, sarebbe stato di certo accoltellato.
-Bravo- esclamò Jeff -Ascolta tuo figlio, va di sotto e lasciami in pace-.
L'uomo si lasciò trascinare fuori dal figlio maggiore, senza dire un'altra parola. Si sentiva disperato, non riusciva a capacitarsi di quella situazione è il fatto stesso di non capire lo faceva sentire impotente, inutile di fronte a qualcosa che avrebbe dovuto risolvere essendo responsabile della propria famiglia. Era lui l'uomo di casa, il padre, il capo; era lui responsabile. Come si era arrivati a questo?
La porta fu rinchiusa violentemente, e Liu rimase nel corridoio a fissarla, con la mano stretta in quella del padre. -Andiamo di sotto, lasciamo che si riposi-.
-Questo è... Folle. Io non capisco..-.
Scesero le scale, sconvolti e straniti. La mamma li attendeva in cucina, con le braccia intrecciate sul petto. -Com'è andata? Lui sta... Bene?-.
Liu si fermò di colpo, con lo sguardo puntato a terra. Una goccia di sudore attraversava la sua fronte, i nervi tesi e la mandibola che tremava visibilmente. -Mamma... Papà... Vi prego, facciamo come dice, facciamo finta di nulla. Voglio che resti qui, non voglio che scappi via di nuovo e non voglio neanche che vi faccia del male. Vi prego-.
Una manciata di secondi fu riempita da un pesante silenzio, poi il padre annuì vagamente. -Vediamo come va... Magari si calma, e riusciamo a parlarci. Dio santo.. Come siamo arrivati a questo?-.

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