Secondo capitolo.

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Secondo capitolo.

Noi siamo soldati che sono stati in guerra insieme.

Camice Blu comincia, con movimenti precisi e studiati, ad accarezzarmi il polpaccio. Il suo tocco trapassa la stoffa del lenzuolo, entrandomi fin sotto pelle. Trattengo il respiro. Il silenzio cala sui nostri corpi, scatenando una serie di brividi che, indomabili, mi percuotono da cima a fondo. Più i secondi passano, più la mia ansia aumenta. Detto francamente, di sto passo, la situazione potrebbe sfuggirmi di mano.
"Signorina Thobson.."
La sua voce si affievolisce, fino a diventare un sussurro appena percettibile. L'espressione contrita che, inesorabile, vedo spuntare sul suo viso, non fa altro che peggiorare il mio stato d'animo. Deglutisco con forza, scoraggiata, ora più che mai. Annuisco impercettibilmente, come a dargli il permesso di continuare. Voglio sapere la verità.
"Ha avuto un brutto incidente stradale."
L'asse del mio equilibrio, sia fisico, che mentale, si incrina, al solo sentirglielo pronunciare. Per un istante, è come se l'intero universo avesse cominciato a tremare. Sento le pareti dello stomaco stringersi. All'improvviso, mi manca l'aria. Ho bisogno di ossigeno. È stato, come si suol dire, un fulmine a ciel sereno. A stento, riesco a crederci.
Sbatto le palpebre più e più volte, mentre un formicolio, a dir poco, fastidioso si insinua all'interno dei miei muscoli.
Camice Blu notando la mia, del tutto prevedibile, reazione, aumenta la stretta della sua mano, intorno alla mia gamba. I suoi occhi, piano piano, si trasformano in due pozze dello stesso colore del cioccolato fuso.
Un'altra domanda tormenta i miei pensieri.. "Da quanto sono qui?"
Fino ad adesso, sono stata incapace di mettere insieme i pezzi di quel puzzle che, a giudicare dalle dimensioni, si è rivelato essere troppo grande, per poterci riuscire da sola.
Camice Blu sposta il proprio sguardo verso la finestra; le nuvole torreggiano su di noi, creando la giusta atmosfera. Il cielo plumbeo, se non altro, rispecchia il mio umore.
"Circa due settimane."
Non è possibile. Per quanto mi riguarda, non ricordo di aver trascorso qui tutto questo tempo. Ad essere sinceri, ora che ci penso, non riesco a ricordare molte più cose di quanto, io stessa, sia disposta ad ammettere.
Le pareti della stanza cominciano, minacciosamente, ad avvicinarsi le une alle altre. Inizio a muovere, ad un ritmo frenetico, il viso da una parte all'altra. Presto, mi ritrovo in balìa delle convulsioni. Le mie pupille ruotano all'indietro e tutto ciò che, colta dal panico, riesco a fare, è ansimare.

"Grazie."
Accetto, di buon grado, il bicchiere d'acqua che, gentilmente, Camice Blu si è offerto di riempire. Il suo sorriso, sebbene sincero, nasconde ore ed ore di sonno arretrate. I lineamenti del suo viso ne sono, a tutti gli effetti, una prova.
Bevo un sorso d'acqua, inumidendomi le labbra screpolate. Successivamente, lascio ricadere l'avambraccio a ridosso del mio grembo, stringendo il bicchiere tra le mani. Onestamente, non so che cosa dire. Le ultime ventiquattro ore sono state un inferno.
All'improvviso, un signore sulla quarantina entra, senza troppi convenevoli, nella stanza. Camice Blu si alza, sistemandosi, alla bene in meglio, le maniche del completo. L'uomo ha con sè una cartellina. La sua andatura, ondeggiante e goffa, mi fa ridacchiare sotto ai baffi. Il mio sguardo passa, in sequenza, da lui a Camice Blu e viceversa.
"Allora.."
La sua voce è roca e profonda: per nulla attraente. Sembra che, nonostante non spetti a me farglielo notare, abbia ingoiato qualcosa di davvero spiacevole.
"Cosa abbiamo qui, Malik?"
Nel frattempo, scorre con lo sguardo il foglio che ha davanti.
Camice Blu aggiusta la propria postura, tirando in fuori il petto e raddrizzando le spalle.
"Josephine Thobson, reduce da un frontale in auto. E' uscita dal coma verso le 6.00 di stamattina. I parametri vitali sono buoni, se non ottimi. Accusa dolori alla testa e al torace."
Camice blu si schiarisce la voce, mantenendo il contatto visivo con il suo interlocutore.
"Poco fa ha avuto le convulsioni. Le ho somministrato un milligrammo di morfina." "Fammi dare un'occhiata."
Camice Blu si sposta, lasciando il posto al suo collega.
"Adesso, Josephine, ti faró un paio di domande. Non ti preoccupare, non è nulla di che. Si tratta solo di prendere le giuste precauzioni."
Annuisco, mentre si accomoda, sgraziatamente, sulla sedia riservata agli ospiti. Accavalla le gambe, inforcandosi, sulla punta del naso, un paio di occhiali dalla montatura scura.
"Malik, puoi andare. Grazie."
Cosa? No. Non voglio che se ne vada. Inarco le sopracciglia, offesa, per non essere stata tirata in causa. Infondo, spetta a me decidere.
"Se non le dispiace, vorrei che restasse."
Camice Blu, per un istante, ritorna indietro sui suoi passi, guardandomi con attenzione. Tutto d'un tratto, mi sento esposta, nuda. Sento il bisogno di coprirmi. Tiro su, quanto possibile, il lenzuolo, facendo arrivare l'orlo fin sotto al mio mento.
"Molto bene, Josephine."
L'uomo sospira, tirando fuori una penna. Mi inumidisco le labbra, cercando di rilassarmi.
"Come ti chiami?"
Riduco gli occhi a due piccole fessure;
"Josephine Thobson, a quanto dite voi"
Mi stringo nelle spalle, fiera di aver detto la verità. Infondo, dopo un incidente, suppongo sia normale avere, sotto certi punti di vista, l'organismo un tantino scombussolato.
Con la coda dell'occhio, noto che, silenziosamente, Camice Blu si è spostato; è dall'altra parte della stanza, vicino al lato opposto del mio letto. Le sue dita, in una danza lenta e delicata, si intrecciano alle mie. Mi sento, per ragioni a me ancora inspiegabili, al sicuro.
"Va bene."
Lo guardo, mentre annota la mia risposta. Dopodichè, torna a prestarmi, nuovamemte, tutta la sua attenzione.
"Quanti anni hai?"
Scuoto lievemente la testa, arricciando la punta del naso.
"Non lo so." 
E sono sincera. Onestamente, non so dove tutto ciò ci porterà. La realtà dei fatti, seppur ingiusta, è una sola: non ho la più pallida di chi io sia.
La sua espressione si rabbuia, assumendo un cipiglio inquietante. Sicuramente, non deve essere di buon auspicio.
"Che cosa ti ricordi, Josephine?"
Guardo Camice Blu, mentre sento la paura montare, sempre di più. Rifletto, penso e mi spremo le meningi: cerco di aggrapparmi a qualsiasi ricordo mi passi per la mente, non importa di che natura esso sia. Eppure, tutto ciò che vedo è il viso di Camice Blu. Resto spiazzata, sospirando affranta.
"Niente che possa tornar utile."
"Come sospettavo."

Amnesia. Dopo una seria di domande a carattere personale, il dottore sospira e mi diagnostica l'amnesia.
Per il momento, non si sa quanto sia grave la situazione. Potrebbe essere parziale, o totale, a seconda di cosa, nel prossimo futuro, accadrà. Non esiste una cura. O una data di scadenza. La memoria potrebbe tornarmi domani, o peggio, tra un mese, due, un anno. Non si sa. Il tempo, in questo momento, è l'unico ad aver nelle proprie mani il mio destino.
Io e Camice Blu siamo rimasti da soli. Non ho il coraggio di guardarlo. Se per questo, non ho nemmeno il coraggio, per dire qualcosa di intelligente. Apprezzo, però, che, anzichè andarsene, sia rimasto con me.
Mi torturo, con insaziabile energia, le pellicine, cercando una qualsiasi distrazione che possa, bene o male, tornarmi utile.
Lo sento sospirare. Non si è mosso di una virgola. La sua mano, per quanto strano, non ha lasciato andare, tutt'ora, la mia.
"Ascolta.."
Non so neanche da dove cominciare; mi sento patetica.
"Andrà tutto bene."
Le sue parole sembrano sincere. In contemporanea, sfodera un sorriso raggiante, ma del tutto inutile. In questo momento, non sono più convinta di nulla. Per quanto mi sia concesso sapere, potrei avere un fidanzato, una famiglia. Oppure, nessuno.
Incurvo le labbra in un sorriso amaro.
"Sai.."
Il timbro della sua voce mi riporta alla realtà. Mi scosto una ciocca di capelli dal viso, sistemandomela dietro all'orecchio.
"Non ci siamo neanche presentati" ridacchia, inumidendosi le labbra con la punta della lingua.
Ha ragione, penso. Non so nemmeno quale sia il suo nome. Non ho avuto tempo, per poterglielo chiedere.
"Beh.. tecnicamente, tu sai più cose di me, di quante io stessa ne possa ricordare."
Faccio spallucce, sorridendo, per la prima volta dopo una vita e mezza.
"Touché."
Camice Blu alza le mani in segno di resa, ammiccando con ironia. Arrivati a questo punto, sebbene non sia propriamente opportuno, ho voglia di fare conversazione. "Sono Zayn."

Spazio autrice:

Eccomi con il secondo capitolo.

Ammetto di averlo pubblicato piuttosto in fretta. Avevo centinaia di idee che mi passavano per la testa e di aspettare proprio non mi andava. Dunque, spero che vi piaccia e che dire, buon divertimento!

Ad un passo da te. (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora