La Bestia Rossa (prima parte)

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Lei continuava a parlare con la luna, da sola, nell'angolo di una buia e piccola stanza. Anche se la conversazione fosse completamente a senso unico, lei sembrava discutere felicemente dei suoi pensieri più profondi e di quello che le accadeva intorno, quella l'ascoltava pazientemente ogni notte, senza proferire parola.

Si affacciava fuori dalla finestra, la leggera brezza notturna le accarezzava le tenere guance e scompigliava i suoi capelli lunghi, lisci e neri. Alzava lo sguardo verso il cielo costellato di stelle e sorrideva nel scorgere la sua unica compagnia. Le piaceva parlare con Lei, raccontarle di questo mondo, aggiornarla sempre sui nuovi fatti.

<Voglio essere utile alla mia Luna,> pensava <voglio creare un ponte che colleghi questo posto con l'universo>.

Si perdeva certe notti, a fantasticare su certi sogni, di salire nel cielo, volare tra le stelle argentee della Via Lattea ed infine, dopo essersi stancata, appoggiarsi delicatamente sulla superfice di quella che riteneva sua fidata ascoltatrice. Ma questo sapeva anche lei, che era tutto impossibile e senza senso. Sapeva che la Luna probabilmente non la sentiva neppure, e magari la guardava altezzosa e indignata dall'alto come quando ci si osserva un insetto fastidioso schiacciato sulle suola delle scarpe piene di terra. Tuttavia non le importava, voleva continuare a spendere le notti parlando e parlando, come per dimenticare in che posto stesse vivendo, pregando che l'alba non arrivasse mai. E poi, era l'unica cosa che portava un po' di calore al suo freddo corpo. Tutto era ghiacciato dentro di lei.

Ma comunque la mattina arrivava, il sole disegnava un ampio arco tutti i giorni, partendo dalla foresta e arrivando al tramonto a nascondersi nel lato opposto, dietro le montagne. Il tempo scorreva sempre incondizionatamente. L'angoscia che provava alle prime luci, aprendo gli occhi, aveva ogni volta un sapore nostalgico sulla sua lingua.

- Oh mia Luna. – diceva prima di addormentarsi – se sei in grado di sentirmi sapresti ora come mi sento.

Gli occhi castani, luccicanti, erano rivolti alti nel cielo, le mani congiunte in speranza che qualcuno l'ascoltasse.

- Sono così sola.

Sussurrava. Poi cadeva in un sonno profondo. La Luna bianca e splendente la guardava sempre.

La mattina di quel giorno era arrivata burrascosa, gli uccelli non si erano ancora svegliati e i fiori non avevano aperto i petali, ma la gente andava e veniva da una parte all'altra, senza sosta. Si sentivano grida e lamenti, ma non cose troppo atroci, anzi erano un insieme di voci e notizie che invece di essere bisbigliati dentro le orecchie si stavano diffondendo a velocità incredibile in tutto il paese senza restrizioni.

- Hanno distrutto i nostri campi.

Diceva uno, ansimante.

- I raccolti di quest'anno sono stati danneggiati notevolmente.

Rispondeva qualcun altro, cercando di mantenere salda la calma. Ma ugualmente non potevano nascondere la loro forte preoccupazione.

Questa preoccupazione divenne presto paranoia, la paranoia si trasformò in terrore, il terrore per ultimo, finì per capovolgere tutto.

Non avevano torto: ogni mattina si vedevano il lavoro di mesi e mesi trasformati in macerie.

Si sparse una voce in giro. Quella di un uomo che facendo di guardia la notte aveva intravisto una creatura mostruosa, simile ad un lupo, dalla pelliccia rossastra.

All'inizio era un dubbio, il dubbio che si trasformò subito dopo in pazzia.

La pazzia che richiamò altre complicazioni.

Un mercante del vicinato li svelò dell'esistenza di una bestia nei meandri della foresta. Una creatura violenta e sanguinaria, pericolosa, che andava distrutta. Quelle parole, cariche di menzogna, erano entrate velenose nella gola degli abitanti. E quest'ultimi stupidi e senza senno, l'avevano bevuta come se fosse dolce miele.

La ragazza guardava inespressiva la vita degli altri che scorreva sotto di lei. A lei non era concesso partecipare. I capelli lisci come la seta, neri come l'inchiostro, cadenti lunghi sulla schiena, e sul petto all'altezza del seno.

Forse era proprio per quei capelli, seppur fossero bellissimi, erano in contrasto con le loro credenze, tradizioni e superstizioni malate trascinate nel tempo e nello spazio. Considerata estranea e misteriosa, se ne stava zitta dentro la sua camera, senza mai uscire. Gli occhi spenti e piatti, disinteressati e lontani da questo mondo, riacquistavano vita nella notte. E ancora più bellissima era quando sorrideva. Sorrideva soltanto alla Luna.

Tuttavia in questi giorni qualcosa le stava turbando disperatamente il cuore: appena calate le tenebre il cielo le si veniva coperto da pesanti nuvole grigie e deformi. Sembrava che qualcuno oltre quella barriera inespugnabile fatta di vapore, stesse cercando di nascondere qualcosa che non ci fosse più, una presenza importante e non ricambiabile che però era scomparsa ad un tratto, senza dire niente. Troppa paura avrebbe richiamato tra la gente, più di quanto non ce ne fosse a prescindere, se non fosse stata per quella copertura.

La ragazza l'aveva già percepito, di quell'assenza, anche senza accertarsene con i propri occhi. E quindi sospirava rassegnata, ormai certa che tutti quanti l'avessero lasciata indietro, da sola e persa nella prigione della diversità maledetta.

Tra tre giorni il cielo doveva splendere di una meravigliosa luna piena. Ma gli abitanti ignari di quel piccolo cambiamento avvenuto nell'universo, stavano procedendo al loro piano scrupoloso e senza cuore. Ormai la pazzia aveva spinto nell'oblio la loro ragione.

E senza ragione il Regno sarebbe caduto.

Provava pena per quella povera creatura, ma sapeva che sarebbero venuti presto a prendere anche lei. Non le rimaneva che aspettare pazientemente il loro arrivo, seduta sul letto e con gli occhi rivolti verso la finestra, non riflettevano però niente.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 11, 2018 ⏰

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