16. Sogni proibiti - 1° parte

249 23 0
                                    

Un'altra notte passata a rimuginare sugli eventi appena trascorsi, niente era come me lo sarei immaginato. Se da bambina mi avessero detto che sarei diventata una fuggitiva, non ci avrei mai creduto.

L'alba iniziava a farsi notare oltre i fitti boschi e io dal mio letto notai il buio e la luna fuggire di soppiatto. Non avevo dormito affatto.

Mi accorsi che anche Killian era sveglio quando si alzò dal letto e usò un fiammifero per accendere una candela posta sul tavolo, era ancora troppo presto per riuscire a scorgere bene i dettagli senza luce.

Mi ero drizzata in piedi poco dopo, ma non credo lui mi avesse notata, perché quando parlai sobbalzò poggiandosi una mano sul petto.

"Non mi hai detto granché su quel che tu e Jacqueline avete fatto in città."

"Sarai mica gelosa, milady?" domandò nascondendo un ghigno sotto i baffi. Era il solito beffardo.

Negai con la testa, ma ormai il mio viso si era colorato di rosso quel tanto che bastava per farglielo notare.

"Killian, ho bisogno di sapere."

Lo sguardo che gli rivolsi, talmente freddo e selettivo, incastrò il suo e, ormai incapace di sottrarsi alla mia richiesta, sbuffò e si passò una mano tra i capelli scuri.

"C'è una taglia sulla tua testa, bandi appesi in tutto il regno e guardie reali che setacciano interi villaggi. Credono sia tu la responsabile della morte del re a causa della lettera trovata nei corridoi del castello e la tua fuga avvenuta poco dopo l'assassinio."

Parlò come se niente fosse, nel mentre aveva tirato fuori da uno scaffale della cucina una ciotola e ci stava versando dentro del latte. Avvolsi il mio corpo con le braccia, come creando uno scudo, e l'osservai mentre i miei respiri si facevano più corti.

"Ecco perché non ti abbiamo detto granché" ammise infine alzando le spalle e sedendosi su una delle sedie per iniziare la sua giornata con quella semplice colazione.

"Sono stata veramente stupida a scappare."

"È quello che avrebbe fatto chiunque" rispose, stavolta più interessato, cercando il mio sguardo spento per farmi un mezzo sorriso tirato.

Ogni volta che mi vedeva giù di corda si impegnava a tirarmi su di morale, anche quando era lui stesso la causa della mia tristezza voleva che gli mostrassi quel briciolo di speranza che nascondevo. Era uno strano Killian, ma apprezzavo quel poco che riusciva a fare. Seguivo il mio istinto e, per qualche assurdo motivo, giungevo sempre a lui.

Mi poggiai su uno sgabello dallaltro capo del tavolo e aspettai che mi venisse in mente qualcosa di utile da dire. Non volevo farmi vedere tanto disperata da lui, sempre così composto e fermo da non sembrare reale.

"Avevo in programma di sistemare un certo vestito oggi o sbaglio, milady?" domandò retorico facendomi un occhiolino.

Era così volubile che mi ritrovai a ridere di cuore come non accadeva da così tanto tempo che sentii quasi la ruggine bloccarmi il fiato.

"Non sbagli, capitano."

"Allora, dopo che avrò aiutato Jacqueline con le provviste per l'inverno, sistemerò il tuo abito" affermò alzandosi dalla sedia e afferrando la sua giacca da sopra l'attaccapanni.

Prima che si sbattesse la porta alle spalle replicai: "Provviste per l'inverno? Ma siamo in piena estate!"

"Qualcuno dovrà pur raccogliere il grano, milady."

Una fragorosa risata mi fece comprendere quanto conoscessi poco quella vita.

Il grano, con cui sarebbe stata fatta la farina e poi il pane. Lo stesso pane che era poggiato sul tavolo accanto alla ciotola vuota di Killian.

"Potrei farlo io, mentre tu stringi il vestito" dissi con noncuranza, alzando le spalle.

"Potrai farlo quando imparerai a dormire la notte. La stanchezza ti si legge in volto, fatti una dormita una volta tanto."

Fece un cenno di saluto con la mano e mi lasciò lì da sola, persa nuovamente nei miei pensieri.

Non credevo a ciò che aveva detto, non preparava le provviste per quella gente, persone delle quali conosceva molte cose, ma che aveva abbandonato tempo prima per una vita diversa. Lui e Jacqueline stavano sicuramente discutendo della mia sorte, delle scoperte fatte in quel viaggio e di segreti che non ero tenuta a conoscere.

Immersa in quel silenzio, seduta sulla sedia del tavolo fissa a osservare il giorno inoltrarsi, sprofondai in un sonno profondo, causato dall'intera notte passata a pensare senza chiudere occhio. Con le braccia poggiate sul tavolo e la testa nascosta sotto i gomiti per stare più comoda dormii per l'intera giornata, fino al ritorno di Killian.

Quando nell'inoltrato pomeriggio spalancò la porta -ignorando il fatto che io avessi emesso un piccolo gridolino, non comprendendo a pieno chimi avesse svegliata- e rivolse il suo sguardo al mio letto, ancora disfatto dopo quella giornata passata a non far nulla.

Si accorse che ero seduta dove mi aveva lasciata, con lo sguardo stanco e gli occhi gonfi dal sonno. Non osai immaginare quale fosse la condizione dei miei capelli, ma lui scoppiò a ridere ed esclamò: "Vedo che hai seguito il mio consiglio, milady."

Annuii e mi passai una mano sul viso, ancora troppo stordita per parlargli.

"Adesso pensiamo al vestito."

Mi fece un occhiolino e io dedicai i successivi dieci secondi a tornare lucida, stiracchiandomi.

Dopo aver nascosto uno sbadiglio dietro la mano destra gli risposi: "Mi sono appisolata un attimo, non stavo dormendo."

In un certo senso volevo giustificarmi con lui, mentendo, ma compresi ben presto che la mia scusa non si reggeva in piedi.

"Sì certo, come no."

La solita aria beffarda si fece spazio sul suo viso, eppure notai il suo sorriso diverso, naturale, così buono da non sembrare lo stesso uomo che avevo conosciuto. Lo stesso sorriso che gli pioveva sul volto nei momenti più rari, un sorriso che sfoggiava come fosse un arcobaleno.

Lo osservai mentre si piombava verso l'abito, piegato e riposato nel bagaglio in cui era stato trasportato e io, ferma al mio posto con un leggero velo di armonia che si poteva leggere dal barlume nei miei occhi, sorrisi all'idea che quello sguardo attento era rivolto solo e unicamente a me.

Killian mi faceva sorridere.






***N/A***

Ehi, allora non voglio annoiarvi con questo spazio d'autore, probabilmente adesso mi metterò a correggere il capitolo successivo, siccome in realtà è uno solo diviso a metà e per evitarvi tremila parole senza interruzioni ho deciso di dividerlo.

Ultimamente parlo poco con voi e approfitto per chiedervi qualcosa. Che ne pensate della parentela tra Jacqueline ed Emma? Credete che la nostra protagonista riuscirà a rispettare il suo volere, ma soprattutto Cosa la spingerà ad aiutare Jacqueline? Lo scopriremo presto, o forse fra un bel po'.

Baci a tutti,

Euph.

Principessa - CaptainSwanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora