Capitolo uno.

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Era un caldo pomeriggio di settembre, io ero nella mia auto mentre tornavo a casa dall'ultima giornata di mare della stagione.
L'aria, che entrava imponente dagli spiragli del finestrino rimasti aperti, donava alla mia pelle ustionata dal sole un lene sollievo, tanto da creare leggeri brividi che mi percorrevano la schiena.
Al mio fianco, nel sedile del passeggero, era seduta mia sorella che, distrutta dalla giornata di mare, utilizzava le ultime energie per canticchiare al ritmo di qualche tormentone estivo che già allora iniziava ad affogare nell'oblio.
La fine dell'estate è così: si porta via tutto, ma quel pomeriggio stava trascinando con sé anche la mia felice monotonia.

Tutto il viaggio lo passai a rincorrere la mia mente agitata, si muoveva qua e là andando da un pensiero all'altro e mi resi conto così quante novità quell'inverno aveva in serbo per me: l'inizio dell'università, l'elaborare la fine di una relazione durata tre anni, fronteggiare un cuore rotto che era stato intero per molto tempo.
Solo dopo aver visto il cartello che indicava il nome del mio paesino, mi accorsi che era già passata mezz'ora ed io non avevo fatto altro, come al solito, che pensare al futuro.
Ho sempre voluto pianificare ogni mossa, parola e comportamento per evitare di intaccare la mia meravigliosa, ma noiosa tediosità, passando i miei diciannove anni in una bolla di perfezione.
Non mi sono mai piaciute le sorprese o l'imprevedibile e, mentre cercavo parcheggio, ancora non immaginavo quale uragano di lì a poco avrebbe completamente stravolto la mia vita.

Mentre scendevamo le borse da mare dall'auto, mia sorella interruppe quello stressante silenzio che ci circondava da più di mezz'ora:
'Noemi, mi mancherà non vederti per casa ora che andrai all'università!' – disse facendo una triste espressione con il viso.
Concentrandomi a studiare quella buffa faccia notai, grazie all'ultimo spiraglio di luce della giornata che perforava qualche nuvola rosa rimasta nel cielo, quanto, nonostante fosse molto più piccola di me, i nostri lineamenti si somigliavano. Lei tutt'oggi come me, ha un nasino piccolo, gli occhi grandi color ambra con qualche striatura di verde intorno l'iride e le labbra carnose.
Il viso è incorniciato da lunghi capelli neri, mentre i miei sono castani con qualche riflesso di biondo scuro, notai in quel momento anche il pallore della sua pelle, uguale al mio, minato dal sole dell'estate e - per qualche altro giorno saremmo state più scure - pensai sorridendo.

'Non preoccuparti Aurora, abiterò a due ore da qui, ci vedremo spesso , ne sono sicura' – la tranquillizzai sorridendo e poi aggiunsi – 'Non potrei mai farti stare da sola con mamma, papà e la loro pesantezza, appena vorrai essere salvata, chiamami e io scappo da te.'

Ridendo entrambe alla mia battuta, ci incamminammo verso l'ascensore e raggiunto il nostro piano, la scena che vedemmo dinanzi i nostri occhi fu per qualche istante paradossale.
Il portone di casa era spalancato e mio padre insieme ad altri uomini sconosciuti si affaticavano a spostare i nostri mobili. Inizialmente pensai che questo in qualche modo era legato al mio trasferimento all'università che però sarebbe stato i primi di ottobre e non a metà settembre.
E se i miei si stavano per divorziare? Ed io non mi ero mai resa conto di nulla? Impossibile, mio padre e mia mamma sono da sempre stati l'emblema dell'amore più puro e più forte che possa esistere.

Dopo che io e mia sorella ci guardammo più volte con occhi che trapelavano confusione accompagnata da stupore, entrammo in casa facendo slalom tra i mobili spostati per chiedere spiegazione a nostra madre:
'MAMMAAAAA!' – iniziammo a gridare in coro io ed Aurora non riuscendo a vederla in tutto quel disordine.
'Tesori miei, sono nella mia camera venite.' – ci urlò lei.
'Ci spieghi cosa diamine sta succedendo?' – le chiesi io con tono alto e seccato che fece subito intuire a mia madre la mia rabbia. Lei stava sistemando con ordine tutti i vestiti in una grossa valigia nera, alla vista di quella scena rimasi per un attimo pietrificata.
Feci un profondo respiro, tentando di non pensare al peggio mentre seguivo i suoi movimenti fluidi nel riporre con cura le camicie di papà all'interno di quella valigia così grande e sgraziata da sembrare un baule.
'Io e vostro padre dobbiamo dirvi una cosa importante e anche se la situazione in cui vi siete trovate catapultate dal ritorno di una giornata al mare fa ipotizzare il peggio, la notizia è bellissima e vi farà piacere sentirla!' – disse non spostando gli occhi dai panni alla rinfusa sul letto. Dai suoi occhi seppur diretti verso il basso si poteva scorgere un grazioso luccichio, che mi tranquillizzò per un'istante.
'Senti mamma, tu sai che non mi sono mai piaciute le sorprese, tantomeno la suspense, vorrei capirci qualcosa dato che la nostra casa sta venendo letteralmente smontata!' – dissi trepidamente mentre i miei occhi cercavano di seguire, con fatica, i suoi movimenti che si erano ad un tratto velocizzati.
'Volevo aspettare tuo padre, ma forse è ingiusto temporeggiare ancora– si interruppe un attimo per fare un sospiro di coraggio e continuò – 'lo sapete che vostro padre ha aperto una azienda anche a Milano che gestisce da qui?'

Un casino stupendo. [Irama FF]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora