32. Uno scoglio

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La guardia mi scortò fin sotto al trono, decisa a non perdermi di vista nemmeno per un instante. Mi sentii una pericolosa criminale e mi chiesi se l'influenza di Killian mi avesse resa tale, ma era improbabile. Con il tempo passato in sua compagnia avevo capito molto e, tra le tante cose, avevo intuito che il suo animo fosse molto più puro di quanto sembrasse.

In quel momento provai una sensazione di dejavu, ricordando il giorno della mia prima fuga, quando mio padre mi chiamò al suo cospetto e diede inizio all'incubo in cui stavo vivendo. Non ero convinta che la sua fosse stata una vera maledizione, non più. Pensai che se fossi rimasta rinchiusa nella campana di vetro che era il castello, forse non avrei mai conosciuto la persona che ero diventata.

Una scarica di energia, mista all'ingenuità di un tempo, mi diede la forza di mostrare un sorriso sgargiante, per quanto mi fosse possibile, visto il mio volto deperito e sporco. Avrei preferito che mio fratello non mi vedesse in quelle condizioni, ma non avevo scelta.

Neal fingeva di non essere un bambino, dalla cima della lussuosa scalinata, e si guardava attorno seduto sul trono reale come se veramente fosse realmente lui il re.

Non ero più la bambina nell'ombra della culla da molto tempo, eppure me ne resi conto solo osservando mio fratello e notandolo pari a me, nonostante i suoi abiti decisamente più costosi e puliti.

"Guardia, lasciaci da soli" affermò lui, con voce possente.

L'uomo in armatura non obbiettò e, senza proferire parola, si dileguò.

Eravamo di nuovo soli, io e lui, mio fratello. Un sorriso infantile giocava a nascondino sul suo volto, mimetizzandosi sotto un'espressione rigida che credevo si sentisse costretto a mostrare.

Compresi il suo distacco, proprio come compresi la poca fiducia che aveva riposto in me, in fondo non ci conoscevamo affatto. Avrei voluto urlargli mille cose, fargli vivere un po' del mondo in cui mi stavo costruendo una vita, ma dubito avrebbe capito; lui era come me, la me prima della fuga, per questo non avrebbe mai potuto comprendere nulla di quel che ero diventata.

"Neal, tu mi odi?" chiesi schietta, dopo aver sentito il cigolare della porta, segno che la guardia se ne fosse andata.

Rimase interdetto da quella domanda, ma in poco tempo si ricompose e lanciò la risposta: "Non penso sia possibile, sei pur sempre mia sorella."

Annuii e quella misera briciola di speranza, riposta in un cassetto nel fondo del mio cuore, riemerse. Magari non poteva capirmi, ma sarebbe stato in grado di accettarmi, come io avrei compreso le motivazioni che l'avevano spinto a imprigionarmi.

"Non sei qui per questo, però, sorellina."

Non lo interruppi, attesi che continuasse a illustrarmi il suo punto di vista e le sue idee. Avevo bisogno di sapere cosa lo spingesse a tenermi in gabbia e, contemporaneamente, gli impedisse di uccidermi.

"Sei qui per colpa della lettera."

"Non ho capito" dissi, con sguardo accigliato.

Una cosa così bella, come le parole scritte da mio padre, poteva davvero create tanto scompiglio?

"Il consigliere reale mi ha fatto ragionare. Ci serve quella lettera. Se finisse nelle mani sbagliate verrebbe infangato il nome di nostra madre, di tutta la nostra dinastia, sarebbe una vera catastrofe."

"Non ti darò l'unica cosa che mi resta di mio padre" risposi schietta, incrociando le braccia al petto e fulminandolo con un semplice sguardo.

"Sai che in cambio avresti la tua libertà?"

"Non mi interessa la libertà." Non alle sue condizioni.

La libertà non valeva così tanto, una libertà da fuggitiva e figlia di nessuno... Quella non era la fine che volevo per me. Non l'avrei mai accettata.

Principessa - CaptainSwanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora