Capitolo 4

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Era seduto a gambe incrociate, con la schiena appoggiata alla lapide. Il vento pungente invernale scompigliava i capelli del castano, portando in essi un po' di brina mattutina.
Una bottiglia di liquore giaceva vuota accanto a lui... gli occhi chiusi e le gote rosse a causa dell'alcol e delle lacrime gelate versate poco prima, che ancora si stavano seccando sulla candida pelle del giovane.

Oda Sakunosuke.

Era questo il nome scolpito sulla roccia che vegliava il morto, anche se quel giorno la tomba non era la sola.
Dazai Osamu dormiva tra il freddo dell'inverno in quel giorno così deprimente... il 10 gennaio.
Il vuoto nel cuore nero del 22enne gli faceva compagnia in quella giornata senza vita, e lo cullava in un sonno profondo dal quale non si voleva veramente svegliare.

I ricordi tormentavano la mente scombussolata del suicida, non davano segno di voler smettere di urlare... di urlare tutto ciò che aveva fatto di sbagliato, di urlare che era colpa sua se Odasaku era morto, di urlargli contro tutti i rimpianti che doveva continuare ad avere...
Le immagini passavano veloci di fronte ai suoi occhi chiusi: le risate, i brindisi, le foto...
Quelle foto.
Dazai ne teneva una sempre con se, nel cappotto, non poteva separarsene... era così stropicciata, sporca e rovinata che ormai quasi le tre persone sulla carta non si riconoscevano, quella foto era l'unico ricordo materiale che aveva del suo migliore amico, della persona che a Dazai ricordava maggiormente una figura paterna.. un fratello maggiore.

Anche semplicemente sentire il suo nome faceva star male il bendato, cercava di non darci troppo peso ma la verità era quella....
Dazai si ricordò di tutte le volte in cui Oda gli scompigliava dolcemente i capelli, sorridendo radioso.
Ogni sorriso di Sakunosuke era impresso come una scritta indelebile nelle memorie del castano, ed ogni volta che gli veniva in mente lui non poteva far altro che ascoltare il largo buco che per anni aveva sostituito il posto del suo cuore e cercare di ricacciare indietro le lacrime che minacciavano di scendere copiose dai suoi occhi.
Odasaku era l'unica persona che davvero riusciva a far piangere Dazai, che lo rendeva vulnerabile a chiunque.
Odasaku, un morto, era il punto debole di un maniaco suicida che non riusciva nel suo intento.

Nei suoi sogni quasi riusciva a vederlo... a toccarlo e a sentire la gioia proveniente dal suo sorriso.
Dazai non rimpiangeva nulla.
Assolutamente nulla....

A parte due cose.

Il primo grande rimpianto di Dazai era non essere arrivato da Oda in tempo per salvarlo... se fosse arrivato solo qualche minuto prima gli occhi azzurri dell'uomo non avrebbero mai perso la loro luce. Oh, quella luce.
Una luce calda e ammaliante che riusciva a demolire ogni singola parete inalzata dal castano nei confronti del mondo.
Una luce che una volta vista riusciva a toglierti la paura del buio, perché rimaneva impressa nel tuo cuore e non saresti riuscito a toglierla nemmeno con la forza.
Quella luce di cui Dazai si fidava così tanto...
costituiva uno dei due fari che lo avevano guidato verso una piccola dose di pura felicità che, seppur durata poco, era riuscita a far tornare il sorriso sul suo volto.

Il secondo rimpianto invece era costituito dall'altra luce che illuminava le sue giornate... l'altro faro sugli scogli che gli faceva da guida.
Questa luce era completamente diversa da quella emessa da Oda, era una luce improvvisa e avvampante, era frettolosa e aggressiva ma manteneva quella dolcezza che solo l'amore poteva dare... una luce fredda come lo sguardo negli occhi di chi la emetteva: Nakahara Chuuya.
Mentre la luce di Oda emetteva un senso di sicurezza nel cuore del giovane, quest'altra era tutto ciò che Dazai cercava di proteggere, il suo lume di sanità che mai per nulla al mondo avrebbe dovuto perdere ma che allo stesso tempo detestava con tutto se stesso.
Non riusciva a credere come potessero coesistere in lui due sentimenti tanto incoerenti...
Ma l'incoerenza a lui piaceva.
Gli regalava quel senso di ignoto che difficilmente provava, dopotutto è così che si vive quando si è abituati a programmare qualsiasi cosa.

Le nere e morbide ciglia del bendato pian piano si schiusero, liberando quegli occhi color noce che avevano visto praticamente ogni cosa, ma che allo stesso tempo erano vuoti ed impassibili, non riuscendo a comunicare nulla di quello che provava il giovane.
Oppure al contrario comunicavano perfettamente la voragine che lo tormentava da mane a sera.

Dazai si guardò intorno, cercando quel sorriso che disperatamente aveva ritrovato nel sonno.
Una mano portata tra i capelli per ricordare quel dolce movimento che gli toglieva ogni preoccupazione, ma che ora dava la possibilità alle lacrime che si teneva dentro di uscire ed urlare al mondo che Dazai Osamu si scusava.
Dazai Osamu si scusava.
Si scusava.

Grazie a quell'uomo lui ora si sentiva in colpa, e per la prima volta nella sua vita Dazai si scusava.

-ti prego... perdonami amico mio-

Il 22enne abbracciò la lapide.

-perdonami-

La sua voce spezzata rimbombava nel silenzio della neve che dolcemente cadeva sull'erba secca del cimitero, che ogni anno faceva da testimone a quell'incontro.


Finalmente Osamu aveva lasciato la tomba dell'amico ed era andato al lavoro, quel giorno non avrebbe tentato di suicidarsi. Non avrebbe potuto fargli un torto del genere... anche se, come ho già detto, Dazai non ci provava seriamente da davvero molto tempo.
Tanto ormai la sua morte era segnata.... così si ripeteva lui.
Sulla strada per l'agenzia i colpi di tosse iniziarono a fare capolino dalla sua gola e dalle sue labbra, la neve attorno a se venne tinta da qualche goccia di liquido cremisi che aumentava la sua certezza.
Sorrise al sentire il sapore ferreo del sangue salire su per la sua gola rovinata dall'alcol e poi andare a contatto con la sua lingua.

Non vedeva l'ora di rivederlo...

Sì, questa volta sarebbe sicuramente morto.



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E alla fine l'ho pubblicato prima del previsto....
Vabbù dai :3

~Kibo

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