Arrivo a São Paulo in orario, corro alla Rodoviária (ormai sono un habitué) e mi va bene perché aspetto poco; solo mezz'ora e parte il bus per Rio.
Qui alla Rodoviária sono riuscito a collegarmi in wireless, ma il più delle volte non funziona o mi richiede una qualche password. Speriamo meglio in futuro.
Il mio vicino d'aereo dice che lungo la spiaggia di Copacabana il collegamento c'è. Ma mi chiedo: se lo porto lì, alla fine della giornata, ci sarà anche il notebook?
Quando arrivo in un posto nuovo faccio come i cani; fiuto la zona, mi segno mentalmente i confini, che raramente superano il raggio di un chilometro, e il primo giorno esploro quella porzione di città, prendo nota delle vie, degli incroci, dei negozi di alimentari, e poi ne prendo possesso.
A Rio, la spiaggia di Copacabana è a duecento metri da casa, e non ho problemi. Oggi, però, è un giorno festivo, anzi peggio, è un ponte, per cui la spiaggia si carica subito di varia umanità; nessun turista, tranne me, ma tante famiglie di colore. Gradualmente lo spazio diminuisce, e all'ora di pranzo vengo inglobato da una superfamiglia: una decina tra figli e nipoti, con la nonna, enorme di stazza ed espansiva di carattere, che comanda su tutti.
È lei a decidere che per oggi faccio parte della sua famiglia; che infatti, per mostrarmi familiarità, entra nella mia ombra, si accampa quasi sul mio asciugamano, e legge il mio giornale.
Mi offre frutta e birra, e io accetto; ma poi, subito, per pareggiare debiti e crediti, mi chiede la crema protettiva, e data la superficie da coprire ne consuma un tot.
Le chiedo a cosa le serve, visto che è mulatta, e lei mi mostra le parti più chiare, seminascoste dal costume. Per ribadire il concetto, le figlie mi mostrano seno e parti variamente nascoste. Noto che, risalendo l'albero genealogico, l'aumento di taglia è del cinquanta percento a generazione, nel senso che la figlia è una volta e mezzo più larga della nipote, e la proporzione si ripete per la grande, enorme nonnona.
A forza distolgo lo sguardo dalla nipote - splendida e svestitissima; come quasi tutte, del resto -, cercando di ricordarmi che ha solo tredici anni, e mi concentro su altro.
Non è difficile: le ragazze, si sa, sono tutte col filo interdentale, come lo chiamano qui, cioè il tanga ridotto ai minimi termini, e un minuscolo reggiseno; però quando passano due europee a seno nudo guardano tutti con aria di disapprovazione. Scopro più tardi che il monokini è espressamente vietato, e coloro che lo indossano possono essere arrestate.
Ipanema, in un giorno feriale, è tutt'altra cosa: spiaggia più grande, poca gente, ragazze bianche, perlopiù bionde, con tanga leggermente più castigati, e, immancabili come ovunque, tanti italiani.
Perfino il mare, anche se adiacente a quello di Copacabana, è più pulito; ma le onde, quelle no: arrivano anche qui violentissime, a tradimento, e una mi getta a testa in giù sul fondo sabbioso.
Le leggende metropolitane dicono tante cose, su queste spiagge. Dicono che rubano perfino l'asciugamano, e io, oggi che è l'ultimo giorno, guardando dal mare la mia roba incustodita, mi chiedo se non ho avuto sorprese negative perché sono sempre stato allerta, o se i «si dice» mi hanno inutilmente rovinato la vacanza.
Dicono anche, le leggende, che un turista non può stare in spiaggia, anche se accompagnato dalla moglie, senza che qualche bellezza si faccia avanti, provocando e invitando. Forse non avrò l'aria del turista, perché io mi guardavo attorno per cercarle, ma nessuna mi ha neppure preso in considerazione. E allora? cos'ho che non va?
Tutti mi lodano per il mio portoghese. Evidentemente si accontentano di poco, qui. Sarà perché ho imparato qualche congiuntivo, che fa impressione, in un paese dove - dicono - neanche il presidente Lula parla un portoghese corretto.
Comunque, a Minas Gerais, dove mi reco la settimana dopo, non la pensano allo stesso modo sul mio portoghese. Loro parlano, parlano... e io non capisco niente; e, per di più, quando parlo io sono loro a non capire.
Avrò forse usato troppi congiuntivi?
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Ah, viaggiare...
General FictionRacconti di viaggio. Storie vere e storie inventate. Storie vissute in prima persona o raccolte per strada, e sopratutto, storie di incontri.