Ricky Red

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Il numero scritto sulla porta era il 15. Non esitai a girare la maniglia e varcare la soglia. Il ragazzo stava leggendo, ma non appena entrai si concentrò su di me. Inaspettatamente fu lui il primo a parlare e mi chiese: "stai bene?". "Io si, tu invece?" Risposi con fare distaccato. "Mai stato meglio!" Mi disse lui sollevato. "Voglio sapere perché ti interessi tanto a me!", gli chiesi senza pensarci due volte, e lui si limitò a dire: "sono un poliziotto, metto la vita dei civili prima della mia!", classica frase da poliziotto che se la tira perché la nostra salvezza dipende dalla sua pistola. "E allora spiegami perché dopo che ti hanno sparato mi hai chiesto se mi avessero visto!" gli dico arrabbiato e lui non rispose. Continuai ad imprecare contro di lui. Una volta stufo conclusi il mio susseguirsi di insulti dicendo: "comunque per la tua gioia ho venduto quell'appartamento porta sfortuna. Credo fosse maledetto!", appena terminai la frase notai sul volto del poliziotto un'espressione incredula e terrorizzata. "Perché cazzo lo hai venduto, idiota!!", mi disse. Non mi aveva mai rivolto la parola in quel modo, mi sorprese. "Allora sei umano, anche tu ti incazzi! Comunque l'ho venduto per voltare pagina!", "Ah volevi voltare pagina, il povero ragazzo...anzi ragazzino, che ha perso la sorella affronta il lutto vendendo l'appartamento." Mi disse in tono di sfida, ma non mi stava sfidando, stava sfogando una rabbia che sembrava avere rinchiusa dentro da tempo. Non riuscii a rispondere, mentre lui continuò parlare e mi chiese: "Chi l'ha comprata?", "Cosa?" Gli risposi confuso da tutta la rabbia che aveva espulso dalla sua bocca, sparando le offese come proiettili, incurante delle ferite che mi stava procurando. "L'appartamento, chi l'ha comprato?" Ribatté lui alzando il volume della voce. "Un tizio chiamato Ricky Red." Sussurrai io. Nell'attimo esatto in cui pronunciai quel nome, vidi un espressione di terrore sul volto di Luca. "Ricky Red...." disse con un tono talmente basso da essere quasi impercettibile, e continuò a parlare con questo stesso tono dicendo: "è finita... mesi e mesi di lavoro, per niente...sono rimasto solo...è morta per niente...!". Riuscivo a percepire quello che provava, era sconsolato, abbattuto, frustrato. Era rimasto solo...stava parlando di Sofia? Quindi conosceva Sofia?, decisi di fare luce sulla questione e gli chiesi: "Quindi conoscevi mia sorella?". Il suo sguardo si fece ancora più cupo. Stava pensando a qualcosa. Ci fu circa un minuto di silenzio, poi si decise a parlare: "vedi io e tua sorella collaboravamo...". "Cosa???" Gli chiedo incredulo. Mia sorella una poliziotta?
"Spiegati meglio!"
"Beh, tutto è iniziato circa un anno fa: tua sorella si presentò in commissariato infuriata, pretendendo un colloquio col commissario. Non avendo un appuntamento la segretaria la invitò ad aspettare, ma lei rifiutò ed entrò nell'ufficio del commissario trovandolo vuoto. Chiese subito alla segretaria dove fosse, e quest'ultima minacciata dalla voce assassina di Sofia cedette e la informò della riunione a cui il commissario stava partecipando. Fu così che si precipito nella sala dedicata alle conferenze, spalancò la porta e urlò qualcosa riguardo il dover muovere il culo, che era in accettabile ecc..
Anche io ero presente, e mi bastò uno sguardo del mio superiore per capire che dovevo cacciare quella pazza, quindi mi alzai di scatto e la portai fuori dalla stanza, chiudendo la porta una volta uscito. Provai a convincerla a lasciar stare, ma lei non si arrese. Fu così che la portai nel mio ufficio per sentire ciò che aveva da dire. Una volta entrati mi disse che un bravo ragazzo di sua conoscenza che era solito fare qualche lavoretto per lei in cambio di denaro, era stato portato all'ospedale per un'overdose. Lei mi disse che nel suo quartiere non erano nuovi i casi di overdose e iniziò a parlare di un cartello della droga. Ovviamente noi eravamo al corrente dell'esistenza di questo cartello, ma la loro influenza era tanta, e noi potevamo fare poco e..."
"Si ma cosa c'entra con la casa?" Gli dissi interrompendo il suo discorso. Sia chiaro ero interessato a capire perché mia sorella collaborasse con la polizia, ma la reazione del ragazzo alla notizia della vendita della casa mi tormentava.
"Tua sorella era in possesso di tutte le informazioni da noi raccolte, e le aveva nascoste a casa sua!" Mi rispose irritato.
Con la sua affermazione mi furono chiare molte cose, come il disordine a casa di mia sorella quella sera, le domande del poliziotto riguardo possibili nascondigli segreti, però la vendita della casa non era un grande problema: "scusa, tu sei un poliziotto, non vi basta ottenere un mandato per controllare bene la casa prima di darla al nuovo proprietario, sono sicuro che nessuno rifiuterebbe di darvi una mano per una buona causa come la lotta contro un cartello!" Dissi cercando di far sembrare la mia decisione di vendere, meno stupida. Purtroppo l'espressione sul suo viso si fece ancora più seria: "il problema è proprio il nuovo proprietario..." mi disse tristemente. "Che intendi?" Gli chiesi, in parte impaurito in parte curioso in parte confuso, e lui mi rispose: "Ricky Red, alias Riccardo Rossi, figlio di Armando Rossi, uomo ultra ricercato e a capo del red clan...il clan che gestisce il cartello della droga a Roma. Il clan che ha ucciso tua sorella..!"

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 14, 2018 ⏰

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