Il giovane e minuto ragazzo, si affrettò ad addentrarsi in quello che dall'esterno pareva essere un locale, non appena sentì la sensazione di umidità creata dalla pioggia improvvisa. I suoi abiti erano ormai fradici e freddi. Prendere un'influenza sarebbe stata una passeggiata in quel periodo dell'anno - figuriamoci con la pioggia.
Il locale era infestato di persone ubriache, drogate e sudate. La puzza di fumo e alcol invase le narici del moro che ne fu subito disgustato - si poteva intuire dalla sua espressione. Nell'intero posto, si udiva solamente la musica a palla e urla di adolescenti - di certo - poco sobri. Il moro constatò il proprio orologio da polso, accorgendosi che era molto tardi e che doveva tornare alla propria abitazione - nonostante la madre, fosse assente -
Ma di certo non poteva muoversi di lì, finché la pioggia non cessava. Nel frattempo, ne approfittò per avvicinarsi al bancone del locale e chiedere un cocktail alla frutta analcolico. Si accomodò sullo sgabello in pelle rosso - che lo faceva sembrare più alto di quello che era e la cosa non gli dispiaceva affatto - nel mentre che aspettava la sua bevanda. Appoggiò il gomito sul bancone, guardandosi attorno. Pensò che infondo, se avesse avuto la possibilità, anche lui sarebbe andato in discoteca ad ubriacarsi proprio come i giovani che affollavano il locale. Perché, bisogna fare tutto nella vita e soprattutto, bisogna divertirsi.
A interrompere quei pensieri, fu un giovane ragazzo - che sembrava essere più grande di lui, solo di un anno - dai capelli corvini e ricci che gli ricadevano sul volto, la pelle olivastra e chiara, le gote leggermente arrossate e lentigginose, un paio d'occhiali rossi e spessi che rendevano i suoi occhi scuri particolarmente grandi. Sul volto aveva un sorriso amichevole.
«Ehy, non ti ho mai visto qui.»
Ruppe il ghiaccio, incuriosito.«È la prima volta che vengo qui.»
Rispose il moro con sincerità.Fu un caso vederlo entrare nel locale. Se non fosse stato per la pioggia, non si sarebbe nemmeno avvicinato.
«Però hai un volto familiare. Vai a scuola qui vicino?»
Domandò il corvinoe il moro annuì.
«Aspetta un attimo-»
Il corvino fece una pausa,aggiustandosi gli occhiali sul naso e squadrando il moro.
«Tu sei Edward Kaspbrak. Io sono Richard Tozier, siamo nello stesso progetto di scienze.»
Disse sorridente il corvino.«Oh, giusto. Però, ti prego, non chiamarmi Edward. Chiamami Eddie.»
«D'accordo Eddie. Tu chiamami Richie.»
I due si scambiarono sorrisi amichevoli, mentre Eddie sorseggiava il proprio cocktail analcolico appena arrivato.
«Io sono il figlio del proprietario. Vengo qui tutte le sere, quando è estate.»
Ammise il corvino.«E in inverno?»
Chiese il moro.«Solo il weekend.»
Il moro annuì terminando il suo cocktail e appoggiando i soldi sul bancone.
Scese dallo sgabello con un piccolo salto e guardando fuori, notò che la pioggia era cessata da qualche minuto.
«Beh, è meglio che vada. Si è fatto tardi.»
Disse il moro, girandosi verso il corvino.«Oh..d'accordo.»
Sospirò il corvino.«Spero di rivederti presto.»
«Anch'io.»
Rispose il moro, sorridendogli.Si salutarono e uscì dal locale, dirigendosi con passo felpato verso casa.