3. Un barman attraente.

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«Sei sicura di non avere freddo?» Alex mi guarda stesa sul letto al suo fianco, da sotto le coperte, mentre io sono al di sopra solo con il pigiama.
«Fanno trenta gradi qui dentro» alludo ai termosifoni accessi al massimo da tutta la mattina, ridacchiando di quanto lui sia incredibilmente freddoloso.
Non abbiamo combinato nulla da quando ci siamo svegliati, fino ad arrivare al riposino meritato post pranzo che, di nuovo, stiamo passando sul letto.
Ho deciso di venire qui ieri sera, presa dalla voglia di vederlo dopo settimane in cui, tra trasferimento e impegni vari, non siamo riusciti a stare quasi mai insieme.

Anche se non me lo ha mai detto, so che non approva particolarmente la mia convivenza con due ragazzi, soprattutto dopo avergli detto che per un po' di tempo è meglio se da me non viene.
So per certo che per Jace non sarebbe stato un problema, ma ho l'impressione che invece Dylan stia aspettando l'occasione per attacare briga con me.
Ora, di litigare, ho meno voglia che mai.
Mi accoccolo sul petto di Alex e guardo lo schermo del computer acceso sulle sue gambe cercando di seguire il filo del film, nonostante i miei pensieri siano da tutt'altra parte.
Non abbiamo passato un periodo facile. Stiamo insieme da anni ma ho perso il conto di quante volte ci siamo lasciati e ripresi. Sua madre ormai, quando sa di qualche nostra lite particolarmente accesa, non mette in discussione neanche per un secondo che possa essere definitiva.
Anzi, è la prima ad invitarmi da loro incitandomi ad una riconciliazione.
Ormai anche questa è casa mia.

L'ultima volta che abbiamo litigato tanto da dirci che non ci saremmo mai più rivisti, è stato poco più di un mese fa. Ora mi rendo conto di essere stata esagerata, che alla fine non era assurdo che lui frequentasse così spesso una sua amica. Ma in quel momento, presa dalla gelosia, finivo per farci litigare almeno una volta al giorno.
Proprio non mi andava giù che quella gallina ci provasse con lui e che si vedessero quasi ogni giorno.
Ma lui ha iniziato il college quest'anno e non è colpa sua se la ragazza è nel suo stesso gruppo di amici.
Mi ci è voluta una quasi-rottura per farmene una ragione.

«Sei sicura che non posso venire da te?» mi chiede, è già la seconda volta che affrontiamo l'argomento.
«Vorrei aspettare un po'» dico, «Sono appena arrivata e vorrei farci amicizia prima di costringerli a sorbirsi la tua presenza» gli lascio un bacio sul mento.
Ha il viso un po' ruvido, siamo stati talmente tanto a poltrire in camera che non è neanche riuscito a farsi la barba.
«È che vorrei conoscere le persone con cui vivi, tutto qui» mi bacia anche lui, questa volta sulle labbra.
«Lo so, li conoscerai presto» e sono convinta di quello che dico, anche se sono ancora più sicura che non li approverà minimamente. Non Dylan almeno, ma d'altra parte non lo approvo nemmeno io.

«Ho un po' di sete, vuoi qualcosa?» decido di alzarmi, ormai il film che stavamo cercando di guardare è bloccato da un po'.
«Nono grazie» mi sorride e io mi fermo per un momento a contemplare la sua espressione un po' assonnata e adorabile, con i capelli lisci e biondi scompigliati che quasi gli coprono gli occhi.
Non resisto e gli lascio un altro bacio prima di alzarmi:
«Per cos'era?» mi chiede
«Per il fatto che sei carino» sto sorridendo anche io e con poca voglia mi alzo dirigendomi in fretta in cucina, dove decido di farmi un tè.
Frugo per un po' nella dispensa cercando il mio aroma preferito e in quel momento sento vibrare il telefono dalla tasca della tuta che indosso. È Jace, così leggo immediatamente, sperando non ci siano problemi per la casa:
*Stasera andiamo con dei miei amici a dar fastidio a Dylan mentre lavora, ti va di unirti a noi?* il messaggio è seguito da una faccina sorridente, ma non rispondo finché non sono tornata di nuovo in camera.

Mi va davvero di passare una serata sotto le occhiatacce del moro?
Non saprei. Nel frattempo fisso il bollitore che avevo messo sul fuoco finché non inizia a fischiare e prendo una tazza mettendoci dentro la bustina.
Quando il tè è pronto, mi tiro giù le maniche della felpa che indosso per non scottarmi e corro nella camera di Alex:
«È anche per me?» chiede subito,
«No, scordatelo» mi siedo accanto a lui ma questa volta rimango con il busto sollevato e poggiato alla testiera del letto. Lui, ancora nella stessa posizione, mette un finto broncio e mi guarda dal basso facendo una smorfia,
«Antipatica».

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