ᴵ ʳᵉᵐᵉᵐᵇᵉʳ

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27 Agosto.

Il 27 Agosto avevo finalmente avuto il permesso di tornare all'istituto. Di tornare da te.
Con il piccolo borsone sulla spalla, avevo camminato lentamente per il corridoio del dormitori e ad ogni passo l'ansia cresceva sempre di più.
Erano solo le nove del mattino e probabilmente stavi ancora dormendo, con i capelli sparsi sul cuscino e le labbra socchiuse. Potevo benissimo immaginarti, la tua figura così ben impressa nei miei occhi era impossibile da ignorare.
Quando non si andava a scuola dormivi sempre fino a tardi; ti alzavi solo per vedere l'alba, poi tornavi subito sotto le leggere lenzuola, con la lieve luce del sole che illuminava la tua pelle, e il sorriso che mi rivolgevi quando ti accorgevi del mio sguardo su di te. In quei momenti volevo solamente accarezzarti il viso e perdermi nelle tue braccia, soffocare quella frustrazione e addormentarmi con te.

Nel momento in cui avevo varcato la porta della nostra stanza, però, un'odore di chiuso mi travolse.
Ricordo di essere stato costretto ad alzarmi la mascherina e a correre ad aprire la finestra, per lasciare passare un po' d'aria e non morire soffocato.
Notai subito il tuo letto vuoto, e pensai che magari eri soltanto uscito prima.
Ma anche tutte le tue cose erano scomparse, dalla chitarra alle varie foto che avevi appeso alle pareti.
Tu non eri lì, ed era come se non ci fossi mai stato. Iniziai a pensare che magari eri stato stato tutto frutto della mia immaginazione, ma poi una nostra foto attirò la mia attenzione: era sotto al comodino e rappresentava me e te in quella notte di capodanno.

Sai, dopo tutto questo tempo, la tengo ancora. Come tengo ancora tutte le altre.
Vedi Jeno, non ho provato neanche una volta a dimenticarmi di te. Il pensiero non ha neanche mai sfiorato la mia mente: sei stato troppo importante per fare finta che non avessi mai fatto parte della mia vita.

Ricordo di averla raccolta e di essermi seduto sul mio letto, rimanendo così per chissà quanto tempo, con lo sguardo perso e la mente vuota. Fu Donghyuck a riportarmi alla realtà e a sorridermi dolcemente, aveva portato un po' di cibo dicendo che dovevo rimettermi in forze.
Quando peró notó il pezzo di ricordo che stringevo tra le mani, le sue braccia si avvolsero al mio busto. Sapevo che aveva capito cosa mi tormentasse. Potevo vederlo nei suoi occhi, nella smorfia che dipingeva il suo viso.
E lo sai cosa mi disse?

"Ha cambiato stanza, Nana, ora la condivide con Renjun."

Questa è l'unica cosa che
vorrei non ricordare, Jeno.
Vorrei poter prendere quelle
parole e lanciarle via da me.
Ma non posso, e fa così male.

Mi hai fatto così male.

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