Capitolo 2: Thank You Very Much, America

33 3 2
                                    

«Cosa? Non può!» Urlò mia mamma.
«Così senza preavviso? Salta su un dipartimento di guerra che non manda neanche una lettera ma va di casa in casa a pescare la gente?»
«Sono tempi duri» Rispose quella faccia da cazzo «Io ho l'obbligo di "pescare" i ragazzi di casa in casa. Non si può fare altrimenti. C'è una guerra in corso. Ogni ragazzo americano è tenuto ad andare in guerra, per rendere onore a sé, alla sua famiglia e al suo paese.»
Mia madre scoppiò in lacrime.
«Il mio bambino...» gemeva. «Ti prego, aiutami, Dio..»
Ma Dio non aveva tempo per mia madre, né per me, perché non fece venire un infarto a quel signore che imparai ad odiare in 30 secondi.
«Cosa devo fare, mamma?» Le chiesi.
«Prepara i bagagli... Ma non può nemmeno salutare i suoi amici!» Protestò mia madre.
«Se sono maschi, verrano con suo figlio. Ci sono dei miei colleghi nei dintorni.»
Cazzo. Non avevo scelta. Non potevo neanche salutare la mia bellissima ragazza. Chi glielo avrebbe detto? Se ne sarebbe accorta da sola, quando non sarei venuto più ai suoi appuntamenti, oppure avrebbe pensato che non la volessi più? Lo sapevo già: questo dubbio mi avrebbe tormentato per tutto il tempo che io sarei stato via.
Andai a preparare i bagagli. Presi solo l'indispensabile: un paio di vestiti, il mio crocifisso, e una borsa.
«L'uniforme e il l'elmetto verranno forniti là?»
«Ovviamente. E del tutto gratis!»
Wow. Mi mandavano a morire e avevo anche l'onore di avere un uniforme e un elmetto gratis. Thank you very much, America.

Storia di un CecchinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora