2. Una convivenza difficile.

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Faith

Se qualcuno mi avesse detto che mi sarei ritrovata a vent'anni a trascinare scatoloni per trasferirmi a casa di due perfetti sconosciuti, probabilmente mi sarei fatta una grassa risata.
Mi immaginavo, a questo punto della mia vita, abbastanza indipendente da poter vivere da sola, magari con una mia amica o con il mio fidanzato, felice nel mio attico a Manhattan e con una carriera da modella avviata.
E invece sono in un palazzo senza ascensore, pronta ad iniziare la mia nuova vita con un fotografo fin troppo impiccione e con una specie di primato.
Pensa che io non l'abbia sentito, mentre parlava di me come se fossi la peggior cosa che gli potesse capitare in casa.
Sapesse i pazzi che girano...

La rabbia e la frustrazione mi fanno pesare un po' meno gli ultimi gradini che mi rimangono, così appoggio l'enorme scatola sulla pila di fonte alla porta e con le mani sui fianchi abbasso il busto, per riprendere fiato.
Perché ho tutta questa roba.
E soprattutto, perché nessuno dei due ragazzi si è offerto di aiutarmi.
Non faccio pena, così dolce e carina?

Cerco di non pensare alla macchina ancora stracolma di valigie e borsoni e mi tiro su per legarmi di nuovo i capelli, la cui coda si è allentata durante i mille viaggi che ho già fatto su e giù per le scale.
In quel momento, come ad averlo chiamato, esce il mio coinquilino. Tra i due, sicuramente il meno utile.
Dylan infatti, invece di farmi un sorriso di circostanza o provare quantomeno ad essere gentile, lancia un'occhiata alla mia roba sul pianerottolo e si gira verso di me:
«Ti serve una mano?» chiede. La domanda mi lascia spiazzata.

«Be' se non hai niente da fare sì, mi faresti un favore» sono piacevolmente sorpresa della proposta, forse c'è speranza di un po' di umanità.
Ed è a quel punto che apre la porta, prima socchiusa, ed urla:
«Jace, vieni ad aiutare...»
«Faith» completo dopo qualche secondo di pausa.
«Sì, Faith ha bisogno di una mano» riferisce ancora, dopodiché si gira nella mia direzione, mi mostra un mezzo sorriso a mo' di saluto sbrigativo e scende giù per le scale di fretta. Dal suo abbigliamento, deduco stia andando a correre, perciò mi chiedo: se aveva tanta voglia di fare attività fisica, perché mai non sfruttarla per una causa comune.

Sospiro infastidita, più per il suo sguardo divertito che per la situazione in sé. Come se gli desse piacere comportarsi sempre come un vero e proprio stronzo.
A distogliermi dai miei pensieri però è l'amico, che appena mi vede fa un sorriso e si rimbocca le maniche della felpa.
«Non ti ho sentita, avevo la tv accesa, altrimenti sarei venuto prima»
«Figurati» so che non sta mentendo. Anche se lo conosco da poco, si vede che è una persona genuina.
Motivo per cui non sembra minimamente scocciato nell'aiutarmi a portare su le ultime cose, anzi continua a darmi indicazioni sulla nuova casa e a chiedermi se sono troppo stanca per continuare.

È un bel ragazzo, i capelli biondi e mossi li tiene raccolti in una piccola coda e proprio mentre se li sta sistemando, noto un grande tatuaggio sull'addome, lasciato scoperto dalla felpa che si alza dato il movimento delle braccia.
I suoi occhi marroni sono sempre incorniciati da un'espressione amabile, che ti trasmette fiducia anche se di lui non sai niente.
Lui, effettivamente, mi piace molto.
E adoro le sue foto dalla prima volta in cui una mia amica me le ha fatte vedere.
Non credo avremo problemi, noi due.

«Quindi cosa ti va di mangiare?» sono dietro il ragazzo insieme all'ultimo borsone, mentre lui trascina il trolley su per l'ultimo piano di scale,
«Non so... Voi di solito che prendete?» non ho avuto ancora il tempo di fare la spesa, quindi parlando siamo arrivati alla conclusione che ordineremo qualcosa insieme.
Quando siamo al piano giusto, Jace apre per l'ennesima volta la porta e mi lascia passare per prima:
«Dylan ordina solo cinese» dice.
Anche se adoro questa cucina, mi viene improvvisamente una voglia matta di impormi solo per dargli fastidio.
«Magari quando torna decidiamo» mi limito a rispondere, dopodiché appoggio il borsone di fronte la mia camera e ringrazio il ragazzo mentre mi porge la valigia.

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